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Giulia Felice: un’antesignana donna d’affari di Pompei

2005
Giulia Felice


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Nel quartiere periferico degli scavi di Pompei, girando per le stradine, ci si imbatte in un’iscrizione che è stata oggetto di disquisizioni ed interpretazioni più svariate:

Nella proprietà di Iulia Felice, figlia di Spurius, si fittano un bagno degno di Venere a dei cavalieri giudici (di Pompei), botteghe con abitazioni sovrastanti, appartamenti al primo piano, dalle prime Idi di Agosto fino alle seste Idi di Agosto, per cinque anni di seguito.

Nel 62 d. C., per la prima volta nella città cara a Venere, la terra tremò, distruggendo gran parte dell’abitato, oltre le terme pubbliche, la palestra e la grande piscina ridotta all’asciutto, per non parlare delle attività commerciali bloccate, sfociando, quindi, in una serie di problematiche pratiche alle quali i cittadini dovettero porre rimedio.

In questo contesto, in una società dove il diritto romano non lasciava grande spazio alle donne che desideravano emergere, dove la possibilità di affrancarsi dalla tutela maschile era dettata dal numero della prole, ingenuae 3 figli e liberte 4, la scritta ritrovata nella seconda metà del Settecento, fu immediatamente fraintesa, in particolare due parole furono equivocate nel loro senso più allusivo, balenum venerium et nongentum.

Quest’ultimo si tradusse nel senso numerico come la moltitudine di taverne da lei possedute, non certo al soprannome in uso per indicare gli scrutinatori delle urne elettorali, che, in genere, venivano scelti tra i cittadini più meritevoli, dei veri e propri gentiluomini.

Mentre il primo sostantivo fu decodificato come riferimento ad un bagno di una casa di appuntamento e non al modo sintetico di intendere d’essere munito di ogni comodità da essere pronto a soddisfare addirittura le esigenze di una dea.

Per cui la nostra padrona di casa fu scambiata per una matrona che, avendo in gioventù praticato il mestiere più vecchio del mondo, favorendo le beatitudini di molti, desiderando evolversi, metteva a disposizione la sua casa per soddisfare i languori delle milizie di passaggio.

Nulla di più sbagliato! La nostra Giulia, intraprendente donna d’affari, avendo ereditato una grande casa con annesso ampio giardino, decisa a non svendere una così preziosa domus, conscia della crescente richiesta da parte dei cittadini rimasti senza abitazione, si risolse a dividere la sua proprietà in modo da destinarne una parte a lei stessa e la restante al fitto temporaneo, così da poter far fronte alle innumerevoli spese che il suo praedium richiedeva continuamente.

Il suo fondo aveva un’estensione considerevole, 5.800 metri, e comprendeva un complesso edilizio delizioso, con annesso impianto termale completo, da qui la definizione di venerum, ovvero degno della Dea Venere, varie camere da letto, una serie di locali adibiti a botteghe, la sala da pranzo, triclinium, con la tipica inclinazione di dieci gradi e i grandi letti, lo splendido giardino completo di statue in marmo e fontane zampillanti, il tutto contornato da una vigna sterminata.

Il suo acume viene messo in luce dall’accurata ricercatezza della scritta sul muro, nella quale, oltre a specificare i servizi offerti, sottolinea lo status del potenziale affittuario, che doveva avere la capacità economica di soddisfare un contratto di minimo cinque anni, da sottoscrivere alla presenza di testimoni.

Un grande esempio di antesignana imprenditoria femminile, che trova le sue fondamenta nella forza di volontà, la cui memoria, inizialmente offuscata da pregiudizi atavici, viene rivalutata, portandola come modello di resilienza femminile.

Giulia Felice paedria

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Autore Rosy Guastafierro

Rosy Guastafierro, giornalista pubblicista, esperta di economia e comunicazione, imprenditrice nel campo discografico e immobiliare, entra giovanissima nell'Ordine della Stella d'Oriente, nel Capitolo Mediterranean One di Napoli. Ha ricoperto le massime cariche a livello nazionale, compreso quello di Worthy Grand Matron del Gran Capitolo Italiano.