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Tra privacy e protezione dato. Uso improprio parole genera confusione

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Per chi volesse andare a visitare il sito del nostro Garante per la privacy, è necessario digitare, come ci potremmo aspettare, l’indirizzo www.garanteprivacy.it, ed ecco che si apre una pagina che, ad una lettura più attenta, ci fa scoprire che l’autorità deputata alla protezione della nostra riservatezza e alla tutela delle informazioni che ci riguardano, ha un nome ‘leggerissimamente’ differente, per dirla alla Fantozzi.
Il nome corretto è ‘Garante per la Protezione dei Dati Personali’.

Un lettore distratto o che non si cura dei tecnicismi potrebbe concludere che, dopotutto, si tratta della stessa cosa e che privacy è l’equivalente anglosassone della protezione dato personale.

Non è così. Si tratta, oltretutto, di un grave errore terminologico e metodologico, che si ripercuote anche sulla comprensione del sistema e genera equivoci e, addirittura, possibili leggende metropolitane.

Proviamo ad essere chiari.

Per privacy si intende la violazione dello spazio personale, quello privato e riservato, degli esseri umani. Violare la privacy di un individuo, vuol dire spiarlo nella sua casa, nel luogo di lavoro, mentre si fa la doccia in palestra o mentre gioca con i figli.

Il diritto alla riservatezza fa parte della più ampia categoria dei diritti della persona e, in particolare, è quello di vedere protetta e rispettata la propria sfera intima da invasioni provenienti dall’esterno: che siano la vicina curiosa o qualcuno che mette telecamere o microfoni nella mia abitazione.

Dall’altro lato, la protezione del dato personale riguarda chi viene in possesso e a conoscenza dei dati di un soggetto per i più svariati motivi e comprende il suo dovere di proteggere tali dati.

Di esempi ne possiamo fare a decine.

Il nostro medico personale ha una scheda nella quale, oltre ai nostri dati anagrafici, ha tutta la nostra storia clinica, patologie e così via. La nostra banca per alcune operazioni ci chiede copia della nostra denuncia dei redditi e gli atti di acquisto di qualche immobile. A seconda dell’attività, un’impresa può avere bisogno del nostro indirizzo, del numero di una carta di credito, delle nostre allergie e così via.

A volte diamo questi dati volontariamente, altre ci vediamo costretti a comunicarli perché, altrimenti, non possiamo procedere ad acquisti su un sito o a scaricare una app.

Una precisazione, per dati non intendiamo solo quelli anagrafici o di recapito, ma anche una serie di elementi che contribuiscono ad identificarci anche in maniera indiretta.

Esempi?

Se ordiniamo qualcosa online, in base al prodotto, alle pagine di un sito che visitiamo, alle nostre ricerche e anche alle informazioni che passiamo dai nostri profili social, qualcuno può venire a sapere se siamo vegetariani o vegani, la nostra religione, allergie, misure del piede o taglia dei vestiti e molto altro ancora.

Le piattaforme su cui facciamo teleconferenze, come Zoom, hanno anche i dati biometrici del nostro volto.

La protezione del dato personale riguarda tutti coloro che vengono in possesso dei nostri dati; tutti coloro che per lo svolgimento di un’attività di impresa o per dovere istituzionale – pubblica amministrazione, uffici finanziari e così via – raccolgono, usano e trattano i nostri dati.

Sono loro i destinatari delle norme in materia di protezione dati personali e, più nel dettaglio, del Regolamento Generale per la protezione dati europeo, il GDPR.

Su di loro incombono i doveri di raccogliere in maniera legittima e non invasiva i nostri dati per le loro attività e, dopo, di proteggerli da furti presso i loro archivi ma anche di non usarli per scopi non dichiarati.

Primo esempio tra tutto quello di non fare telefonate di pubblicità non richieste.

Sono loro che devono predisporre informative chiare e comprensibili, scritte non in legalese e far firmare i consensi al trattamento.

Il nostro Garante, per aiutare anche i cittadini a comprendere, ben potrebbe aiutarci iniziando ad usare una denominazione corretta, magari iniziando dalla sua pagina web; così anche noi cittadini potremmo imparare a comprendere la terminologia esatta.

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Autore Gianni Dell'Aiuto

Gianni Dell'Aiuto (Volterra, 1965), avvocato, giurista d'impresa specializzato nelle problematiche della rete. Di origine toscana, vive e lavora prevalentemente a Roma. Ha da sempre affiancato alla professione forense una proficua attività letteraria e di divulgazione. Ha dedicato due libri all'Homo Googlis, definizione da lui stesso creata, il protagonista della rivoluzione digitale, l'uomo con lo smartphone in mano.