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L’Uomo senza Armatura

1943
armatura


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Mi sono chiesto più volte quali fossero i pensieri che il giudice Giovanni Falcone tenesse rinchiusi nella sua mente e di cui sedimentasse l’essenza, dentro di sé.

Giornate e notti intere a scrivere pagine e pagine d’inchieste; ascoltare per ore pentiti, persone informate sui fatti; concentrarsi sulle bobine di intercettazioni per apprendere in che misura il “Male” prendesse forma, si organizzasse e dilagasse indisturbato fra le pieghe della quotidianità.

Sigarette accese, fumate, spente…

Specchiarsi negli occhi del proprio nemico, avendo l’amara consapevolezza che un giorno, vicino o lontano che fosse, la sua vita fisica si sarebbe spezzata, ponendo un sigillo definitivo alla sua opera, ma donando continuità alle sue idee.

L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno… è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa…
Ecco, il coraggio è questo…

Era un uomo, soltanto un uomo e, come tale, certamente aveva paura, timore, ansia: eppure, nel proprio percorso esistenziale, aveva imparato a gestirle e a non lasciarsene condizionare.

È ormai noto dai fatti di cronaca, che il giudice Falcone, fu schernito, chiamato “cretino”, osteggiato dallo stesso “Stato” per il quale combatteva giorno per giorno e da cui è stato lasciato solo, per poi morire disintegrato sull’asfalto cocente siciliano: “Un Uomo senza Armatura”, spinto in avanti dalla sua sola forza di volontà e con il sostegno di pochi, riuscendo a metter luce sul marcio prodotto dalla malavita!

Venticinque anni di commemorazione; un quarto di secolo di memoria, per un uomo che di certo non si reputava un eroe, ma che la propria morte e quella di chi lavorava con lui, ha reso tale.

Il giudice Falcone, al solo fine di continuare il suo lavoro, propose la sua candidatura al CSM, per succedere all’amico collega Antonino Caponnetto, nell’incarico di Capo dell’Ufficio istruzione di Palermo; lo stesso Caponnetto era stato il padre fondatore del pool antimafia; ebbene, quella nomina non gli fu mai conferita dal CSM, che preferì invece Antonino Meli, che

anche se di mafia sapeva poco e nulla, era stato nei campi di concentramento nazisti, in Polonia e in Germania per ben due anni, nell’adempimento del proprio dovere!

Dalla cosiddetta strage di Capaci, avvenuta esattamente 25 anni fa, dalla morte del giudice Rosario Angelo Livatino prima, e dalla strage di via D’Amelio del luglio 1992, dove persero la vita il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta, la malavita organizzata, per quello che emerge dalla cronaca giudiziaria e dalle inchieste in corso, ha assunto nuova forma e grandezza esponenziale.

Ciononostante, esistono ancora uomini che sanno gestire la propria paura, infliggendo alle cosche malavitose duri colpi giudiziari, al solo fine di smantellare ed estinguere questa enorme metastasi cancerosa che cerca in tutti i modi di risucchiare il sostrato sano e positivo della società.

Lo stesso Giordano Bruno, qualche secolo fa affermava:

Chiedere al potere di riformare il potere… è un’ingenuità.

credo che questo principio fosse ben chiaro ai magistrati del passato, così come lo è per quelli del nostro presente che proseguono questa battaglia, in nome di un qualcosa impresso a fuoco dentro la propria coscienza di uomini!

Lo stesso Bruno, nei propri scritti affermava

l’esistenza di infiniti mondi paralleli, e della corrispondenza fra gli stessi.

Mi piace pensare che Falcone, Borsellino, Livatino e tanti altri come loro, nella “nuova forma” che hanno assunto, possano e stiano “istruendo” i nuovi “uomini di legge”, con un “rinnovato senso di Giustizia”, oltre la fisicità materiale dell’immagine di quella “dea bendata, munita di spada e bilancia”.

Anche se le loro opere terrene sono terminate con la propria morte fisica, l’energia spirituale originatasi da questa “trasformazione”, certamente non è cessata, tutt’altro.

E per quanto fossero uomini che in vita non sono stati muniti di un’adeguata “armatura” che li proteggesse e li tutelasse, non è da escludere che siano loro stessi a “forgiarne” altre, per “chi” è “prescelto” a continuare la loro opera e intraprenderne delle altre di egual e maggior valore.

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Autore Antonio Masullo

Antonio Masullo, giornalista pubblicista, avvocato penalista ed esperto in telecomunicazioni, vive e lavora a Napoli. Autore di quattro romanzi, "Solo di passaggio", "Namastè", "Il diario di Alma" e "Shoah - La cintura del Male".