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Nebbia in Valpadana

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Nebbia


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La nostra casa è in fiamme.
Greta Thunberg

Oggi senza averlo interpellato, senza aver letto e verificato da uno dei centinaia di siti che sono a disposizione nel web, non ci muoviamo.

Per viaggiare, per spostarci in famiglia o per lavoro, vogliamo garanzie che in qualche modo fra TV e Internet qualcuno ci deve dare. Le app sul Meteo o, per chi è un romantico nostalgico del vintage televisivo, le informazioni metereologiche rilasciate dall’integerrimo Colonello dell’Aeronautica o da una giovane e sensuale velina di turno, sono la bussola del nostro itinerare.

Capita, però, sempre più spesso che “paradossalmente” a finire sotto l’occhio del ciclone siano proprio i nostri informatori: basta un errore sull’orario in cui era prevista una certa pioggerellina o, peggio mi sento, lo stravolgere di una previsione dai forti temporali al sole più radioso, con relativo blocco di ogni azione, di ogni gita fuori porta, di ogni spostamento o trasloco, che da Oracoli mutano in perfetti bersagli delle nostre ire.

Eppure, guardandoci indietro, chi scrutasse le stelle e il cielo per capire cosa sarebbe accaduto l’indomani veniva visto come uno stregone, fuori moda o comunque in anticipo sui tempi. Ricordiamoci che fin dall’antichità l’uomo è stato affascinato dai fenomeni meteorologici. I popoli antichi li attribuivano agli dei adirati o, semplicemente, alla loro volontà irragionevole.

Pare che fin dai tempi delle civiltà mesopotamiche ed ebraiche si provassero improbabili previsioni del tempo. I Greci cominciarono delle osservazioni che rimasero per secoli le uniche ad essere conosciute riguardo le condizioni del tempo, il ‘Libro dei sogni’ di Teofrasto, ‘I fenomeni’ di Arato, ‘L’Almagesto’ di Tolomeo.

Poi, nel Medioevo la Meteorologia ebbe un’involuzione e solo nel Rinascimento si ebbe una svolta positiva, cercando di affidarle un atteggiamento scientifico e più coerente alla materia.

Successivamente, a partire dal secolo XIX si iniziarono ad effettuare misurazioni dei fenomeni meteo e delle loro caratteristiche. Le scoperte del moto dei corpi, Eulero e Newton, e la formulazione di W. Ferrel dei moti atmosferici, deviazione delle correnti a destra nell’emisfero Nord e viceversa in quello Sud, fornirono ulteriore impulso alla crescita della Meteorologia.

Ciò nonostante, all’inizio dell’Ottocento, le dinamiche dell’atmosfera erano una frontiera tutta da esplorare. I cieli apparivano governati da forze imperscrutabili e molti dogmi religiosi erano ancora dominanti. Quando, nel 1854, un deputato affermò alla Camera dei Comuni che presto si sarebbero potute prevedere con un giorno di anticipo le condizioni del tempo a Londra, il suo annuncio fu accolto dalla sonora risata dell’intera assemblea.

Ma i tempi erano pronti per un cambiamento storico: un gruppo di uomini ingegnosi, capaci di guardare oltre le apparenze, rivoluzionò il rapporto tra l’uomo e il clima.

Robert Fitzroy, il celebre capitano della ‘Beagle’, che condusse Darwin in Terra del Fuoco, fondò il servizio meteorologico britannico e, tra alterne fortune, fu il più acceso e idealista studioso delle variazioni del tempo.

Negli stessi anni, Francis Beaufort creò una scala quantitativa dei venti, Luke Howard classificò per primo le nubi, James Glaisher studiò gli strati dell’atmosfera sorvolando l’Inghilterra a bordo di un pallone aerostatico.

Questi, e molti altri, furono i pionieri della meteorologia, gli uomini che con i loro studi e le loro intuizioni hanno permesso che le previsioni del tempo si affermassero come una scienza. E dalla meteorologia al disastro ambientale il passo non è breve.

Basta un allarme che poi non diviene reale emergenza per causare crisi e ire furibonde, ma basta anche un’allerta non volutamente o incautamente sottovalutata che il disastro è dietro all’angolo.

