Home Rubriche Menorah Il Bene e il Male

Il Bene e il Male

1846
Il Bene e il Male


Download PDF

La tesi aristotelica che

chi per sua natura è in grado d’intendere un principio, può altrettanto naturalmente conoscere le conclusioni inclusive in quel principio

ci riporta alle verità universalissime che l’intelletto scopre, riflettendo sul concetto di “Essere”.

Principio di Non contraddizione:

Niente può insieme Essere e non Essere.

Principio di Identità:

Ogni cosa è uguale a se stessa.

Principio del terzo escluso:

Ogni cosa o è o non è.

Rientra tra i dogmi di Fede la dottrina che l’uomo, anche dopo la caduta di Adamo, è fornito di Libero Arbitrio; l’opposto, quindi, è l’orribile eresia.
Egli, dunque, ha in suo potere gli atti volontari, potendo con essi tendere o meno agli oggetti conosciuti o anche respingerli.

La questione è dove ha origine l’indifferenza dominatrice per la quale possa seguire o evitare l’oggetto presentatogli.

Gli animali bruti, proprio perché guidati dall’istinto naturale, non godono di alcuna libertà.

L’individuo, invece, agisce in forza del giudizio perché, mediante la forza conoscitiva, decide che una cosa deve essere fuggita o cercata.

Agire o non agire sono termini contradditori tra i quali la volontà è chiamata spesso a scegliere.

In Dio la libertà è infinita, nell’uomo, invece, è limitata dalla necessità, dal peccato, dalla miseria.

Una delle questioni più trattate dal Medioevo in poi è stata quella oggetto della ‘Distica 44’ del Maestro Pietro Lombardo:

Dio avrebbe potuto fare le cose meglio di come le ha fatte?

Giovanni Duns Scoto, invece, pone la seguente questione:

Dio avrebbe potuto fare le cose diversamente da come le ha fatte?

Dio è libero e, dunque, sceglie liberamente il mondo che più gli aggrada per i suoi fini reconditi. Perché se Dio è bene, come fa a non volere tutto il bene che può essere voluto?

Come fa la volontà divina a non scegliere il Bene maggiore e, quindi, il mondo migliore?

Actus Humanus è quello compiuto con deliberazione e cioè è un atto libero; l’Actus Hominis è quello che si realizza in noi indipendentemente dalla nostra volontà.

La nozione di Bene costituisce l’oggetto principale della morale; in sostanza è ciò che questa ci comanda, mentre il Male è ciò che essa ci proibisce, ovvero il Non Bene.

Ma che cos’è la Morale? È una scelta dei criteri di comportamenti e una determinazione di valori e, nell’antichità, era uno dei temi dominanti della Sofistica, in cui le vecchie massime ancorate ad una prescrizione divina e dalla tradizione, perdevano valore nella loro assolutezza.

Le regole di condotta erano imposte dai reggitori della città per garantire ed assicurare un ordine nella convivenza. La sanzione divina nel disobbedire è stata inventata per contenere le spinte alla trasgressione.

Tutte le norme e le leggi sono imposizioni o convenzioni di origine umana e contro la legge c’è solo la natura, alla quale il saggio è tenuto ad obbedire.
L’Uomo è la misura di tutte le cose anche sul piano dei valori ed il Bene coincide con quello che ciascuno di noi considera come desiderabile.

A questo soggettivismo si oppone Socrate con la sua fede critica nell’esistenza dei valori universali ed estrapola

il Bene in sé ed il Giusto in sé.

L’uomo che ha conosciuto questi valori assoluti non fa altro che conformarsi ad essi con i suoi comportamenti, perché per Socrate

chi fa il Male, lo fa per ignoranza, perché nessuno pecca di sua volontà.

Il rifiuto del relativismo morale è la fondamentale eredità del filosofo greco e Platone e Aristotele, insieme con la conoscenza della identificazione del Bene e della verità, fanno di questi elementi la loro bandiera.

Se per Platone la morale è sospesa fra l’ideale della pura visione intellettuale, come vertice della vita etica, e la razionalità, come forza equilibratrice degli impulsi umani, per Aristotele le virtù etiche si distinguono da quelle puramente intellettive, che concernono la ragione, in quanto principi di conoscenza di ciò che ci è necessario.

La ragione regola, così, il comportamento degli uomini, determinando, caso per caso, il giusto mezzo, che costituisce la misura della condotta virtuosa.
La rivoluzione del Cristianesimo, rispetto alla morale classica incentrata nella ricerca della felicità individuale, ha il suo motivo fondamentale nell’Amore, come valore assoluto e primario.

Da Sant’Agostino in poi, il problema della compatibilità fra Onnipotenza divina e Libero Arbitrio umano è fonte di inesauribili controversie, Dio non vuole il Bene, ma il Bene è ciò che vuole Dio.

Nel Rinascimento riaffiorano alcuni temi che vengono rivissuti dalla morale classica e cristiana. Sul piano della condotta emergono i valori mondani, la famiglia, la città, gli affari, mentre Giordano Bruno esalta l’operosità creatrice come più vicina a Dio invece che dell’immobilismo della contemplazione.

Più tardi si sviluppa la tendenze a cercare la fondazione di sé nella natura umana e non nella garanzia della trascendenza religiosa.

Da Rousseau, definito da Kant il Newton del mondo moderno, deriva l’esigenza di una morale che si sottrae alla garanzia precaria del sentimento e si fonda, invece, sull’autonomia della volontà e sull’assolutezza incondizionata della legge.

