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Pulcinella, Fabio Da’ath, Drakonero e il distacco

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Pulcinella


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Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me.

Il cielo stellato non ho bisogno di cercarlo, lo vedo ogni mattina quando mi sveglio e alzo gli occhi.

La legge morale dentro di me la percepisco, la tocco e ci parlo; è l’anima, lo spirito che sembra aspettarmi, poiché risponde sempre immediatamente alle mie domande.

Anema mia, te vogliò chiamma Ka e te voglie pesà comm fa Maat. Comm’a Maat te metto ‘ncopp a nu piatto rà valanza e all’atu lato ce metto na leggèra ma proprio leggèra piuma. Nun songhe nu’ poetà, ne nù cantante, ne nù pittorè, ne nu’ scrittòr e nemmanc nu’ poetà, io song Purecenella, e cu ‘e parolè v’accarèzzo l’anima.

Chistu cielò ca’ me guardà, par ca’ me vulesse dirè, vienì cu me e par ca’ me vulesse purtà luntàno assième a isso.

Con immensa gioia mi faccio trasportare nel mondo sovrasensibile, ma dopo un po’, il firmamento mi riporta di nuovo nel mondo sensibile perché rappresento il principio terreno e fallace dell’uomo, con la sua mente, l’intelletto, tutti i suoi difetti e tutte le sue paure.

Durante il viaggio, presto molta attenzione, dato che non possiedo poteri magici, ma solo predisposizioni alla follia e alla pazzia.

La mia anima, invece, è virtuosa e sfugge sempre alla seduzione dei principi inferiori e dei bassi istinti, ed essendo pura, vuole riunirsi alle potenze celesti. Ascoltandola mentre vivo nel mondo sensibile, sono circuito ed affascinato dal mondo invisibile.

Spinto dall’anima, mi dedico alla ricerca e allo studio di quel mondo sovrasensibile che mi proietta nell’infinito, quel luogo che, assieme alla morale, vive in me, quello che Giordano Bruno definisce Infiniti Mondi.
Uno spazio che mi permette di attraversare le sue radure, coperto da una bianca ed immacolata pelle di agnello, che mi fa sentire ricco, nonostante non navighi nell’oro.

Passo il tempo a riflettere, a sognare, a considerare che il futuro appartiene a chi crede nella bellezza delle proprie visioni oniriche. È il pensiero a creare la realtà e il concetto racchiude in sé una forza indescrivibile che si contrappone ai problemi quotidiani che siamo costretti a vivere e li combatte.

Quando il percorso si fa incerto, mentre di notte, dormendo non sono cosciente, trascorro il tempo a chiedere al cielo di difendermi dalle forze contrarie e di non abbandonarmi mai, di lasciare per un po’ il mio corpo sulla terra e trasportare la mia mente e il mio spirito sui piani più alti, in uno dei regni della quiete.

Lo invito a mostrarmi l’ombra della luce perché ho bisogno della sua presenza, per capire meglio la mia essenza, per comprendere le meccaniche divine, per farmi rapire da un profondo misticismo.

Osservo il cielo e mi rivolgo spesso a lui, poiché in esso vedo quelle radici che, con volontà, mi spingono ad essere migliore, a sconfiggere l’incubo delle passioni, a cercare l’Uno sopra il Bene e il Male, ad essere l’immagine divina in questa realtà. Sono sempre in compagnia della mia piccola anima, mentre fuggo, mentre lotto, mi fermo a pensare, a riposare o a implorare la volta stellata.

Quando parlo con lui, per non svegliare la mia anima, lo faccio in silenzio o a bassa voce, ma lei non smette mai di ascoltarmi ed osservare l’ambiente circostante mediante i miei occhi.

Però, sono consapevole di sognare e, proprio mentre accade e qualcuno mi afferra per mano facendomi viaggiare attraverso i vari mondi, le mie visioni non mi tormentano, anzi, mi mostrano un mondo diverso e privo di brutture quotidiane, di ego, di cattiverie e di bassi istinti.

