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Il finestrino appannato

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È abbastanza diffusa, non solo negli ambienti consoni e di competenza, l’idea che la psicologia e le neuroscienze affermino che le emozioni positive sono fondamentali per le persone, per il loro benessere e per la loro evoluzione.

Da un lato contribuiscono infatti alla nostra felicità, promuovendo sensazioni di piacevolezza, dall’altro portano a vedere il mondo attraverso lenti, che evidenziano le possibilità, predispongono al cambiamento e alimentano la resilienza nei confronti di situazioni stressanti.

Dal marzo 2020 sotto effetto pandemico, sono nate diverse e nuove consapevolezze che hanno determinato, però, un assetto peggiorativo delle nostre emozioni e nella nostra anima.

Non è burnout, non è depressione, non è una mancanza di speranza. Semplicemente è l’assenza di gioia e di uno scopo.

Secondo il New York Times, l’emozione che ha contraddistinto il 2021 ha un nome: si chiama “languishing”, che, tradotto in italiano, suona più o meno come “languire”.

È un senso di stagnazione e di vuoto. Ti senti come se ti stessi confondendo tra i giorni, come se guardassi la tua vita da un finestrino appannato

scrive l’autore dell’articolo, Adam Grant, psicologo alla University of Pennsylvania e autore del libro ‘Think Again: The Power of Knowing What You Don’t Know’.

Una condizione in cui non è presente una stabile compromissione del funzionamento psichico, ma si avverte malessere, senso di stagnazione e vuoto, che rende più difficile la piena e soddisfacente partecipazione alla vita sociale, culturale, lavorativa.

È l’assenza di benessere. Non hai sintomi di disagi psichici, ma non neanche sei il ritratto della salute mentale. Non funzioni al massimo delle tue capacità.

Il ‘languishing’ spegne la tua motivazione e distrugge la tua capacità di concentrarti

aggiunge.

Il termine è stato coniato da un sociologo, Corey Keyes, colpito da quante persone non depresse non stessero comunque prosperando. La sua ricerca rivela che gli individui che tra dieci anni soffriranno di depressione e disturbi d’ansia non sono quelli che stanno sperimentando questi sintomi oggi. Sono quelli che oggi stanno ‘languendo’.

Ma qual è il pericolo insito in questo status emozionale? Secondo lo psicologo, è l’inconsapevolezza. Non riesci a percepire te stesso scivolare lentamente nella solitudine. Sei indifferente alla tua indifferenza. E quando non riesci a capire che stai soffrendo, non puoi cercare aiuto né fare molto per aiutare te stesso. Nessuno è immune dal languishing tanto è vero che sono stati identificati dei fattori protettivi e dei fattori predisponenti.

Secondo uno studio, le persone più abili nella gestione dello stress sarebbero meno inclini a ‘languire’, in quanto meno predisposte a farsi sopraffare dagli eventi. Al contrario, soggetti con predisposizione genetica a patologie psichiatriche, o con pregressi disturbi d’ansia o depressione, sarebbero più inclini a sviluppare tale stato emotivi.

Anche i soggetti particolarmente estroversi potrebbero incorrere in questa emozione, in quanto potrebbero risentire particolarmente delle restrizioni e all’assenza di socialità dovute alla pandemia. Molto stanno facendo, infatti, gli scienziati e i medici per curare i sintomi fisici del long Covid.

Nel frattempo, però tanti soggetti si trovano a fare i conti con le ripercussioni psicologiche. Queste possono colpire duramente e a sorpresa, proprio mentre la paura dello scorso anno si solleva.

Un antidoto al ‘languishing’ però c’è. Prima di tutto, è necessario dare un nome a questa emozione, capire che non siamo soli, ma che, al contrario, è un qualcosa che in molti stanno sperimentando.

Il NYT ricorda che la scorsa estate la giornalista Daphne K Lee ha twittato un’espressione usata in Cina che potrebbe tradursi con il “rimandare l’andare al letto per vendetta”.

Sembra che fosse costume comune rimanere svegli a lungo durante la notte reclamando la libertà persa durante il giorno. Un comportamento che rivela una voglia di riprendere il controllo. Tanti lo stavano sperimentando e allora tanto valeva dargli un nome.

