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La festa (oscura) della Repubblica

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La festa (oscura) della Repubblica


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Tra il 2 e il 3 giugno del 1946 l’Italia, ancora dilaniata dal secondo conflitto mondiale, abusata da un ventennio di dittatura fascista, con le gambe spezzate e una economia azzerata, con una trama sociale e culturale da ricostruire, sceglieva, in un mozzafiato referendum sulla forma istituzionale dello Stato, di passare dalla monarchia alla repubblica.

Il passaggio dai Savoia, furono circa 85 anni gli anni del loro regno, alla Repubblica avvenne in un clima di alta tensione, tra polemiche sulla conformità del referendum, insinuazioni di brogli, controversie sulla stampa, ricorsi e contestazioni.

Finalmente la società italiana viveva l’esperienza di libere elezioni a suffragio universale maschile e femminile, seppure in un Paese allora ancora profondamente diviso sulla questione istituzionale.

L’affluenza al voto fu altissima. Nel 1946 gli aventi diritto al voto erano 28 milioni, i votanti furono quasi 25 milioni pari all’89%. I voti validi oltre 23 milioni, di questi oltre 12 milioni, pari al 54%, si espressero a favore della Repubblica, superiore ai 10 milioni, pari al 46%, a favore della monarchia.

La sera del 10 giugno 1946 furono resi noti i risultati del referendum, ma la proclamazione della nuova forma del potere politico istituzionale venne rimandata per analizzare le varie proteste, relative soprattutto alla minima differenza di voti.

In un clima ancora agitato, ai limiti dello scontro civile, il re d’Italia, Umberto II di Savoia, per scongiurare ulteriori spargimenti di sangue tra monarchici e repubblicani, il 13 giugno, decise di lasciare l’Italia e andare in esilio in Portogallo. Il 18 giugno la Corte di Cassazione confermò la vittoria della Repubblica Costituzionale. Pochi giorni dopo, il 28 giugno, veniva eletto il primo Presidente con il titolo di Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, ed iniziarono i lavori dell’Assemblea costituente che, il 22 dicembre 1947 approvò la nuova Costituzione, entrata in vigore il primo gennaio 1948.

L’Assemblea Costituente aveva, per l’appunto, il compito di scrivere la nuova Costituzione e vide l’inizio dei suoi lavori il 25 giugno 1946. All’interno di essa si affermarono tre partiti: la Democrazia Cristiana, con il 35% dei voti, il Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano. Il Partito d’Azione, invece, ebbe solamente l’1.5% dei voti, motivo per il quale decise di sciogliersi.

La Costituzione faceva dell’Italia una Repubblica Parlamentare. Massima carica dello Stato era ed è il Presidente della Repubblica, eletto per via parlamentare, per la durata di sette anni. Ad egli furono affidati ruoli soprattutto simbolici, come rappresentante dell’unità del territorio e capo dell’esercito. Il potere legislativo venne affidato a un parlamento bicamerale suddiviso in Camera dei deputati e Senato della Repubblica, svolgendo i loro ruoli in modo paritario e separato. Per ricordare questo avvenimento, è stata istituita la Festa della Repubblica che cade ogni anno proprio il 2 giugno.

Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.

Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti.

Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l’aiuto della CIA (e in second’ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della CIA, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum.

Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista).
Pier Paolo Pasolini – Corriere della Sera, 14 novembre 1974 

Questa Repubblica è un thriller infinito: mescola paziente suspense, archivi oscuri, corridoi lunghi e immobili, confessioni occulte, morti violente e morti innocenti, istituzioni e autorità deviate, silenzi immensi che ti incollano sempre allo stesso panorama.

Mafia, terrorismo, servizi segreti, politica dei vinti ed economia dei vincitori, lobby che tramano nel buio, testimonianze irrisolte, palazzi che ingoiano vite, esistenze ed eminenze grigie.

Siamo il Paese che, se non l’ha inventato, è stato, quanto meno, uno dei fautori dell’applicazione della strategia della tensione.

L’espressione fu creata dal settimanale britannico The Observer ed apparve per la prima volta in un articolo del giornalista Leslie Finer del 7 dicembre 1969, solo cinque giorni prima della strage di piazza Fontana. Si parlava di una strategia politico – militare degli Stati Uniti d’America, sostenuta dal regime dittatoriale dei colonnelli greci, atta ad indirizzare certi governi democratici di alcune nazioni dell’area mediterranea, attraverso una serie di azioni terroristiche e allo scopo di incoraggiare l’instaurazione di regimi e dittature militari. Un piano volto ad innalzare il livello dello scontro tra le forze sociali, già in atto a quel tempo, con l’obiettivo di imporre una chiara svolta politica reazionaria.