Quello di stanotte è sembrato così reale che ho chiamato Fabio Da’ath chiedendogli di organizzare un incontro sul terrazzo – cenacolo con Drakonero, studioso di esoterismo, ricercatore sempre alle prese con la spiritualità insita nella quotidianità, uomo di grande cultura e conoscenza in grado di farmi comprendere quel mondo invisibile che si lascia osservare durante le mie escursioni notturne.

Fabio, senza lasciarsi pregare, per regalarmi sublimi emozioni, fissa per il giorno successivo, un rendez-vous spirituale sul quel terrazzo – cenacolo divenuto, ormai, dimora di studio, riflessioni, meditazioni e incontri che non deludono mai le attese.

Il pomeriggio successivo mi reco lì, come concordato, per incontrarli.

L’ospite, un uomo alto, simpatico e con i capelli bianchi che sembrano cascate energetiche, indossa un mantello bianco con impressa, sulla parte sinistra, una croce templare di color rosso porpora.

Dopo averli salutati, spinto dalla mia proverbiale curiosità, chiedo a Drakonero di parlarci della medianità e della spiritualità, poiché vivo quotidianamente sogni particolari e percepisco proiezioni mentali non molto chiare.

Egli, manifestando viva emozione, racconta una storia che, oltre a lasciare un importante imprinting su di lui, sembra essere surreale. È il 1988 e lui, giovanissimo, viene ricoverato in ospedale a causa di incidente con conseguente trombosi ed embolia polmonare.

Immaginate cosa provi un ragazzo di diciannove anni che si sente pronto per la partenza, per il viaggio dal mondo sensibile a quello sconosciuto, che ha la forza e il coraggio di chiedere che si chiami il sacerdote, perché sente che è giunto il suo momento.

Nell’attimo in cui esprime tale richiesta, intravedendo l’angolo del camice del medico appena entrato nella stanza, perde contatto con la realtà e si ritrova immerso in un tunnel che lo fa sentire oggetto di un sentimento che appare vero e concreto in grado di fargli avvertire l’amore in ogni centimetro della pelle e che lo fa star bene perché trasmette meravigliosa serenità.

Il cunicolo conduce in un luogo che, nonostante sia pieno di nebbia e foschia, permette di osservare una luce fioca che trasmette un calore percepibile, ma non intenso.

L’espressione del viso di Drakonero a questo punto muta.

Quindi prosegue:

La bruma, diradandosi, mi fa imbattere in mio nonno, che, prontamente, mi afferra per mano e, accompagnandomi in una grotta al cui interno c’è una tavola imbandita, mi invita a mangiare, perché il tempo a disposizione è esiguo.

Le sue parole sembrano scendere come olio profumato sulla barba di Aronne.

Continua:

Una volta consumato il cibo, aprendo gli occhi, dopo circa un paio di minuti, rivedo il camice del dottore e mi accorgo di essere ancora nella stanza del nosocomio e di non essermi imbattuto in un’allucinazione, poiché, quei due minuti, sono caratterizzati dalla stasi del tempo.

Ad esser sincero, dopo aver vissuto quel breve periodo in un mondo indescrivibilmente bello, mi rendo conto di essere arrabbiato con Dio perché non mi tiene con sé. Da quell’episodio prende avvio il mio percorso spirituale, che, ad oggi, consolida in me l’idea che dopo la morte, dopo l’abbandono del mondo sensibile, vi sia la vita.

Infatti, collegandomi, quasi ogni sera, con il mondo degli spiriti, ed interagendo con loro mediante una sfera o attraverso la mente, mi giungono visioni surreali, mentre il corpo prova forti vibrazioni che mi mettono in connessione con lo spirito di persone che dimorano nel mondo invisibile, ricevendo messaggi in cui vi sono episodi che, analizzati successivamente nella loro interezza, sono sempre comprovati.

Abbagliato dagli occhi di Drakonero che producono riflessi su ogni cosa che osservano ed in balia della densità energetica emanata dalla frequenza vibratoria delle sue parole, un vivo interesse, ormai giunto al limite dell’immaginabile, mi spinge ad interrogarlo suoi albori spirituali.