Nietzsche, nel rovesciare la morale cristiana, accetta l’integrale natura terrestre dell’uomo e costituisce, ancora oggi, motivo di ripensamenti rigorosi e verifiche radicali.

In definitiva, un sommario così rapido ci dice che ci sono esempi dell’antitesi nella fondazione della morale: ascetiche ed edonistiche, della ragione del sentimento, utilitaristiche e altruistiche, della salvezza individuale e della responsabilità.

Secondo la filosofia analitica moderna è solo una questione di preferenze soggettive, delle quali non può essere operata un’elaborazione razionale.

La Morale, oggi, ci viene proposta come una “Tecnica della condotta” nella realizzazione dei diversi tipi e gruppi sociali. Il moralismo le assegna una posizione di privilegio, nel principio esplicativo di tutto il reale.

In sintesi, non è possibile pensare alla Morale senza includere il Bene: per Platone il Bene supremo consiste nell’essere se stesso, nel mondo delle Idee e della Ragione, mentre per Epicuro sta nella serena felicità raggiunta dal saggio; per Plotino nella mistica fusione con Dio, per Cartesio è posto nella Verità e nella Libertà, per Spinoza nella beatitudine della conoscenza totale.

In realtà, le idee di Bene, che si considerano immutabili ed eterne, si evolvono secondo le epoche e le Società, quindi tali nozioni progrediscono e si costituiscono giorno per giorno, in concomitanza di ogni forma di progresso umano.

Il Male è il contrario del Bene.

Il Male è cosa contraria alla legge morale, alla giustizia, alla probità e come ci ricorda Leopardi nelle ‘Operette morali’:

… gl’infelici hanno ferma opinione che eglino sarebbero felicissimi quando si riavessero dei propri mali…

Filosoficamente parlando, dell’esistenza del Male sono state date molte soluzioni nel corso della storia, riconducibili a tre schemi fondamentali:
il Male non è reale;
il Male è reale e deriva da un principio metafisico;
il Male si identifica col giudizio negativo del Bene.

La prima è un’implicazione necessaria di tutte le concezioni del mondo che fanno coincidere l’esistente con il positivo, l’essere con il valore.

Plotino sostiene:

Il Male è non essere e la Materia è male in quanto è assoluta deficienza di essere.

La Filosofia cristiana attribuisce alla materia, creata da Dio, la parte di positività che le spetta, senza conferire al Male un’esistenza sostanziale, in posizione antagonista rispetto al Bene: il Male è la privazione dell’Essere, ci ricorda Sant’Agostino, contro Zarathustra, secondo il quale il Male è la manifestazione di un Anti-Dio, Ahirman.

Il Male è soggettivo e, inoltre, si può parlare di piacevole e del suo opposto: un’esplosione atomica è male solo nella misura in cui si distrugge una realtà positiva, quale lo sviluppo della vita, la creatività, il progresso civile; senza questo riferimento preciso, quindi, ogni qualificazione sarebbe priva di senso!

Ogni persona che si muove alla ricerca della verità, rimane scossa dalla diversità dei sistemi filosofici e dal carattere storico dei problemi particolari che ogni filosofo ha cercato di risolvere.

La filosofia rimane figlia del suo tempo, per le sue preoccupazioni, le sue esperienze e per il suo contenuto dei problemi che esso pone.

Tuttavia, lo scopo di ogni ricerca filosofica è quello di scoprire una verità universale ed extratemporale valida per tutti gli individui in tutti i tempi.

La condizione umana possiede, senz’ombra di dubbio, degli aspetti immutabili; l’uomo si trova di fronte i problemi universali della morte, dell’amore, della conoscenza di sé, della giustizia, della Morale.

Per questo i Dialoghi di Platone sono sempre attuali, come attuale è l’interrogativo di Cartesio:

Soltanto l’intelletto può percepire la verità?

La sua geometria ci illustra la risoluzione di questo interrogativo attraverso l’evidenza, l’analisi, la sintesi e l’enumerazione.

Il fondamento della Morale è lo studio delle leggi che regolano il rapporto tra l’Anima e il Corpo, dal momento che sono le passioni, la cui origine è corporea, a rendono felici o infelici. La loro conoscenza permette di dominarle e di distinguere il Vero Bene dal Falso Bene e quindi dal Male.

La Virtù fondamentale è perciò essenzialmente intellettuale, la grandezza d’animo, che consente un’esatta valutazione di sé. Si agisce moralmente non subordinando ad un fine le proprie azioni: l’imperativo morale, perciò, comanda quello che noi possiamo volere, senza contraddirci, in modo che la massima secondo cui agiamo sia una universale.

D’altra parte, non avrebbe senso ammettere tale imperativo senza chiedere, con insistenza, la libertà assoluta, l’immortalità dell’anima e l’esistenza di un dio giusto.

Hegel, concludendo il suo discorso inaugurale all’Università di Heidelberg il 28 ottobre del 1816 afferma:

La prima condizione della filosofia è infatti il coraggio della verità, la fede nella potenza dello spirito.

L’uomo dal momento che è spirito, può e deve ritenersi degno delle cose più alte, ne può mai stimare a sufficienza la grandezza e la potenza del suo spirito; e a chi possiede questa fede, nulla sarà così aspro e refrattario da non svelarglisi.

L’essenza dell’universo gli si deve schiudere innanzi e deve offrirgli davanti agli occhi e fargli godere la sua ricchezza e la profondità: il Bene!

Print Friendly, PDF & Email

Autore Rosmunda Cristiano

Mi chiamo Rosmunda. Vivo la Vita con Passione. Ho un difetto: sono un Libero Pensatore. Ho un pregio: sono un Libero Pensatore.