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Nardodipace (VV): calendario solare o osservatorio lunare?

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Nardodipace


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Spesso si tende a formulare ipotesi e teorie per provare a spiegare la funzione di antichi siti astronomici, dimenticandosi che esiste una scienza che esplora vari aspetti delle civiltà alla ricerca di elementi riconducibili ad osservatori astronomici o richiami astrali: l’archeoastronomia.

L’archeoastronomia si occupa, appunto, dell’analisi e dello studio dei movimenti celesti osservati dalle popolazioni antiche che, a differenza di quelle culturalmente più evolute come i greci, gli egizi, i persiani, non hanno tramandato fonti scritte.

Un esempio di genti preistoriche di cui si conosce ancora troppo poco sono i pelasgi, i mitici popoli del mare che approdarono in vari luoghi del mondo conosciuto, coabitando con le popolazioni autoctone.

Proprio questa convivenza ha permesso l’unione di diverse culture e tradizioni che, fondendosi in un primigenio calderone culturale, si è evoluta, rinnovandosi insieme alle divinità da loro create, entità intangibili e sovrannaturali, che, da sempre, hanno attratto il genere umano, divenendo dei veri e propri oggetti di culto: il Sole e la Luna!

A questa scienza non è rimasto indifferente il sito preistorico calabrese di Nardodipace (VV), che, in seguito alla sua improvvisa scoperta, ha fornito preziose informazioni su questo misterioso popolo.

Infatti, grazie a tale scoperta, il luogo è stato esplorato e documentato da archeologi, antropologi, storici e geologi, che si sono pronunciati, con rigore scientifico, sull’esatta natura del sito.

All’interno dell’illustre rosa di professionisti, spicca la figura del prof. Domenico Raso, oltre ad altri nomi illustri come Alessandro Guerricchio, Vincenzo Nadile e Adriano Gaspani.

Ma concentriamoci sulla sua vera funzione del sito.

L’archeoastronomo prof. Adriano Gaspani, oltre ad aver confermato la costruzione di alcuni dolmen da parte di antichi popoli, individua la zona esatta in cui avvenivano le osservazioni astrali.

Da tali studi emerge un’attenta osservazione da parte di questa civiltà, della sfera celeste, da sempre venerata e considerata dimora degli dei.

Anche se molte pietre non presentano segni di interventi umani, la loro collocazione corrisponde alla posizione di corpi celesti. Si può quindi supporre che i massi vennero spostati o posizionati in punti strategici, materializzando sul terreno importanti allineamenti astronomici, e ciò spiegherebbe l’ubicazione semicircolare di alcuni macigni che, pur non presentando segni di scanalature o lavorazioni, mantengono una disposizione parzialmente geometrica, che non può essere naturale.

Questa teoria, da sola, sarebbe sufficiente per comprendere che la dislocazione dei massi è avvenuta con grazie all’intervento uomano e che presenta indiscusse caratteristiche antropiche.

C’è da dire che i Popoli del Mare che dimoravano in questi luoghi montuosi e al riparo da incursioni, non erano dei grandi costruttori, bensì navigatori e guerrieri e non nutrivano grandi pretese nell’edificazione di monumenti litici, ma ciò non vuol dire che non fossero capaci di creare strutture, perché dovevano essere in grado di costruire ripari, dimore e, ovviamente, luoghi di culto, dalla forma essenziale, ma stabile e funzionale.

Sappiamo, poi, che erano particolarmente devoti al culto della dea Luna, che studiarono, con strumenti semplici ed efficaci, per l’osservazione di fasi lunari e allineamenti stellari.

Secondo l’archeoastronomo, la vera funzione del sito, conosciuto come S1, in località Sambuco, e soprannominato ‘Pietre Incasellate’, rappresenterebbe un vero e proprio osservatorio lunare, che risalirebbe ad un periodo compreso tra il V e il IV millennio a.C., quindi molto prima della costruzione di Stonehenge e delle piramidi.

Ma come funzionava quest’osservatorio?

Le due colonne edificate, che le analisi hanno scientificamente dimostrato essere composte da pietre di caratteristiche differenti tra loro, cioè un misto di rocce diverse perfettamente affiancate, si trovano in una posizione tale da consentire una feritoia che permetteva di osservare il cielo da un’intercapedine.

Secondo gli studi effettuati, lo spazio tra le due colonne di pietra corrisponderebbe al punto esatto di levata della Luna, fenomeno che ricorre ogni 18 anni e 6 mesi e che possiamo ancora oggi ammirare, esattamente come tanti millenni fa.

La prossima levatura lunare infatti, avverrà tra la fine del 2024 e gran parte del 2025, un periodo ormai prossimo, che permetterà di assistere a questa visione celeste così come veniva vista dai nostri antichissimi antenati.

Come il sole, durante i solstizi e gli equinozi, attraversa l’arco principale del sito di Stonehenge, così in ogni lunistizio la luna può essere visibile dalla fenditura posta tra i due giganteschi dolmen del sito di Nardodipace.

Questo significa che i due siti erano stati costruiti per funzioni differenti: Stonehenge raffigurava un calendario solare, mentre Nardodipace un osservatorio lunare, dove era possibile studiare allineamenti astrali visibili ancora oggi.

Non rimane che sperare che le amministrazioni sollecitino la valorizzazione di questo sito unico ed importante sul profilo antropico, culturale, geologico ed astronomico, un patrimonio preistorico, che potrebbe dare molte risposte su questi popoli antichissimi di cui abbiamo scarsa conoscenza!

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Autore Daniela La Cava

Daniela La Cava, scrittrice, costumista, storica del Costume. Autrice di volumi sulla storia del costume dal titolo "Il viaggio della moda nel tempo". Collabora con terronitv raccontando storie e leggende della sua terra.