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Lo stemma che non ti aspetti

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Stemma Provincia di Napoli


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Il cavallino rampante, icona della scuderia di Maranello, è da sempre simbolo della città Partenopea

Alzi la mano chi vedendo l’immagine sopra non l’associa al marchio della Ferrari, il famoso cavallino rampante che la leggenda vuole sia stato donato al commendator Ferrari dalla vedova di Baracca, l’aviatore – eroe del conflitto della grande guerra.
Tranquilli, siete tutti in ottima compagnia.

Tempo fa, un valente magistrato, ora in quiescenza, mi confidò che un suo autorevole collega vedendo lo stemma sulla scrivania gli aveva detto:

Bravo, anche tu sei un tifoso della Ferrari.

Con un po’ di imbarazzo, misto all’orgoglio di chi ama le proprie radici, il giudice fece notare che rappresentava il simbolo della Provincia di Napoli.

Volendo rafforzare la tesi del nostro amico, lo stemma araldico cita:

Scudo, di forma sannitica e di colore oro, al cavallo rampante. Lo scudo è sormontato da una corona formata da un cerchio d’oro gemmato con le cordature lisce ai margini racchiudente due rami, uno d’alloro e uno di quercia al naturale uscenti dalla corona decussati e ridecussati all’infuori.

In realtà questo cavallo ‘imbizzarrito’ più che rampante identifica Napoli e i partenopei dal lontano 1253, quando i napoletani si opposero all’invasione di Corrado IV, figlio di Federico II.

Dopo aver espugnato, non senza difficoltà, la città e volle dimostrare di aver domato i napoletani e appose un morso alla statua del ‘Corsiero del Sole’, che raffigurava, appunto, un cavallo imbizzarrito di bronzo.

Questa statua si trovava nei pressi della Basilica di Santa Restituta, edificata su un antico tempio pagano dedicato ad Apollo, dove poi sorgerà il Duomo.

La scultura era amata dai napoletani e considerata ‘magica’ tanto che il popolo portava, presso questo luogo di culto, gli animali ammalati, ornati di ghirlanda, che, per guarire, le dovevano girare tre volte intorno.

Ovviamente, tale rito era inviso alla Chiesa Cattolica, siamo in pieno Medioevo, era considerato ‘pagano’, per cui, nel 1322 l’Arcivescovo dell’epoca decise di fondere la statua per fabbricare una delle campane del duomo.

A questo proposito, una leggenda partenopea vuole che se si tende l’orecchio mentre esse suonano è possibile ascoltare il nitrito del cavallo di Virgilio.

Tuttavia, il destriero imbizzarrito rimase il simbolo della città e dell’intero Regno, fino alla catastrofica invasione piemontese, quella che i libri scolastici chiamano Risorgimento.

Una curiosità.

Fin dall’antichità è conosciuta una razza equina, il ‘Cavallo Napolitano’, che è il risultato di una rigorosa selezione genetica avvenuta attraverso i secoli, grazie ad accoppiamenti incrociati.

Il luogo di allevamento era la Piana di Capua e, proprio al cavallo bianco di Capua è legato ‘la chinea’, l’atto di sottomissione attraverso il quale i Re di Napoli, a partire da Carlo d’Angiò fino a Ferdinando IV, versavano al pontefice un’ingente somma di oro posta sulla soma di un cavallo bianco capuano.

 

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Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. In uscita il suo volume "Image EDITING", attualmente collabora con terronitv.