In questi giorni dalla Svizzera ai Paesi Bassi, passando per il Lussemburgo e il Belgio fino alla Germania occidentale si sono abbattuti, con violenza, intensi nubifragi che hanno innescato l’esondazione di fiumi, lo sradicamento delle fondamenta di diverse case, obbligando molti cittadini a cercare rifugio sui tetti, causando centinaia di morti e dispersi nei Länder, mentre decine di migliaia sono rimaste senza elettricità e senza viveri.

È la Germania il Paese più colpito, con le piogge che erano state abbondantemente previste dai meteorologi, ma nonostante ciò il particolare funzionamento del “sistema di allarme” per questi eventi e la diffidenza di molte persone hanno causato ritardi nelle evacuazioni e aggravato il bilancio dei danni.

Eppure, la politica tedesca da anni aveva avviato politiche per ridare spazio ai fiumi e sembrava essere al sicuro dalle conseguenze peggiori del cambiamento climatico. Ma c’è una incognita che gli eventi estremi di questo tipo svelano ed è una deriva climatica violenta dovuta dal riscaldamento generato dall’uomo, a causa del quale aumenta la temperatura media e dunque, normalmente, l’energia conservata in atmosfera che poi viene svuotata furiosamente sui territori.

Per molti, soprattutto certe associazioni, il tempo è finito e l’azione climatica deve subire un’accelerazione a ritmi esponenziali, se vogliamo scongiurare le conseguenze più terribili e ingestibili. L’azzeramento delle emissioni, come la mitigazione, va concretizzato nel più breve tempo possibile, ben prima del 2050, e vanno contemporaneamente introdotte davvero le politiche di prevenzione.

In Italia, per esempio, il Piano di adattamento è ancora fermo e non è mai passato alla fase attuativa. Nel nostro Paese, infatti, non esiste una politica climatica organica. Sarebbe urgente una legge quadro ove inserire la governance necessaria in grado di fronteggiare la sfida climatica che ci aspetta.

Basti pensare che, secondo le previsioni degli scienziati, in futuro il centro Europa sarà sempre più soggetto ad alluvioni e l’area mediterranea a siccità. Quindi, i prossimi migranti climatici potremmo essere noi. E non dimentichiamoci che, dal dopoguerra ad oggi, nel Belpaese, abbiamo tolto ai fiumi circa 2mila chilometri quadrati, un’enormità di spazio e le conseguenze di questo sono e potrebbe essere sempre più devastanti.

In effetti, si tratta non solo di rendere i territori più resistenti ma anche i cittadini più consapevoli e informati. A tal fine diventa fondamentale la corretta comunicazione tra mondo scientifico e mondo dell’informazione, onde evitare il disordine delle fake news.

Nel concludere, non possiamo non riflettere su quello che ha interessato il Nord Europa: esso è un evento critico cui dobbiamo prestare grande attenzione. Quanto preoccupa perché crea fenomeni violenti su territori densamente modificati dall’uomo e urbanizzati, dunque su suoli fragili e vulnerabili alle precipitazioni intense e persistenti.

La Terra hai suoi problemi: ad alcuni di essi dovrebbe essere l’uomo stesso a rimediare. È l’uomo che dovrebbe cambiare no il nostro pianeta perché i suoi sconvolgimenti sono figli della nostra fragilità e della nostra incapacità a non comprendere che per estinguersi non serve per forza un meteorite.

In ultimo, solo una risposta cooperativa e globale permetterà di superare anche questa angosciante paura. Per i beni comuni globali dobbiamo inventare istituzioni internazionali, capaci di prendersene cura perché quelle esistenti hanno fallito.

È una amara verità che dobbiamo accettare per tornare sereni a quel tempo in cui il nostro colonello ci rincuorava che nulla era cambiato e che oltre i mari mossi, c’era sempre la nebbia in Valpadana.

Il cambiamento climatico è reale. La sfida è avvincente. E più a lungo aspettiamo, più difficile sarà risolvere il problema.
John Forbes Kerry 

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Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.