In quel documento che, poi, venne definito il Memoriale di Aldo Moro, scritto durante la prigionia, troviamo scritto:

La cosiddetta strategia della tensione ebbe la finalità, anche se fortunatamente non conseguì il suo obiettivo, di rimettere l’Italia nei binari della “normalità” dopo le vicende del ’68 ed il cosiddetto Autunno caldo. Si può presumere che Paesi associati a vario titolo alla nostra politica e quindi interessati ad un certo indirizzo vi fossero in qualche modo impegnati attraverso i loro servizi d’informazioni.

La storia si ripete senza assoluzioni, il mistero è talmente torbido che nessuno più ha speranze di vedere un fondo dal colore diverso, si annega per sopravvivere, il coraggio è una intenzione, la paura una certezza.

La gente sa e va avanti, apprezza il riscatto breve della persona perbene poi, però, lo svergogna tacciandolo di meschinità e/o di un eroismo inutile. La gente sa e va avanti, convinta che nulla possa mai mutare, assecondando l’odore del sangue della bestia feroce che gira per la Penisola. Assetata, spietata, ha mille volti e mille inganni.

Crede nella Chiesa ma bestemmia Dio, è pio ma infedele, lascia l’elemosina ma corrompe, vede ma ha gli occhi bendati, parla ma solo ai muri, scrive ma poi cancella. Sbrana, aggredisce ogni verità che possa strumentalizzare il popolo, illuderlo che essa possa esistere. Bisogna obbedire tacendo, il popolo deve mettersi in fila e giocarsi il destino a dadi.

Pier Paolo Pasolini sapeva e definì la nostra storia “un romanzo delle stragi”. Sono le trame e i complotti che hanno corroso l’Italia nella seconda metà del Novecento.
Una Nazione che ha visto massacrare vite innocenti e vite cosiddette illustri, asciugandosi le lacrime e il giorno dopo tornare alla normalità, scaricando la tensione nel pallone o al mare.

Come se ci fosse una incessante pratica dell’eversione che ha lasciato sul campo centinaia di vittime, triste primato dell’Italia sugli altri Paesi occidentali, e un intreccio di interessi e segreti disonesti che ha avvelenato a lungo la nostra storia.

Siamo apparsi al soldo di cattivi maestri e di burattinai impresentabili, manovratori occulti da un dietro le quinte con vista panoramica sull’intera Penisola. Dalla strage di Portella della Ginestra al barbaro assassinio di Aldo Moro, dai crimini mafiosi fino alle agenzie e ai servizi oscuri e deviati che hanno maneggiato quella catena dei ricatti e dei misteri che ha ossessivamente influenzato la vita politica e sociale del Paese.

Uno scenario di eventi tragici mai del tutto chiariti, dove le prove sono state sotterrate e manomesse, o semplicemente ignorate grazie alla ragion di Stato o agli interessi di centri di potere oscuro. Una galleria degli orrori, una ferita alla democrazia, profonda e non ancora rimarginata, le cui radici non sono state ancora del tutto estirpate.

Non sappiamo se c’è un filo rosso ed inquietante che lega gli eventi e li renda decifrabili. Non lo sapremo mai e ci troveremo a raccontare ai nostri figli e ai nostri nipoti che il Paese in cui crescono e/o cresceranno ha alle sue spalle una lunga scia di misteri e di terrore, come sopra scritto, unicum nel panorama europeo.

E se potessi arrivare a loro, agli uomini e alle donne che saranno, direi che hanno un dovere e un diritto da espletare, appena saranno consapevoli, ed è quello di scegliere.

Scegliere se vale la pena, vale una vita, vale una storia, vivere in un Paese dove ancora oggi su diversi eventi tragici che l’hanno segnata non abbiamo una verità unica e consolidata, non abbiamo, spesso e volentieri, i colpevoli e, se li abbiamo, sono pure liberi e impuniti.

Un Paese dove la commistione tra delinquenza, poteri occulti e politica non ha nessun freno, dove diamo per scontato che il mondo politico è colluso e corrotto, dove i giudici o sono santi o complottisti, dove c’è chi difende lo Stato per poco più di millecinquecento euro al mese e chi, più in alto, congiura per rispettare le logiche sommesse e trasversali di un disegno governativo mistificatore.

Io non sono stato capace di fuggire da questo orrore, io non sono stato capace di urlare che avevo diritto alla verità, io non sono stato capace di ammettere che il mio silenzio è una colpa senza pentimento, che sono e sarò sempre uno di quelli che sa ma non fa nulla per cambiare, che crede ai suoi limiti, che è e sarà uno dei complici di questa deriva.

