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Amor, ch’a nullo amato 3.0

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Nella misura in cui l’amore cresce in te, cresce anche la tua bellezza, poiché l’amore è la bellezza dell’anima.
Sant’Agostino d’Ippona 

Il motore del mondo. Il cuore del problema. L’energia della vita. L’amore, in tutte le sue forme, è ciò che ci rende umani e permette a tutti noi di esistere, di progredire, di non sparire dal pianeta.

Fin dalla comparsa dell’homo sapiens molte dinamiche sono state governate da questo sentimento. O dal suo opposto. Gran parte della letteratura, della musica, dell’arte, hanno messo al centro l’amore.

Nonostante sia il sentimento più spontaneo e universale, che segna l’esistenza di ogni essere umano, parlarne, confessarlo a qualcuno, provare a raccontare come si agita dentro di noi ci terrorizza e ci disorienta: l’angoscia che le nostre parole non siano comprese, i nostri desideri corrisposti o i nostri sogni realizzati, genera un insensato odio per l’amore che tutti finiamo per vivere.

Questo condiziona negativamente il modo che abbiamo di amare, lo contagia di insicurezza e di dolore, guasta la sua capacità di cambiarci e di restituirci speranza, ma, soprattutto, di migliorare il mondo attorno a noi.

Perché l’amore, prima di essere la fantasia fiabesca che anima canzoni, libri e film, è innanzitutto una forza: una forza spirituale, che incide sulle nostre coscienze, ma anche una forza politica, che orienta le decisioni sempre secondo sentimenti di incontro e di costruzione e mai di dissoluzione e distruzione.

Per scongiurare quell’odio contro l’amore è fondamentale imparare ad avere cura di sé e riappropriarsi dell’amore come spazio in cui ciascun individuo si sente libero di parlare e di ascoltare senza timore ciò che lo agita dentro.

Amare, allora, non sarà più sinonimo di soffrire, ma di edificare, progettare, immaginare il domani.

Amare non significa soffrire. Amare non significa avere paura. Amare è prendersi cura di sé, farsi del bene, farlo a chi ci sta accanto. Amare non significa distruggere. Amare significa costruire.

Perché alla fine parliamo tanto dell’amore? Forse, perché dell’amore non sappiamo quasi nulla. Ci abitiamo talvolta nel mezzo, quello di una madre e di un padre, quello di un animale, di un’amata o di un amato, ma sarebbe difficile stringergli attorno una definizione.

La poesia prova da sempre, come forma meno deperibile del discorso umano, a raccontare e, forse prima ancora, a inventare l’amore, cioè a trovarne la radice.

Non per questo è più saggia, più sagace: sembra talvolta perdersi con la stoltezza dell’amore, smarrirsi con le sue ossessioni, elevarne la follia.

Essa non è più sapiente di chi semplicemente ama: si assume però il privilegio e la sfida di mettere la parola alla prova di questa passione così difficile a sapersi e che si vorrebbe preservata dal nulla, dal declino, dal nostro stesso ondeggiare e mutare.

La vera natura dell’amore è invece caratterizzata dalla ‘relazione all’altro’, dove i partner smettono di impersonare i ruoli sociali e, ricercando la propria autenticità, diventano qualcosa di diverso rispetto a ciò che erano prima di quel legame, si trasformano a vicenda.

In questo modo, l’amore, contrapponendosi ad una vita che appare alienata, caratterizzata da un profondo individualismo, diventa la misura del senso della vita. L’amore diviene così trascendenza, eccedenza, ulteriori, capace di aprire una ferita nell’identità protetta dell’individuo.

Nell’amore non dovrebbe esserci una ricerca di sé, ma dell’altro. L’altro che, ‘se non passa vicino a me come noi passiamo vicino ai muri, mi altera’.

L’amore nasce nel caso in cui l’altro è in grado di spezzare la nostra autonomia, di alterare la nostra identità, squilibrandola nelle sue difese.

L’uomo è un animale sociale e viene trasformato da ogni tipo di relazione, di qualsiasi natura, ma è la relazione amorosa duale la forma più intima della socialità, è essa la macchina del cambiamento per eccellenza, quella che permette al nostro io di trasformarsi, di non essere più quello che eravamo prima.

L’amore di coppia è vulnerabile, e tende a morire rapidamente, innanzitutto perché sono cambiate le priorità: l’io è più importante del noi. Il diritto alla felicità è più forte dei doveri che il vivere in coppia comporta. E se io e noi sono in conflitto, ieri vinceva il noi, oggi vince l’io.

