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Il tempio di Venere a Baia: mens sana in corpore sano

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Tempio di Venere a Baia - ph Rosy Guastafierro
Tempio di Venere a Baia - ph Rosy Guastafierro


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Nella parte estrema ad ovest del golfo di Napoli, nella zona dei Campi Flegrei, vi è un sito archeologico per lo più celato dal mare, ma che lascia intravedere le sue antiche rovine su tutta la costa, riuscendo ad elevare alla massima potenza le bellezze naturali che già la caratterizzano.

Qui, nel III secolo a.C., i greci posero il loro primo insediamento cercando, ed in parte riuscendoci, di trasferire la loro cultura in una terra che ribattezzarono Magna Grecia.

Nel I secolo a. C. divenne molto ambita per la presenza poco distante della Classis Misenensis, la flotta istituita dall’imperatore Ottaviano Augusto. Furono costruite sontuose ville che, grazie alla vicinanza dello splendido mare, erano dotate di vasche per l’allevamento di murene.

Nel seguire il tratto di costa ci imbattiamo in una deliziosa piccola conca, che altro non è che il bordo di un vulcano in parte sprofondato: Baia.

I greci la battezzarono Philopolis, poiché la sua fondazione era stata consacrata alla Dea Venere; in seguito, i romani ne fecero la loro residenza estiva per il clima e le acque calde e fredde, che consentivano la cura del corpo.

La leggenda racconta che il nome a noi arrivato è dovuto al nocchiere di Ulisse, Bajos, che fu sepolto su questo litorale, ma, se guardiamo alla sua radice latina, ci accorgiamo che potrebbe essere un vezzeggiativo di Balineae, ovvero bagni pubblici. Qui si adagiava il porticciolo civile riservato ai patrizi, commercianti e politici, che soggiornavano su queste sponde.

Ai margini dell’attuale approdo veniamo attratti da dei resti che una targa indica come il Tempio di Venere. In realtà, ci troviamo di fronte ad un edificio termale voluto e realizzato dall’imperatore Adriano per curare i malanni che lo affliggevano, ma non solo.

Nella cultura romana tali luoghi avevano anche lo scopo di far conoscere le persone, creare quei momenti di socializzazione che, attraverso l’apparente svago, consentivano di chiudere contratti, alleanze politiche e dinastiche attraverso unioni.

Centurioni facoltosi ed imperatori realizzavano complessi del genere all’interno delle proprie dimore, ma spesso prediligevano quelli pubblici proprio per l’importante prerogativa, in ogni caso il costo per l’accesso era talmente irrisorio che tutti gli uomini liberi ne potevano usufruire.

La struttura rimasta in piedi è sicuramente la parte più importante di un enorme complesso, composto da piccole stanze, scomparso durante i secoli anche a causa del bradisismo che, da sempre, trasforma questo lembo di terra. Possiamo osservare una parte esterna di forma ottagonale, mentre nell’interno la stanza è circolare, una piscina enorme con un diametro di circa 25 metri.

La volta che la copriva, purtroppo, è crollata, ma dalle poche tracce che ancora restano si può immaginare che fosse ad ombrello sezionata in 16 spicchi a vela e con un’altezza massima di 35 metri. Probabilmente tutta la parte alta all’interno era decorata con mosaici, mentre quella bassa era impreziosita da lastre di marmo molto pregiato.

Sono presenti otto finestre e gli angoli sono rinforzati creando un decoro strutturale ritmico, le cosiddette lesene. La parte esterna doveva essere decorata in maniera da poter essere osservata e riconosciuta a distanza, solcando le acque cristalline; si pensa che fossero state usate paste vitree che con il sole riverberavano, proiettando scintille variopinte che assumevano sfumature diverse al tramonto.

La struttura che fuoriesce sembra non essere effettivamente quella reale, ci sono grosse probabilità che la vera base sia interrata di molti metri.

Questo complesso ben si distingue dagli altri simili per le dimensioni enormi delle finestre a differenza dei pilastri che, benché ridotti al minimo, hanno avuto la capacità di reggere i carichi dell’importante volta, lasciando ai posteri l’esempio dell’acutezza e della maturità degli architetti romani.

Il percorso termale era ben cadenzato, bisognava innanzitutto riscaldare il corpo generalmente con una specifica attività fisica o anche con la sauna affinché la pelle si predisponesse al massaggio con gli unguenti.

Successivamente, ci si immergeva nella vasca di acqua bollente, calidarium, poi nel tepidarium, temperatura ambiente, infine nel frigidarium, che provocava lo shock termico che tonificava, aiutando anche la circolazione sanguigna.

Il fascino di questo luogo è racchiuso in un’affermazione del poeta Orazio:

Nullus in orbe sinus Baiis praelucet amoenis

ovvero

Nulla al mondo splende più dell’ameno golfo di Baia.

Una strada e alcune case moderne lo dividono dal resto del parco archeologico ancora visibile poiché situato nella parte collinare, dove ritroviamo il Tempio di Diana e quello di Mercurio.

Anche qui non siamo difronte a luoghi di culto, ma complessi termali articolati e stratificati appartenenti alla tarda età repubblicana e al periodo augusteo, adrianeo e severo.

Tempio di Venere a Baia - ph Rosy Guastafierro
Tempio di Venere a Baia – ph Rosy Guastafierro
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Autore Rosy Guastafierro

Rosy Guastafierro, giornalista pubblicista, esperta di economia e comunicazione, imprenditrice nel campo discografico e immobiliare, entra giovanissima nell'Ordine della Stella d'Oriente, nel Capitolo Mediterranean One di Napoli. Ha ricoperto le massime cariche a livello nazionale, compreso quello di Worthy Grand Matron del Gran Capitolo Italiano.