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Immortali

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L’uomo è mortale a causa dei suoi timori e immortale a causa dei suoi desideri.
Pitagora

Con il termine pietra filosofale o pietra dei filosofi, in latino lapis philosophorum, si intende un amuleto della storia dell’alchimia capace di tramutare i metalli in oro, o di generare l’elisir di lunga vita.

L’alchimia è un’antica disciplina divulgata soprattutto durante il Medioevo e il Rinascimento, eredità e approfondimento di un filone sapienziale che nella remota antichità fu trasmessa nelle Università dei Sumeri oltre 3000 anni prima della venuta di Cristo.

Si insegnò nei collegi dell’antico Egitto nelle città di Menfi e di Tebe, nelle scuole e nei seminari ellenici di Ermete Trismegisto, fra gli Esseni del Mar Morto a Qumran, tra i Terapeuti citati da Filone di Alessandria. Sopraggiunse originariamente in Europa tramite la traduzione di testi arabi e lo stesso vocabolo alchimia ha origine dalla lingua araba.

I suoi cultori, detti alchimisti, si consacravano allo studio della natura e il loro approccio amalgamava scienza, spiritualità e superstizione.

Secondo la tradizione, la pietra filosofale è dotata di tre poteri.

Attribuisce al suo proprietario il dono dell’onniscienza, cioè la facoltà di conoscere la risposta a qualsiasi domanda. Ecco spiegato il perché venne chiamata così: filosofo, in greco, significa, per l’appunto, amante della sapienza. Ha una pozione magica che guarisce qualunque malattia e offre l’immortalità. Può mutare i metalli vili, come il piombo e il ferro, in oro. È un processo denominato opera filosofica.

Tra i più celebri cercatori della pietra filosofale si ricordano l’alchimista arabo Geber, il filosofo inglese Ruggero Bacone e il medico svizzero Paracelso.

A partire dal XVII secolo, quando le scienze moderne iniziarono a subentrare all’alchimia, la pietra filosofale venne considerata una leggenda.

Sulla sua scia, il concetto di immortalità ha nel tempo indossato diverse vesti, mantenendo inalterata la sua esigenza: desiderio o ambizione alla sopravvivenza. Essere eterni per annientare la morte, sconfiggere il tempo, annullare ogni distanza tra passato, presente e futuro.

Perché, alla fine, tutti vogliono o hanno la strenua pretesa di preservare se stessi dalla distruzione e resistere alle avversità, ma il sogno di non terminare la propria vita – in taluni casi l’ossessione – è una delle peculiarità che, verosimilmente, fluiscono dalla coscienza di sé e dallo stesso essere umani.

In ogni periodo storico che si rispetti, questo assurdo desiderio è stato affrontato, manifestato nelle forme più svariate, palesandosi in credenze che si sono ripartite il corpo e lo spirito.

Scrisse Platone nel Fedro:

L’anima di un uomo è immortale e incorruttibile

In questa semplice ma realistica affermazione, esente da ogni dimostrabilità per costruzione, si è consolidata ostinatamente tale tradizione.

Crediamo, è il caso di dirlo, che l’immortalità sia il più significativo concetto di sopravvivere all’infinito senza combattere la morte oppure oltrepassandola. Indica il poter provare qualsiasi tipo di esperienza senza la paura del trapasso e il condurre la propria esistenza senza essere schiavi del timore della dipartita.

Fin dall’antichità, l’uomo ha costantemente pensato a vita e morte come facce della stessa medaglia. L’incognita è un sogno, la certezza che nessuno è eterno è la sua condanna al risveglio. La morte corporale, infatti, non si può negare o disilludere; non resta che ipotizzare l’esistenza di una realtà superiore, un mondo altrove e complementare, in cui all’anima sia stabilito e donato il privilegio dell’immortalità.

La possibilità che l’anima potesse sopravvivere al corpo nell’eternità ha da sempre stimolato il pensiero filosofico occidentale ed è stata appunto oggetto di riflessione di pensatori, intellettuali, scienziati, influenzando anche l’opera di scrittori e poeti italiani e stranieri.

I primi tentativi di documentazione filosofica intransigente dell’immortalità dell’anima si rinvengono in Platone: l’anima, proprio perché non è composta di materia, può considerare il mondo delle Idee ed è esistita prima che prendesse alloggio in un corpo.

La dottrina della reminiscenza rivela che essa sia capace di esistere senza il corpo, il quale le è più di intralcio che di aiuto nella ricerca della verità che deve rincorrere sola con se stessa.