Non ho avuto il coraggio di andare oltre e ho rimorsi ma anche collera. Cosa avrei potuto fare se non scontrarmi contro i mille muri di gomma. Mi sono arreso prima dell’impatto. Non è un alibi, non voglio scuse.

Questa Repubblica festeggerà il 2 giugno ma sarà una festa inevitabilmente segnata dal dolore dell’era Covid: una festa misurata, poco di piazza, molto istituzionale e militare, molto ingessata quindi.

Mentre scrivo mi vengono in mente le immagini di solidarietà, di applausi, tricolori che hanno dominato negli ultimi mesi. Un forte senso di fratellanza che ci ha fatto credere negli italiani e nel nostro Paese, aggrappandoci ai medici e alle autorità. Oggi queste immagini stanno cominciando a sbiadire: siamo sempre di meno italiani e sempre più figli di una repubblica oscura.

Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.

Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killers e sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.

Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere.
Pier Paolo Pasolini – Corriere della Sera, 14 novembre 1974 

Va da sé che nessuno dei tanti misteri che ci hanno accompagnato per oltre mezzo secolo ha trovato una risposta autentica. Abbiamo librerie con scaffali a tema, ogni anno vengono messi in stampa libri di inchiesta che hanno la giusta pretesa di individuare, nel mare magnum dell’illusione giornalistica – reportistica, una goccia di verità.

C’è ancora chi cerca di capire cosa è accaduto nonostante questi nostri tempi confusi in cui si parla tanto di nuovo perché si ignora il passato. Possiamo dire che la conseguenza di questi eventi è stata un riflusso nel privato e un rifiuto dell’impegno politico o sociale a favore della collettività.

Abbiamo imparato a concepire la politica come violenza, accettando un interminabile e tragico coro di sottofondo, che, in modo particolare, accompagnò lo stragismo neofascista e gli attentati in serie del “Partito armato”, facendo crescere a dismisura il livello della destabilizzazione e il sentimento di insicurezza psicologica e sociale dei cittadini e delle famiglie italiane.

Oggi noi siamo quello che ci hanno fatto credere, vivere ed illudere. Perché non cadono le complicità, perché l’Italia resta un Paese tragicamente avvolto dal mistero. Possiamo evocare la parola complotto ma sarebbe una parziale verità, lo specchio frantumato che potenzierebbe l’astuzia del “grande vecchio” o “dei palazzi”.

Girano nomi, spesso si riciclano gli stessi nomi, cambia il punto di osservazione e quello di atterraggio, si creano nuove commissioni di inchiesta, nuovi interventi parlamentari, ci si appella alla ragione e all’etica, al riscatto e alla partecipazione collettiva.

Si crede in un nuovo miracolo, si seguono piste che erano state celate in passato, ma resta, inesorabilmente resta, una lunga scia nera che dal Nord al Sud macchia ferocemente il cuore di questo Paese.

Buon compleanno allora, buona festa, oscura Repubblica!

Credo che sia difficile che il “progetto di romanzo” sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile.
Tale verità – lo si sente con assoluta precisione – sta dietro una grande quantità di interventi anche giornalistici e politici: cioè non di immaginazione o di finzione come è per sua natura il mio.
Pier Paolo Pasolini – Corriere della Sera, 14 novembre 1974 

1° maggio 1947: Portella della Ginestra
1949 – 1990: Gladio
Milano 12 dicembre 1969: Piazza Fontana
1970 – 1982: P2
22 luglio 1970: Gioia Tauro
7 dicembre 1970: Il golpe Sorghese
31 maggio 1972: Peteano
Milano, 17 maggio 1973: Strage in questura
Ottobre 1973: La rosa dei venti
Brescia, 28 marzo 1974: Piazza della loggia
San Benedetto Val di Sambro, 4 agosto 1974: L’Italicus
Agosto 1974: Il golpe Sogno
1975 – 1993: La banda della Magliana
16 marzo 1978: Assassinio di Aldo Moro
11 luglio 1979: Delitto di Giorgio Ambrosoli
27 giugno 1980: Ustica
Bologna, 2 agosto 1980: La strage alla stazione
18 giugno 1982: Suicidio (?) di Roberto Calvi
3 settembre 1982: Assassinio di Carlo Alberto dalla Chiesa
22 giugno 1983: Sequestro di Emanuela Orlandi
23 dicembre 1984: La bomba sul Rapido 904
22 marzo 1986: Suicidio (?) di Michele Sindona
Capaci, 23 maggio 1992: Assassinio di Giovanni Falcone
Palermo, 19 luglio 1992: Assassinio di Paolo Borsellino
Roma, 14 maggio 1993: Via Fauro
Firenze, 27 maggio 1993: Via dei Georgofili
Milano, 27 luglio 1993: Via Palestro
Ed altro non menzionato solo per motivi di spazio…

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Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.