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Il quadrato magico: SATOR – VI e ultima parte

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Con quest’articolo concludiamo la nostra analisi sul quadrato magico SATOR.

Alla chiave di lettura cabalistica si aggiunge quella diversa, ma non meno interessante, fornita dall’architetto Nicola Iannelli, studioso di astronomia antica, il quale suppone che il palindromo sia un’iscrizione riguardante il culto delle sacre origini di Roma. L’ipotesi è intrigante perché riconduce il palindromo ai ‘Libri Rituales Etruschi’, quei manuali che contengono sia le regole e i riti da utilizzare per erigere città, templi e case, sia le norme per ordinare l’organizzazione politico-sociale del popolo. Disciplinare creato inevitabilmente dagli etruschi che imparando a riconoscere i segni mediante i quali si palesa volontà divina che condiziona il mondo, realizzano precetti comportamentali atti a soddisfarne le richieste.

I romani, forse per adeguarsi al volere degli dei, tenendo conto che «il seminatore sul carro – aratro tiene le ruote dell’opera di fondazione», apprendono e mettono in pratica il complesso di conoscenze etrusche e lo denominano «disciplina etrusca». Lo studioso di astronomia antica, ipotizza che nella configurazione astronomica del giorno della fondazione di Roma, il seminatore sia rappresentato ritualmente dalla costellazione di Bootes, proiezione “caelestis” di Fauno, il carro – aratro dalla costellazione dell’Orsa Maggiore e l’Opera nel solco, della città, simboleggiato dalla Vergine.

Questo fa, inoltre, pensare che i romani, per edificare le città, seguano un modello cosmogonico, duplichino le fasi della creazione del mondo e impostino un centro dal quale si diramano il cardo e il decumano. Proseguendo secondo questo schema interpretativo, sembra ragionevole ritenere che la N posta al centro della scacchiera, divenga l’Axis Mundi, l’Asse del Mondo.

Visto così, il palindromo sarebbe lo strumento usato dai romani per costruire, nelle centuriazioni, la configurazione astronomica delle costellazioni generatrici, e che il reticolo ortogonale sia utilizzato come schema per organizzare il territorio, creare strade e allestire i servizi, secondo regole pratiche prestabilite.

La forma quadrata delle città romane, realizzata usando come strumento il palindromo, sembra riprodurre, nel microcosmo incarnato dalla centuriazione, il macrocosmo, descritto dalle costellazioni generatrici.
La forma quadrata del palindromo, dal punto di vista ermetico ed esoterico sembra, raffigurare la riproduzione del macrocosmo nel microcosmo giacché ogni singolo elemento della griglia è in rapporto al tutto, riproduce in scala il quadrato e risulta esserne indivisibile.

Maria Grazia Lopardi, studiosa di tradizione iniziatica ed autrice di un testo sul quadrato magico del SATOR, afferma che il palindromo visibile su molti manufatti medioevali sia accomunabile ad un’antica conoscenza che le corporazioni muratorie preservano. Ritiene che nel palindromo si palesi la creazione divina, la legge che permette al Supremo Architetto di creare dall’Arché, dall’arcaica energia. Sostiene, infine, che congiungendo le lettere si ottenga un reticolo atto a manifestare la legge che attribuisce armonia al cosmo.

La scrittrice, giornalista, studiosa di simbolismo medioevale e d’iconografia Anna Giacomini fornisce un’intrigante interpretazione del palindromo. Per lei esso avrebbe un’origine mistica di stampo greco – latino, sarebbe stato usato dai catari nel XI secolo e che la formula letterale prima di giungere al mondo medioevale sarebbe stata esaminata dalla cultura araba. Nella frase palindroma, infatti, sarebbe nascosto un messaggio sconosciuto che i cavalieri Templari, con intento catechistico, avrebbero prima decifrato e poi tramandato.

Qualcuno, sposando la tesi della trasmissione della tradizione sapienziale, crede che il contenuto letterale del palindromo sia di provenienza alchemica. Supponendo ciò, sembra essere corretto leggere «Il seminatore, con il suo carro, comprende le ruote dell’Opera» e, in questo senso, sarebbe logico connettere le attività proprie dell’agricoltura con i processi della Grande Opera.

Questa interpretazione sembra sottintendere, a sua volta, ad un tramando alchemico intuibile anche nell’affresco realizzato nel corridoio che conduce all’antica farmacia della Certosa di Trisulti, nel comune di Collepardo (FR) intorno al 1860, dal filosofo esoterista e pittore napoletano Filippo Balbi.

Nell’affresco sono riprodotti il busto di un personaggio mitologico dall’aspetto macabro, il palindromo letterale del SATOR e il verso in rima «Ma cambiar natura è impresa troppo dura». Anche se una prima analisi del dipinto lo riconduce alla mitologia greca, ad Abante trasformato da Demetra in una lucertola, viste le peculiarità del luogo, abitato nel 1860 dai monaci certosini, sembra possibile scorgere un altro e più profondo significato. Nel quadro, infatti, è possibile intravedere sia l’uomo ancora schiavo dei suoi vizi, di se stesso e del proprio ego, che il simbolo della rinascita, rappresentato dalla lucertola posata sul petto di Abante.

Appaiono intellegibili, inoltre, le fasi alchemiche, lo stato d’ignoranza dell’individuo rispetto alla comprensione dell’Universo e le indicazioni sul modo di percepire l’altra natura, quella della redenzione in cui la Grande Madre è vista come guida nel percorso evolutivo.

Il verso sembra, altresì, confermare il ruolo della Grande Madre nel processo deputato a cambiare la natura umana e, allo stesso tempo, appare come promemoria atto ad ammonire l’uomo giacché il sentiero che conduce alla Grande Opera è impervio e richiede impegno e sacrifici.

