Home Rubriche Lo sguardo altrove Escalation

Escalation

391
Escalation


Download PDF

La politica è il grembo in cui si sviluppa la guerra.
Carl von Clausewitz

La Terza guerra Mondiale: minaccia la nostra sopravvivenza. Per follia, calcolo, rivalsa o magari l’errore di un computer. C’è in gioco l’intera umanità.

Può accadere anche improvvisamente, perché sulle nostre teste tredicimila missili atomici sono pronti a scatenare l’Armageddon. Lo abbiamo già sfiorato più volte di quante sappiamo.

L’invasione dell’Ucraina ci ha aperto gli occhi. Russia e NATO hanno già sul campo “armi nucleari tattiche”, così una guerra “locale” in Europa potrebbe diventare globale.

E noi italiani? Se credevamo di assistere dalla tribuna dobbiamo ricrederci.

Decine di atomiche americane custodite in Lombardia e Friuli-Venezia Giulia, per un accordo top secret tra Roma e Washington, fanno dell’Italia il bersaglio di una possibile rappresaglia russa. Almeno così si è espresso qualche esperto o complottista, secondo il proprio punto di vista.

Non sappiamo se è un futuro distopico e improbabile ma il rischio c’è eccome. È un allarmante presente e i pericoli estremi di uno scenario in evoluzione accelerata.

Il tutto comprovato da fonti d’intelligence, colloqui con analisti e agenti della diplomazia parallela. Da documenti riservati emerge la mappa degli arsenali atomici disseminati nel mondo, la folle corsa al riarmo con atomiche “a basso potenziale” o con i nuovi missili ipersonici russi e cinesi, in un contesto in cui anche la Cina punta ad un’affermazione da superpotenza in opposizione alle liberaldemocrazie dell’Occidente.

Un conflitto nucleare globale potrebbe scoppiare, se l’escalation bellicista non si ferma. Nessuno vuole immolarsi come vittima collaterale ma consenziente in un’apocalittica Terza guerra mondiale, che sarebbe una condanna a morte per la specie, senza vincitori né vinti.

Nel secondo dopoguerra, il confronto militare tra le due superpotenze, gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica, ha posto a rischio la pace del pianeta. Molti ritenevano che l’acuirsi delle ostilità potesse sfociare in una “Terza guerra mondiale”.

Questo conflitto ipotetico avrebbe potuto portare alla distruzione di gran parte della vita sulla Terra, all’estinzione della specie umana o al collasso parziale della civiltà ed è stato oggetto di studi, pianificazioni e narrativa in molte opere di fantascienza apocalittica e post-apocalittica.

Tuttavia, la minaccia di un attacco nucleare da parte di piccole fazioni non legate necessariamente ad uno Stato particolare ha sostituito l’idea di un conflitto tra superpotenze. Questo evento potrebbe scatenare una serie di rappresaglie distruttive, dando il via ad un effetto domino.

Facendo un passo indietro, si ritiene che vi siano eventi, del secolo scorso, che hanno ridotto la conflittualità tra gli Stati: la diffusione della democrazia, la minaccia nucleare usata come deterrente e l’economia della globalizzazione, per esempio, hanno contribuito a calmierare le varie spinte belligeranti.

Numeri alla mano, queste argomentazioni non sono infondate: dal 1945 in poi solo una manciata di conflitti si è trasformata in una guerra su larga scala e nessuno ha avuto un numero di morti paragonabile a quelli degli ultimi due secoli.

L’assenza di un conflitto importante tra grandi potenze e la diminuzione delle guerre dal 1945 è insomma un risultato internazionale innegabile, ma, statisticamente parlando, non rappresenta una tendenza.

Perché un periodo possa definirsi pacifico, deve durare, infatti, almeno altri 100 – 140 anni. Fino a quel momento le probabilità che sia interrotto da un conflitto, anche molto grande, sono elevate.

Secondo il Crisis Group il numero dei conflitti in corso o potenziali ha raggiunto la preoccupante soglia di 55, di cui almeno dieci sono già definibili come guerra o scontro armato. Ad aggravare questo stato di cose si calcola che il 90% delle vittime sia di incolpevoli civili.

Insomma, siamo davvero nel pieno di quella che Papa Bergoglio ha definito come Terza guerra mondiale a pezzi. Lo studioso Samuel P. Huntington già agli inizi degli anni Novanta afferma che la storia non era affatto finita con il crollo del comunismo.

Oggi, conclusa la Guerra fredda, gli esseri umani non si qualificano più in base all’ideologia o al sistema economico in cui operano, ma cercano di definire la loro identità in base alla propria lingua e religione, alle proprie tradizioni e costumi.