Cordiale e spontaneo, risponde:

Caro Pulcinella, la mia genesi spirituale, iniziata all’incirca all’età di dieci anni, è caratterizzata dalla presenza, al mio fianco e per un determinato periodo, di uno spirito guida, un pastore vissuto nell’Ottocento.

Ho conosciuto mio padre sia nella veste fisica, sia in quella non percepibile; nel mondo invisibile mi appare in una forma diversa, sia arricchito di ciò che la materia trasmette per osmosi, che di esperienze accumulate nelle precedenti esistenze terrene.

Credo che la materia influisca sullo spirito, poiché l’uomo è una scintilla divina che, incarnandosi, vive un’esperienza terrestre, dopodiché, liberandosi dell’involucro, si ricongiunge all’energia, alla Luce, ovvero, al Divino e, nel farlo, vive uno scambio, che facendogli ritrovare il passato, lo ricarica. L’individuo, quindi, acquisisce una sorta di memoria che permette quel consistente potenziamento che conduce al perfezionamento.

Nell’udire queste parole, la curiosità prende il sopravvento, e in piena agitazione, invito il mio interlocutore a parlarmi dei Maestri Ascesi.

Senza manifestare alcun fastidio e con gran solerzia, replica:

Mi collego spesso con i Maestri Ascesi, spiriti particolari che mi appaiono come frati che indossano una tunica bianca o grigia, con cappucci dello stesso colore.

Dei due ultimi incontrati, ricordo una chiave dorata ed un testo che ritengo sia il Libro della Conoscenza, con copertina anch’essa dorata e uno smeraldo rosso al centro. Il Maestro in possesso della chiave me la consegna senza alcun problema, mentre l’altro non mi affida il testo, forse perché, non ritenendomi ancora pronto, si aspetta che io non smetta di studiare.

Fabio, ascoltatolo e tenendo presenti gli insegnamenti dell’amato Giustiniano Lebano, con grande umiltà, chiede scusa per l’interruzione e lo prega di approfondire la tematica della conoscenza.

Drakonero, con un vero e spontaneo sorriso, dichiara:

Cari amici, credo che la conoscenza sia ciò che consente all’uomo di dare un senso all’esistenza, che sia quel quid che permette di vivere serenamente gli ultimi giorni nel mondo sensibile.

La sera entro in connessione con i Maestri Ascesi mediante una sorta di proiezione mentale che han luogo attraverso rilassamento o trance, capacità acquisita grazie all’autocontrollo, all’ascolto del respiro e alla posizione energetica conosciuta anche come “seduta del faraone”.

Il collegamento non è altro che una proiezione mentale, quasi automatica, che percepisco chiudendo gli occhi e concentrandomi.
Ciò che immagino in questo frangente è una fascia blu che, pian piano, mi avvolge e mi fa provare intense vibrazioni.

La sfera è per me come un catalizzatore di energie.
Con panno bianco, a luce spenta, mi aiuta ad inviare un flusso di energia positiva a chi ne ha bisogno, mentre, con panno nero alle spalle, si oscura e mi consente di lavorare su me stesso.
Il nero, assorbendo la luce, mi dà la possibilità di avere visualizzazioni più consistenti, che possono essere figure di animali o di spiriti presenti dietro di me.

Ritengo che siamo come una dinamo che, più energia trasmette e più, ricaricandosi, ascende allo stato successivo, ossia, a quello dove dimorano i defunti. Credo che il corpo umano sia un contenitore che, nel momento in cui vive il distacco dell’anima, resta vuoto, inanimato e inusabile, mentre per l’anima e lo spirito, la morte rappresenta il cambiamento di stato.

La rinascita consiste sia in un distacco animico, che spirituale. Quest’ultimo, a sua volta, è formato da quella felicità, insita nella coscienza individuale, in grado di percepire sia l’infinito che circonda l’essere umano, che il Sé profondo e immanente. Percezione che, spingendo il singolo a distaccarsi in modo naturale ed armonioso da tutte le cose materiali, lo incita ad incamminarsi, verso nuove mete, in compagnia della sola bisaccia.

