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L’idiota utile

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idiota


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Non discutere mai con un idiota: la gente potrebbe non notare la differenza.
Arthur Bloch 

Pensare è comparare: nella cultura occidentale l’intelligenza filosofica ha potuto esercitare il suo fascino e affermarsi come lussuosa forma di superiorità individuale solo attraverso un continuo ma inconfessabile confronto con il suo più debole termine di paragone: la stupidità o idiozia.

La parola idiota deriva dal greco antico e ha molte accezioni. Nella polis greca, ἰδιώτης (idiòtes) deteneva una doppia valenza, letteralmente individuo privato, indicava, da un lato coloro privi di cariche pubbliche, che non partecipavano, perciò, alle assemblee, esclusione normalmente dovuta alla mancanza di istruzione, e base linguistica per il latino idiota, ignorante, da cui poi l’offesa italiana.

Il secondo significato, invece, è molto più pregnante e interessante: l’idiota era chi, all’interno della polis, guardava al proprio interesse privato disinteressandosi del bene comune, sacrificando la cosa pubblica al benessere particolare.

Oggi, normalmente viene utilizzata per individuare qualcosa di separato, isolato, distinto dalla comunità. È piuttosto frequente anche un uso spregiativo del termine per designare una persona che assume atteggiamenti non congruenti, privi di senso. Fondamentalmente un individuo che opera e pensa cose poco intelligenza. Quasi sempre si nutre dei pregiudizi e degli stereotipi di una società sempre più ignorante, per deficit scolastico, che si abbevera alle fresche letture di notizie che tracimano sui social, l’arena in cui si cimentano supposti sapienti e pseudo acculturati.

Insomma, ci troviamo innanzi ad un banale quadro, che nasce e cresce in una società priva di riferimenti e di valori radicati: un corollario al teorema che gli italiani debbano coltivare la furbizia e non la coerenza, il disimpegno verso tutto ciò che potrebbe nuocere alle loro piccole comodità quotidiane.

L’idiota, dietro la maschera patinata dell’etica della convinzione, nasconde l’adesione di fatto, in tutto o in parte, alle ideologie di chi conculca in teoria e in pratica la libertà, madre e figlia dell’etica della responsabilità.

In quanto tali, gli utili idioti costituirebbero di per sé un genere di persone tra il ridicolo ed il patetico se non fossero purtroppo degli intellettuali di varia estrazione, talvolta inutilmente perspicaci, sebbene meno ingenui e rozzi dell’utile idiota comune, alla buona.

In vero, nell’uso politico il termine idiota anticipa sempre l’aggettivo utile. Non si è mai saputo chi per primo ha realmente concepito ed usato questa espressione.

Secondo la Treccani potrebbe essere stato Lenin, ma non ci sono tracce nei suoi scritti. Qualcun altro ha affermato che è stato addirittura Stalin, se non proprio qualcuno del suo vasto entourage.

Non è questo ciò che ci interessa. Quel che conta è che con “utile idiota” si faceva riferimento a quanti, nell’occidente, sorreggevano la rivoluzione bolscevica.

Utile perché questo trascinava ed impostava un certo appoggio all’immagine del regime sovietico e veniva appunto utilizzato per la propaganda dello stesso regime.

Idiota, con riferimento a quella che una volta era considerata una vera e propria malattia, l’idiozia, perché questo sostegno, in realtà, sarebbe andato contro gli interessi di chi lo stesso sostegno esprimeva. Da allora l’espressione va raffigurare e marchiare tutti coloro che, involontariamente, supportano indefessamente un partito che non fa e non farà i loro interessi.

Oggi, poi, bisogna fare i conti anche con l’idiota digitale: ad esempio, il complottismo attuale impiega in modo dannoso e ingannevole l’altrimenti legittimo concetto di dubbio.