Di conseguenza, la politica mondiale si sta riconfigurando secondo schemi culturali. Più precisamente, i «punti caldi» dello scacchiere internazionale si trovano tendenzialmente lungo le «linee di faglia» tra le diverse civiltà del pianeta. Negli ultimi anni questa tesi è stata tragicamente confermata.

Sempre secondo lo storico, se durante la guerra fredda e, più in generale, nella storia europea degli ultimi secoli gli scontri militari erano sempre riconducibili a coalizioni di stati o a stati, con il prevalere dell’ottica delle civiltà le guerre diverrebbero sempre più “guerre di faglia”, ossia scontri tra diverse civiltà che tendono a perdurare nel tempo e che non sono caratterizzati da una precisa locazione ma possono esplodere con violenza ovunque si incontrino gruppi appartenenti a civiltà differenti.

Soffermandosi particolarmente sulla civiltà Islamica – questa, benché frammentata e priva di una guida riconosciuta, soprattutto a partire dalla guerra del Golfo, ha cominciato a dare nuovamente maggior peso al concetto di Jihad in funzione antioccidentale – e su quella Sinica – il cui stato guida, la Cina, sta assurgendo sempre più al ruolo di superpotenza mondiale e, forse, potrebbe essere in grado di riunire le diverse civiltà asiatiche in funzione antioccidentale.

Secondo Huntington, infatti, spetta ora all’Asia il ruolo che, fino al termine della guerra fredda, era stato svolto dall’Europa. L’Asia, vero crogiuolo di civiltà, sta infatti diventando il maggiore punto di incontro e di scontro per gli opposti schieramenti.

In Asia però, più che il Giappone, l’India e le loro rispettive civiltà, potrebbero prevalere la Cina e l’Islam, capaci di riunire potenzialità d’area più prossime a tali civiltà che all’Occidente.

Uno scenario a tinte fosche, che pone una regola precisa: quella delle comunanze per cui ogni popolo dovrebbe cercare di trasmettere i propri modi di vita e di condividere quelli degli altri.

Tale principio permetterebbe la creazione di un ordinamento internazionale fondato sulle civiltà, non più intese come elemento disgregante, ma piuttosto come elemento di reciproca conoscenza ed accettazione.

L’unico punto di speranza per evitare lo scoppio di un terzo conflitto mondiale è che l’interesse delle grandi potenze, USA, Cina e Russia, sia quello di non trascinare le situazioni di tensione fino ad uno scontro diretto fra di loro.

Il rischio è però quello di perdere il controllo della situazione e di arrivare alla soglia di un possibile incidente che finisca per condurci a conseguenze fatali.

È quindi più che mai necessario ritornare a rifondare un diverso sistema multilaterale che si basi su meccanismi efficaci e democratici di gestione delle crisi, togliendo di torno quell’antistorico diritto di veto che blocca ogni decisione dell’ONU, rendendola fin dalla sua nascita una scatola vuota. Ma non basta.

Alle porte della nostra civiltà si sta stringendo sempre di più una morsa che sa tanto di antica paura e di soffocante sgomento. L’Europa e gli Stati Uniti hanno sostenuto finora l’Ucraina con armi e soldi.

L’Unione ha accelerato sulla difesa comune, ma diversi Paesi si sono sollevati all’idea di mandare soldati per evitare una guerra con la Russia. Kiev chiede altri armi, missili, proiettili e soldi all’Unione e agli Stati Uniti per resistere all’invasione della Russia.

Ma se il Presidente russo Putin desse davvero seguito alle minacce di un conflitto con la Nato e al netto del sostegno cruciale degli americani: i 27 membri dell’Unione europea avrebbero forze militari sufficienti?

Purtroppo, si continuano ad assommare crisi a crisi e prima o poi la misura sarà colma e il contenitore può scoppiare. Il rischio è quello che a essere coinvolta sia l’Europa e quindi anche l’Italia, direttamente o indirettamente. Nessuno cerca soluzioni diplomatiche, nessuno apre un tavolo di confronto, nessuno ascolta le parole di Papa Francesco.

Prima o poi la situazione rischia di esplodere, è difficile contenerla in termini locali. Il confronto Israele – Paesi arabi è sempre più drammatico, il conflitto Russia – Ucraina e la Cina all’orizzonte.

Oggi non c’è un Paese che vuole dominare il mondo, come la Germania nazista, ma la situazione è simile a prima della Prima guerra mondiale e purtroppo la Terza guerra mondiale può davvero scoppiare da un momento all’altro.

Le guerre, tutte le guerre sono un orrore. Non ci si può voltare dall’altra parte.
Gino Strada 

Print Friendly, PDF & Email

Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.