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Un Dio e il suo Oracolo: Apollo e la Sibilla cumana

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Lago d'Averno - ph Rosy Guastafierro
Lago d'Averno - ph Rosy Guastafierro


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La penisola italiana, posta al centro del Mediterraneo, ha raccolto in sé differenti vie iniziatiche come l’egizia e la greca, fondendole, insieme alle culture preesistenti, in un’unica e dando vita, così, alla tradizione esoterica Italica.

Napoli, nel cui centro storico ritroviamo segni tangibili di questa memoria, con statue e fontane ancora esistenti, ginnasi e templi sulle cui fondamenta sorgono attualmente chiese, si distende, proprio come una sirena, verso l’azzurro infinito.

Il viaggiatore, che si lascia affascinare dall’atmosfera intrigante che l’investe, girovagando nei vari siti dove le diverse ritualità iniziatiche hanno prosperato, integrandosi e sovrapponendosi, riesce a riconoscere realtà misteriche differenti eppure analoghe.

Mare Nostrum, sulle cui rive sorge da tempo immemorabile la splendida Cuma, con le sue fosse di fango ribollenti ed il vapore delle sue fumarole, evoca, ancora oggi, in questo brulicare, gli oracoli della Sibilla Cumana.

La somma sacerdotessa condensa in sé mistero e fascino e pratica l’arte divinatoria concessale dal Dio, immagine della potenza profetica femminile, interprete e depositaria della magia naturale e del Sacro. Racchiude in sé un ruolo indispensabile nel processo speculativo, che nella macerazione trova le radici per il rinnovamento e la conoscenza.

L’indovina vive in luoghi oscuri, inaccessibili, ai confini con gli inferi; l’enigma che l’avvolge la rende rispettabile e temuta, come i suoi responsi. È ritenuta l’oracolo di Apollo, massima divinità solare greca, in associazione con Ecate, una e trina, antica dea lunare pre-ellenica.

Per consultarla bisogna recarsi nella spelonca a lei destinata, situata nei pressi del lago vulcanico d’Averno che, a causa delle esalazioni, non consente il prolificarsi degli uccelli. Inoltre, secondo la mitologia, è ritenuto l’accesso all’oltretomba, mentre la vegetazione circostante, per Dante, è la selva oscura.

L’ingresso, adiacente al tempio dedicato al suo Signore, e strutturato come una galleria lunga 130 metri ed alta 5 circa, di forma trapezoidale, scavata nel tufo, è reso suggestivo da varie fenditure che creano giochi di luci ed ombre, il luogo continua ad intimorire ed affascinare coloro che l’attraversano.

Sul lato posto ad est troviamo un altro cunicolo, tre camere rettangolari a forma di croce con un canale che convoglia l’acqua, dove la Pitonessa si lava e purifica, indossando una veste bianca, simbolo di una verginità intatta.

L’unione con colui che guida il cocchio d’oro non si suggella con un amplesso reale, ma risiede nel soffio divino trasfuso in Lei, quindi Vergine – feconda che custodisce, in sé, il Mistero, al tempo stesso longeva minuscola cicala.

Spingendosi ulteriormente nella caverna, ci si trova in un vestibolo che termina in un’ampia camera a volta con il Tempio interno dove avviene il vaticinio.

I suoi poteri divinatori si esprimono mentre cade in uno stato di trance derivante dai vapori che esalano dalle fenditure del terreno, ma, soprattutto, dalla masticazione delle foglie fresche di alloro.

Difficilmente è possibile ricostruire i suoi responsi, scritti in esametri su foglie di palme e dispersi da un vento improvviso, rendendo sibillino il vero significato.

Il nume si manifesta attraverso una vestale mantica: secoli dopo, il carattere trascendente del dono profetico, si trasforma in attributo di stregoneria, negativizzando quanto di sacro tramandato.

Attraversare l’Antro della Sibilla è percorrere, simbolicamente, un sentiero interiore, immergersi nel proprio intimo, affinché possa apparire chiara la direzione da intraprendere, partendo dalle nostre origini.

Allo stesso tempo è riprendere il contatto con la Grande Madre Terra, come profetizzato ad Enea nel VI libro dell’Eneide di Virgilio. Un ramo d’oro come lasciapassare per rinnovare il culto delle due dee che hanno scandito, per secoli, il ricorrere di morte, rinascita e trasformazione della Natura. La coppia, a differenza di tutte le altre, è formata da Madre e Figlia, Cerere e Proserpina, e dal loro rapporto.

Dalla leggenda del rapimento di Proserpina per opera di Plutone e il ritrovamento da parte di Cerere, dea delle messi, nasce il susseguirsi delle stagioni.

Proserpina, per tre mesi, resta nel buio delle tenebre, periodo in cui la terra rimane brulla, con la vegetazione che si ritira. Quindi ritorna tra i mortali, in superficie, inondando i campi di messi abbondanti, in un trionfo di colori e fiori, così da offrire sostentamento vitale all’intera umanità.

Cerere, donna immortale, che fonda, protegge e divulga il modo di seminare, raccogliere e trasformare i frutti della natura rappresentati da Proserpina, anemos, a sua volta il suo stesso seme che diviene grano.

Ad occhi non attenti sembra che la trasformazione del germe, a differenza delle stagioni, sia costituito da tre fasi, tralasciando la nascosta che non corrisponde alla gettata effettuata in autunno, ma la precede.

È un momento che possiamo assimilare alla riflessione, è il periodo in cui un chicco resta nel chiuso di un granaio, a fine estate, in modo da assestarsi, prima di essere ripiantato nella nera terra arata, per germogliare, affondare le radici, ritornare alla luce, nella sua essenza. Concepimento, crescita, morte e nuova vita.

Questo è il percorso che la donna compie nell’incessante ricerca di sé stessa, è il ciclo della vita che custodisce nei recessi più profondi del proprio essere.

La continuità tra madre e figlia, il filo d’erba e la spiga, due aspetti di un unico processo, che assicurano il continuo rigenerarsi: nascere, morire e rinascere non più nella materia legata al corpo, ma nella dimensione dello spirito, nella sua ricongiunzione al sublime universale, dove tutto ciò che è legato al processo temporale non ha più senso.

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Autore Rosy Guastafierro

Rosy Guastafierro, giornalista pubblicista, esperta di economia e comunicazione, imprenditrice nel campo discografico e immobiliare, entra giovanissima nell'Ordine della Stella d'Oriente, nel Capitolo Mediterranean One di Napoli. Ha ricoperto le massime cariche a livello nazionale, compreso quello di Worthy Grand Matron del Gran Capitolo Italiano.