Del resto, molte delle grandi teorie del complotto di cui discutiamo ancora in questo tempo sono state generate negli Stati Uniti grazie anche alla diffusione ambigua della controcultura, al tempo della beat generation, poi riuscirono ad immergersi carsicamente, e quando arriva il web 1.0 avevano già identificato un nuovo veicolo di propagazione.

Il problema è che quel genere di teoria del complotto girava su canali alternativi, sulle bbs, su mailing list. Non viaggiava sui canali mainstream, come possono essere Facebook o la stessa televisione. Ad un certo punto, però, in tanti si sono resi conto che questo genere di cose potevano portare un guadagno, e così è cambiato sia il linguaggio che i canali di diffusione dall’underground al mainstream. E l’idiozia è diventata business.

Anche perché l’idiota è persona appassionata, positiva, attiva che però sbaglia, senza averne consapevolezza, la parte a cui affida il suo impegno, il suo entusiasmo, le sue attese.

L’utile idiota non solo non è consapevole di esserlo, ma è anche profondamente convinto di essere utile alla causa. È come un gioco di equilibri il tutto consente di avere appannaggi, interessi, magari introiti. Non si vede come un attore strategico e qui sta tutto il suo abisso. È consapevole dei suoi mezzi, ma li esprime al massimo del suo potenziale.

L’idiota è sempre un altro o l’altro. Aborriamo o neghiamo l’idea di essere noi stessi gli idioti, nonostante le evidenze siano molto spesso contro questa tendenza universale. Eppure, l’idiozia non è una forza annientatrice: non solo essa sottostà come leitmotiv ad ogni nostro atteggiamento, poiché ognuno di noi è sempre l’idiota di qualcun altro, ma la genialità stessa che ha permesso le grandi conquiste dell’umanità, tanto in campo letterario quanto in quello scientifico, tanto nella filosofia quanto nell’arte, non avrebbe mai potuto toccare le vette raggiunte senza la parte inalienabile di idiozia presente in ogni uomo. Lo dico senza enfasi, sia chiaro, ma c’è del vero.

A guardare il rovescio della medaglia possiamo dire che l’idiozia è ,in fin dei conti, ciò che ci ha consentito di pensare, realizzare, includere e sopravvivere in un mondo difficile e, attraverso di essa, possiamo essere capiti più a fondo, al fine di non perderci in questo cosmo, solitari e abbandonati alla nostra immaginata mancanza di idiozia.

Inoltre, pare che in questo l’intelligenza non occorra più. Come se in questa epoca, soprattutto, l’uomo se la sia messa alle spalle, come i peli che gli rivestivano il corpo, la coda o la camminata a quattro zampe. Segni di un progressivo avvicinamento alla bellezza o, forse, tangibile figura di un avveniristico alienamento.

Come se il segno più distintivo dell’essere umano, quello che gli ha consentito di elevarsi dalla specie animale e, in una certa misura, di governare il mondo, non è più necessario. La nostra specie si apre per natura alla stupidità e, per la sua sopravvivenza, è questa a muovere i fili di tutto per farci avere un ruolo chiave.

Da qui possiamo determinare che l’idiota sembra avere una marcia in più. Come se fosse un anticipatore dei tempi: nel suo non-sense, nella sua enigmatica incomprensibilità, egli si rivela ad essere presente e futuro. Non ci meraviglieremmo se su una nuova arca salisse solo lui.

E se oggi ci stiamo sempre più accorgendo che certi ruoli sono sempre più ad appannaggio di persone con il cervello avvizzito, pare evidente che siamo al soldo di chi ha davvero compreso come gira il mondo e non può che trasportarci verso una gioiosa sorte.

Alla fine, pare che a sopravvivere sia sempre l’idiota e a naufragare è colui che si crede sempre superiore. Ma non erano la stessa cosa?

Tu puoi sembrare un idiota e parlare come un idiota, ma non devi stupirti: sei realmente un idiota.
Groucho Marx 

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Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.