Pulcinella, fa bene a sognare, perché così rimuove le sue barriere e dà la possibilità agli spiriti di collegarsi.
I suoi passi la conducono al centro di se stesso e dimostrano che la sua vita è un continuo divenire, una perenne trasformazione verso livelli più elevati di coscienza.

Pulcinella, leggo nei suoi occhi che sia la sua maschera, che il suo adattarsi ai mutamenti della vita, stanno facendo progredire la sua conoscenza e il suo sapere. Questa evoluzione, a sua insaputa, sembra essere alimentata da un percorso interiore e silenzioso che ingloba in sé il cammino sociale, iniziatico, spirituale, culturale, teosofico, rosa-crociano.

Drakonero è un pozzo di conoscenza e, con le sue parole, oltre ad emozionarmi, mi fa penetrare in mondi a me sconosciuti.

Mammà mia aiutàme tu. ‘E ditte antìche nun falliscene maje, ‘fattelle cu chi è meglio ‘e te e facce ‘e spese.

Nel sorridere per la mia esclamazione, ricollegandosi al suo discorso, asserisce:

Sento il bisogno di parlare a me stesso della Morte e sono certo che, in un prossimo futuro, altre astrazioni potranno arricchire i miei dubbi, perché non esiste.
Ella o essa è. È l’ingresso in una vita più piena.

Tranne nei casi di decesso violento ed improvviso, che, come una scarica elettrica emette un senso istantaneo di pericolo e distruzione, è, letteralmente, un oblio.

Per taluni è una continuazione del processo di vita con propri interessi e tendenze, in cui la sua coscienza e il senso di consapevolezza sono i medesimi.

Per gli egoisti, i criminali e quelle persone che vivono solo per gli aspetti materiali, esiste la condizione “vincolata alla terra”. I loro vizi, pregiudizi e desideri hanno forgiato con la terra un forte legame ed essi cercano, disperatamente e con ogni mezzo possibile, di rientrare.

In alcuni casi, un grande amore o la mancata realizzazione di un dovere, mantiene una simile condizione.

Per altri, è un ingresso immediato in una sfera di servizio e di espressione, che si riconosce come già vissuto. Nelle ore di sonno si sviluppa un campo di servizio attivo e di apprendimento.
Si lavora semplicemente in esso per tutte le ore, invece che per le sue solite poche ore di sopore.

Detto ciò, rendendosi conto dell’ora tarda, il gradito ospite ci saluta e, mentre lascia il terrazzo – cenacolo, per raggiungere la sua dimora, conclude:

Caro Pulcinella, il processo del suo dormire quotidiano e quello del morire ordinario sono identici.

L’unica differenza consiste nel fatto che nel primo il filo magnetico o la corrente energetica lungo la quale la forza vitale scorre, oltre ad essere intatti, costituiscono la via del ritorno al corpo.

Nel secondo, questo si spezza e, quando ciò accade, l’entità cosciente non può ritornare al corpo fisico denso, quindi, la parte fisica, priva del principio di coerenza, si disintegra.

Fabio, contento per la conversazione, desideroso di manifestare il suo pensiero, aggiunge:

Penso che distaccarsi equivalga ad affrontare l’ignoto. L’uomo che riesce a trasmutare, vive una partenza e un viaggio interiore avventuroso, in altre parole, un allontanamento all’interno della propria anima che nasce dal fatto che lo spirito non è stato domato e la materia non sta prevalendo su di esso.

Il ricordo delle parole di Drakonero, i suoi collegamenti con i Maestri Ascesi, i suoi ricordi, il distacco e la rinascita di cui lui parla, mi fanno pensare alla “memoria”, quella funzione psichica e neurale che ci unisce e che celebra la bellezza, l’amore, la forza, la giustizia e la benevolenza. Tutti ricordiamo le amenità perché queste segnano l’inizio, il momento determinato, il punto zero.