Nella ‘Critica della ragion pratica’, 1788, Kant delinea la riflessione più completa e programmata riguardo l’immortalità. La ragione nel suo uso pratico fa ineluttabilmente invocare l’immortalità dell’anima perché, senza di essa, sarebbe inimmaginabile quel progresso morale indistinto che comunque l’uomo deve esporre come scopo principale del suo agire.

Deve essere pensata con un atto di fede razionale pratica, non essendo agguantabile in nessun momento del tempo, per la volontà umana, quella sacralità assoluta e immutabile che è propria della volontà divina. Essa ha necessità di proseguire a sforzarsi per perfezionarsi nell’indefinito del tempo futuro.

Arrivando rapidamente ai nostri giorni, José Luis Cordeiro, uno dei co-fondatori di Symbian, il sistema operativo mobile adottato dal 73% dei telefonini, afferma

La morte è un problema tecnico, e avrà una soluzione tecnica.

Per chi concorda con questo pensiero, in futuro saremo in grado di riparare e sostituire parti del corpo, rigenerare tessuti e persino ricostruire l’intero cervello. La chiave dell’immortalità sta nell’invertire il processo di invecchiamento, che per lo scienziato è semplicemente una malattia.

Del resto, basti pensare che tra il 1800 e il 2000, l’aspettativa di vita è aumentata da circa 30 anni, arrivando ad una media globale di 67 anni e in alcuni Paesi a più di 75 anni.

L’obiettivo è evidente, anche se per il momento non agevolmente raggiungibile; la dimostrazione che, alla fine, il processo di decadimento e la conseguente scomparsa risultano da un insieme di meccanismi molecolari non potrebbe essere più luminoso.

A tal proposito, infatti, vari gruppi di ricerca stanno sviluppando, per ora con gli animali, diversi sistemi di sovrapporsi in maniera precisa con differenti meccanismi, come comprovano anche altri recentissimi studi sui topi, dove si sono raggiunti risultati interessanti.

Fermare il processo di invecchiamento sarebbe una semplice questione di ingegneria. Un po’ come per la specificità tecnologica e l’intelligenza artificiale, anche qui c’è un punto di non ritorno: è la supposta velocità di fuga della longevità, una situazione in cui l’aspettativa di vita migliora ad un ritmo più rapido della vecchiaia.

E l’intelligenza artificiale ci viene in supporto: in un ulteriore sviluppo, sono state generate alcune interfacce cervello – macchina, integrando dei sensori sulle protesi controllate dall’encefalo, i quali, connessi a loro volta a quest’organo, riescono a riprodurre sensazioni tattili, cutanee e di propriocezione.

Così, un cervello umano può sia comandare una macchina, che ricevere informazioni sensoriali dalla stessa ed elaborarle come farebbe con una parte del corpo.

Dove c’è longevità, dove c’è possibilità di vita eterna ci sono i ricchi ovvero i magnati e le loro mega Company, quelle aziende hi-tech che stanno da decenni rivoluzionando il mondo.

Per intenderci, due anni fa il fondatore di Amazon Jeff Bezos ha creato Altos Labs, una start up con l’obiettivo di allungare la vita umana; nel 2016 Mark Zuckerberg ha comunicato un piano da 3 miliardi di dollari per eliminare tutte le malattie entro il 2100. Nel 2013, Google ha creato la sua filiale di ricerca biomedica, Calico, California Life Company.

Siamo tutti in fila, tutti con la stessa speranza, che la morte diventi facoltativa e l’invecchiamento una malattia curabile.

Lo immaginate un mondo fatto di zombie eterni e inappuntabili che, come Dorian Gray ma meno tenebrosi, si muovono in attesa che tutto ogni giorno sia eterno? Senza avere neanche per un attimo la paura di dirsi addio.

L’immortalità potrebbe essere un incubo, una sospensione tra la noia e l’arrendevole bisogno di lasciarsi alle spalle una vita. Magari, come pensò Platone siamo solo nell’onirico mondo delle Idee.

Io ho ritenuto e ritengo che le anime siano immortali…

I Cattolici insegnano che non passano da un corpo in un altro, ma vanno in Paradiso, nel Purgatorio o nell’Inferno.

Ma io ho ragionato profondamente e, parlando da filosofo, poiché l’anima non si trova senza corpo e tuttavia non è corpo, può essere in un corpo o in un altro, o passare da un corpo all’altro. Questo, se anche può non esser vero, è almeno verosimile, secondo l’opinione di Pitagora.
Giordano Bruno 

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Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.