Oggi la libertà, il piacere fisico, la felicità sessuale, la soddisfazione e la gratificazione personale sono più importanti del progetto di coppia e di famiglia con figli.

L’unica certezza è l’Io, in una società dove aumentano esponenzialmente i single, sempre più connessi e sempre più soli, che s’incontrano a volte solo per far sesso.

Il lato oscuro di questa polarizzazione sul piacere fisico è la frustrazione del bisogno di attaccamento e di amore, che attiva un senso profondo, e a volte devastante, di solitudine.

Ne sono spia la crescente depressione, e l’uso crescente di droghe e forme diverse di dipendenza che vanno a surrogare un bisogno profondo di appartenenza, sempre più frustrato.

Oggi la ricerca dell’amore passione, sull’onda di un’attrazione fisica travolgente, è la priorità di chi è giovane e di chi si sente giovane. Ma anche di chi, stufo di una vita piatta, noiosa, prevedibile, frustrata e insoddisfatta, sente e vede l’innamoramento come la più piacevole ‘autoterapia’ antidepressiva.

A basso costo, anche, finché lo sturm und drang emotivo e gli sfaceli familiari che a volte ne conseguono non presentino conti vertiginosi, economici oltre che affettivi.

È cambiato il codice sociale: in società sempre più fluide, la famiglia ha assunto forme ameboidi. Entrare ed uscire da una famiglia è sempre più accettato come ‘normale’.

Ma la rarefazione degli affetti, l’instabilità delle relazioni, il rischio che i figli vengano usati come armi improprie e come proiettili per ferire a fondo il partner separato rendono molto inquieta anche la ‘normalità’ delle separazioni.

Certo, molto dipende dalla qualità delle persone. Viviamo in un’epoca in cui uno ‘sguardo’ è stato sostituito dal ‘visualizzato’ di una storia Instagram; un ‘mi piaci’ si è trasformato in un like ad una foto; un ‘ti amo’ sussurrato all’orecchio della persona amata si è ridotto ad un misero cuore o sticker su WhatsApp.

Quello descritto finora è il mondo del Web 3.0, quello in cui i giovani d’oggi si trovano a vivere relazioni ‘virtuali’. Nonostante l’avvento di Internet e delle piattaforme social abbia apportato notevoli cambiamenti positivi all’interno della nostra società, come ad esempio la riduzione della distanza tra le persone, tanti altri effetti negativi sono scaturiti dallo sviluppo e soprattutto dall’uso che i ragazzi fanno dei social.

Le relazioni 3.0 si riducono a tre elementi: immediatezza, velocità e visibilità. Se prima per conoscere una persona bisognava uscire, avvicinarsi e parlare da vicino, ad oggi la ricerca del partner è notevolmente cambiata.

Facebook, Instagram e gli altri social network sono diventati una vetrina di persone diverse con cui attaccare virtualmente bottone. Difatti, il processo è molto semplice: basta andare a spiare tra i follower dei nostri amici, trovare la persona che sembra più vicina ai nostri canoni estetici, guardare il suo feed e iniziare a seguirla.

I social network fanno sì che nel corso di una frequentazione vengano bruciate completamente le tappe del corteggiamento. Mentre in passato l’unico modo di comunicare con la persona amata era scrivere delle lettere o, successivamente, rubare una chiamata breve ma intensa da una cabina telefonica, ad oggi il pensiero di dover aspettare così tanto tempo per sentirla ci spaventa.

Sentirsi era un evento da attendere con ansia e trepidazione: oggi questa piacevole attesa non esiste più poiché siamo in costante e continuo contatto con WhatsApp e altri mezzi di comunicazione.

Eppure, l’amore si evolve lontano dagli schermi dei telefoni cellulari e dei computer, vive nella vita reale e oggi, fortunatamente, è più libero che mai.

Sicuramente è un sentimento complicato, fatto non solo di baci e abbracci, ma anche di dolore e lacrime. È un sentimento per cui vale la pena intraprendere un viaggio alla scoperta di sé stessi e dell’altro: basta avere il coraggio di mettersi in gioco e scommettere sulla forza dell’amore vero e soprattutto ‘reale’.

L’amore è invisibile, entra ed esce dove vuole senza che nessuno gli chieda cosa stia facendo. 
Miguel de Cervantes 

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Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.