Noi siamo la nostra memoria e le nostre esperienze. Quando ci riuniamo e rammentiamo i momenti piacevoli trascorsi nell’amore fraterno, un po’ li riviviamo e, mentre ciò accade, siamo affini ai cavalieri di re Artù, che, sedendosi attorno alla tavola rotonda, menzionano e celebrano le vittorie occorse.

Caro Pulcinella, penso che noi, oltre a partecipare alla riunione attorno a quel tavolo, emulando i Maestri Comacini, costruiamo il nostro edificio sacro e lo ricopriamo con la volta celeste.

Grazie al farmaco della memoria e della sapienza, di cui parla Platone, costruiamo il nostro castello di Camelot.

Nel concordare appieno con quanto asserito da Fabio, lo ringrazio per l’ospitalità e, rientrando, rifletto sull’intera conversazione, sulle profonde parole pronunciate dai miei due interlocutori.

La distanza tra il terrazzo – cenacolo e casa mia, sembrando più grande di quanto sia realmente, mi permette di pensare che, per cogliere l’infinita ricchezza dell’intero ed armonioso cosmo, si debbano spalancare sia i sensi, che le facoltà umane, che se l’individuo si lega spasmodicamente ai beni terreni, anziché lasciarsi andare ad un consistente progresso spirituale, è destinato a provare una grande malinconia.

Uno dei metodi per allenare il distacco dell’anima dai contenuti e dalle immagini terrene e per alleviare la tristezza, consiste nel processo di disidentificazione che consente la separazione dell’io dai contenuti della coscienza, dalle emozioni, dai pensieri, dalla personalità, dai ruoli e dalle funzioni con cui l’io tende spontaneamente a immedesimarsi.

Questo stato, a sua volta, richiede, oltre ad una vera auto-osservazione atta a scoprire sia le verità del mondo circostante che il maestro che vive in ognuno, anche una notevole elevazione spirituale.

A questo proposito il grande mistico Meinster Eckart Tolle, definendo il distacco la più grande virtù mediante cui l’uomo può debellare l’ego e giungere all’unione mistica con Dio, scrive:

Il vero distacco comporta che lo spirito, in tutto ciò che gli accade, nel bene o nel male, nell’onore come nella vergogna, sia così immobile come un vasto monte sta immobile di fronte ad un leggero vento.

Questo può dare l’impressione di qualcosa di talmente alto da sembrare vano il tentarlo o lo sperare di poterlo raggiungere.

Esso, dunque, è l’opposto dell’incatenamento a quel mondo illusorio concernente la realtà relativa e permettendo all’uomo di transitare dal mondo materiale a quello spirituale, gli consente di prendere coscienza sia del Sé interiore, che dell’immanenza della Luce Cosmica, ovvero, dello Spirito Supremo di Dio.

L’uomo percependo il Sé interiore, oltre a riuscire a vivere in armonia con se stesso e con il mondo che lo circonda, è in grado di vivere la vita in modo spirituale, intenso e profondo.

Questo nuovo stato, definibile rinascita, gli dà la possibilità di vivere, con distacco quella realtà relativa che, limitando volontariamente o involontariamente la visione della realtà, tiene l’individuo lontano dall’assoluto.

Colui che, invece, riesce, a far coesistere sia la realtà assoluta che il distacco spirituale, è in capace di vivere sperimentare quell’orientamento spirituale di tipo ascendente, che avvicina alla desiderata Luce Divina.

Giunto ormai a casa non mi resta che un’ultima considerazione:

‘a bona campana se sente ‘a luntano.

Le parole di Drakonero, come note suonate da una melodiosa arpa, riecheggiano ancora nella mia mente.

Giandomenico Tiepolo, La partenza di Pulcinella, 1797, affresco. Ca' Rezzonico, Venezia

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Autore Domenico Esposito

Domenico Esposito, nato ad Acerra (NA) il 13/10/1958, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Master in Ingegneria della Sicurezza Prevenzione e Protezione dai Rischi, Master in Scienze Ambientali, Corso di Specializzazione in Prevenzione Incendi. Pensionato Aeronautica Militare Italiana.