Lo stesso bisognerebbe fare per il ‘languishing’. In inglese, c’è la parola ‘flow’, ‘flusso/fluire’, che potrebbe essere proprio l’arma giusta contro l’emozione del 2021. Con questo termine si intende quello stato di abbandono piacevole che proviamo quando siamo completamente assorbiti da qualcosa, quel momento in cui perdiamo la cognizione del tempo, dello spazio. Può essere un progetto a cui teniamo molto o una serie TV su Netflix: entrambi possono avere quel magico potere di trasportarci via. E di salvarci, seppure per un momento, dalla negatività.

L’ultimo avvertimento è quello di fare attenzione a dedicare a noi stessi un tempo non frammentato. La pandemia da COVID-19 rappresenta certamente una sfida per ciascuno di noi e ci richiede di ripensare tempi, spazi e priorità della nostra vita; stare a casa a lungo può non essere facile, può però anche rappresentare un’occasione preziosa per prendersi cura del proprio stile di vita, introducendo qualche cambiamento che, con il tempo, si trasformerà in una buona abitudine. Essa ci ha costretti a cambiare mansione ogni dieci minuti, passando dal nostro lavoro ai nostri figli alla cura della casa in un batter d’occhio. Tutto questo favorisce il ‘languishing’.

Siamo noi ad avere il potere di dargli il colpo di grazia. Ma per farlo non possiamo ignorare la sua esistenza. Non esistono solo le malattie fisiche, ma anche quelle mentali. E questo è un qualcosa che, mentre ci accingiamo a vivere l’epoca postpandemica, dobbiamo assolutamente ricordare.

Se non hai la depressione, non vuol dire che tu non stia soffrendo. Se non hai il burn out non vuol dire che tu non sia esaurito

conclude Grant.

Sapendo che molti di noi stanno ‘languendo’, possiamo finalmente iniziare a dare una voce a questa sommessa disperazione. Per esempio, anche nel campo lavorativo: si intuisce facilmente che non avere chiaro cosa ci si aspetta da noi disorienta, non poter contribuire alla costruzione di un scopo condiviso demoralizza, non avere obiettivi personali toglie energia.

Al contrario, mettersi in gioco nel perseguire obiettivi sfidanti, uscire dalla propria zona di comfort e andare oltre le routine aumenta l’energia, il senso di padronanza delle esperienze e la fiducia in sé. Il lavoro è il campo da gioco in cui poter esprimere la propria ambizione, è il contesto in cui le persone hanno delle finalità da perseguire, in cui posso godere dei loro successi, allontanando questo languore e provando a mettersi in gioco.

Opposto al languishing c’è il flourishing: uno stato di prosperità e rinascita. Le radici di questi concetti affondano nella psicologia positiva. Chiaramente sono due processi agli estremi di un continuum. Non bisogna pensare che individui dotati di flourishing, che esercitano le abilità ad esse legate, non possano trovarsi nuovamente in uno stato di tristezza e, come la pandemia ci ha mostrato, tanti fattori di cui non abbiamo il controllo possono contribuire a questo stato.

Un individuo che sta bene e che è felice è infatti una persona che funziona meglio, che ha energia, che sa trasmetterla, che ha maggiori risorse per sé e da offrire agli altri. Per questo ci piace tanto l’espressione flourishing, che rimanda alla fioritura e allo sbocciare.

E noi lo traduciamo in benessere e cioè ‘essere bene’, di valore, pregio, dignità, che va oltre il concetto di piacere o soddisfazione, rimandando all’espressione piena di sé e delle proprie potenzialità, trasformando la tensione, la fatica e la frustrazione in stimoli trasformativi.

In questo momento di paura intorpidita e di numeri di contagiati che crescono, serve fare ancora appello alla nostra più intima e primitiva forza interiore affinché le energie positive emergano e vincano quell’abisso che ci portiamo dentro atavicamente. Rinascita è sapere cadere senza smettere mai di credere che ci si possa rialzare e affrontare il nuovo giorno.

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Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.