Abante - Filippo Balbi Certosa di Trisulti, Collepardo (FR)

Un’ulteriore e particolare interpretazione del quadrato magico del SATOR è quella che lo vede fungere da prontuario vitruviano. Condividendo questa tesi si riconosce ad un maestro costruttore la creazione di un palindromo utilizzabile come linea guida per realizzare l’opera, per movimentare e dislocare grandi massi, affidando alla N centrale il compito di fungere da fulcro. Quantunque questa ipotesi affascini e sembri essere verosimile, lascia spazio a dubbi perché si stima che Vitruvio viva nel I secolo a.C., mentre dei palindromi ritrovati a Dura Europos, nell’attuale Siria, si ritiene che esistano sin dal 270 a.C..

Alla luce delle diverse e spesso affascinanti spiegazioni e dei vari rinvenimenti, sembra essere evidente che disvelare il palindromo, sia un’impresa improba. Ciò nonostante, appare credibile e condivisibile, la tesi di chi ipotizza che l’ideatore del palindromo voglia far comprendere a chi legge che «Il seminatore ha il controllo delle opere quotidiane, mentre il giudice supremo controlla la ruota del destino».

Questa interpretazione, giacché sembra ricondurlo al «Memento Homo» al «Ricordati uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai», lo fa apparire come un monito alla presunzione delle persone, uno stimolo affinché l’individuo rifletta oltre che sull’essenza della vita, anche sull’essere umano e su Dio.

Tale chiave di lettura sembra trasformarlo in una sorta di massima proverbiale, facilmente memorizzabile e atta a trasmettere il concetto filosofico che stabilisce il limite del libero arbitrio dell’uomo nei confronti di Dio. In altre parole, sembra essere un mezzo affinché l’individuo comprenda l’entità del libero arbitrio e il modo in cui debba essere conciliata la libertà umana con la volontà divina.

Tenendo conto che i romani conquistando la Grecia in epoca antecedente alla nascita di Cristo si confrontano con la cultura teoretica e contemplativa della popolazione ellenica, sembra condivisibile l’idea che attribuisce all’osmosi tra la civiltà romana e quella ellenistica la produzione di aforismi brevi e velocemente intuibili. Appare verosimile ritenere che il palindromo nasca con queste caratteristiche e che, in seguito, i cristiani lo utilizzino come emblema di culto sfruttandone le intrinseche peculiarità.

Diversi studiosi ritengono che contenga elementi simbolici che si spingono oltre la sublimazione e, quindi, per comprenderne e descriverne i molteplici e caratteristici aspetti, sia ragionevole perseguire percorsi utili allo scopo, che vanno da quello misterico e occulto a quello storico – archeologico, fino a giungere a quello filologico – epigrafico.

Il palindromo continua ad incantare perché qualsiasi percorso si persegua per interpretarne il significato, il risultato sembra essere quasi sempre interessante e verosimile.

Prendendo spunto dall’affermazione del noto fisico Carlo Rovelli “La realtà non è come ci appare”, sembra ragionevole ritenere che l’ideatore del palindromo voglia trasmettere la forma del pensiero, piuttosto che il contenuto, dunque qualcosa che va oltre il puro senso filologico, letterale e linguistico. L’interpretazione e la traduzione letterale del quadrato appare così significativa, mascherando e nascondendo qualcosa di rilevante, potente e arcaico.

Il termine “simbolo” deriva dal sanscrito e significa riunire, raccogliere, mettere assieme e, allo stesso tempo, ha la funzione di trasmettere qualcosa. Tenendo quindi presente che il quadrato del SATOR ama manifestarsi in tale modo, sembra ragionevole credere che il palindromo palesi canoni ermetici e che sia impregnato sia di una considerevole sacralità che di cospicui significati metaforici.

Sembra plausibile concordare con chi ritiene che esso non vada analizzato solamente in forma letterale, che questa non sia l’unica via da percorrere e che, da sola, non trasmetta compiutamente ciò per cui il quadrato sembra essere deputato, giacché la forma grafica, il simbolico – iconografico nascondono significati spirituali tali da collocarlo nell’alveo magico – ermetico.

L’ipotesi che vede l’utilizzo del palindromo pagano sia come antico e piacevole passatempo enigmistico, sia per scopi significativi, appare attendibile perché ogni generazione usa i mezzi che ha a disposizione. Come oggi usiamo smartphone e tablet sia per divertimento che per lavoro, è logico pensare che il palindromo sia stato utilizzato allora per fini occulti, esoterici e ricreativi, assegnandogli un’importante valenza nella storia e nella cultura di diversi Paesi, vicini e lontani tra loro.

Il Quadrato Magico del SATOR sembra riconducibile a qualsiasi cultura giacché i riferimenti che lo coinvolgono sono numerosi e possono essere mitralici, orfici, gnostici, pitagorici, ebraici, precristiani, cristiani e così via.

Il giudice deputato a garantire ad ogni individuo la libertà d’interpretare il simbolo in modo soggettivo, si conferma essere il già citato libero arbitrio e tutte le possibili opzioni non sminuiscono, di certo, la valenza esoterica di questo Quadrato Magico che, a tutt’oggi, sembra celare una simbologia ancora da decifrare.

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Autore Domenico Esposito

Domenico Esposito, nato ad Acerra (NA) il 13/10/1958, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Master in Ingegneria della Sicurezza Prevenzione e Protezione dai Rischi, Master in Scienze Ambientali, Corso di Specializzazione in Prevenzione Incendi. Pensionato Aeronautica Militare Italiana.