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Benino e la meraviglia – Seconda e ultima parte

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Benino - ph Massimo Frenda
Benino - ph Massimo Frenda


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L’albero di Natale è bello solo quando è finito e quando si possono accendere le luci, il presepe invece no, il presepe è bello quando lo fai o addirittura quando lo pensi.
Luciano De Crescenzo

Lo scrivevamo la scorsa settimana: il presepe, soprattutto quello napoletano, è un’opera d’arte che rivela “un’arte” ben più profonda e meticolosa di quella afferrabile mediante fugaci e superficiali occhiate.

È vita ma rappresenta anche la morte: difatti, le interpretazioni magiche del presepio napoletano perseverano anche nel legame con un rituale del culto dei morti, che la nascita miracolosa comunque esorcizza.

Tutte quelle stradine e quelle scalette che conducono pastori e popolani dallo scoglio o da un masso verso la grotta santa, sono in discesa: verso un abisso, ove, alla fine del groviglio dei vicoli, si porrà l’alternativa dell’elevazione o della condanna, dei piaceri sensuali o della redenzione.

La vediamo la strada del presepio che attraversa villaggi dinamici di artigiani e venditori, piazze occupate da carretti di frutta, di pesce, di formaggi; nel mezzo dell’abitato non è infrequente trovare, mescolati, gli attori di altra mitologia profana: Pulcinella, la Vecchia del Carnevale, il Turco Napoletano, o’ Pazzariello, la Zingara…

Vi sono almeno 72 elementi fondamentali del presepe popolare napoletano. Tutta la rappresentazione è misterica e vi sono due aspetti fondamentali a sottolinearlo: il tempo sospeso e l’ambientazione notturna.

E da Benino in poi, quindi, il percorso del presepe si fa sempre più somigliante ad un labirinto. Sfocia e si rileva una significante comparazione onirica con i novanta numeri della Smorfia napoletana che coincidono con gli elementi e con i personaggi presepiali, assumendo un carattere positivo o negativo e, quindi, agevolando o penalizzando il giocatore.

Ecco che una lettura attenta e comparata di tali segni permette di approfondire meglio i significati importanti degli elementi presepiali; per cui, relativamente alla cabala napoletana, ritroviamo, ad esempio, il pozzo, la fontana, il ponte, il mulino, il pesce o il laghetto, lo scoglio o l’antro e ancora altro.

Misteri in un mistero che si dipana in mille e mille interpretazioni, che ogni culto si appropria e, contemporaneamente, elargisce. Nascono visioni e canti, poesie e dipinti che tessono la stessa tela di un’immensa trama universale.

Nel canto ‘Quanno nascette Ninno’, attribuito ad Alfonso Maria de’ Liguori, si ritrovano moltissimi elementi misterici, immersi in una pietà davvero commovente. Eppure, apparentemente qualcosa ci sfugge: proprio Benino ci porterebbe a pensare ad un pastore che si oblia, che dimentico della vita che gli sta intorno, non avverte quel brulichio di voci e non sente nulla e niente vede.

Indifferente al messaggio degli angeli e all’evento che cambierà per sempre la storia dell’umanità. Egli sembra non accorgersi che la salvezza è in quel piccolo mucchio di ossa e carne che divamperà, a breve, in una grotta fredda e senza luci. Ma non è così e lo abbiamo capito.

Da Benino si origina il presepe che vive attraverso il suo incantato sognare. Egli ha un sonno profondamente iniziatico, la sua è un’evoluzione verso una realtà migliore che riguarda anche l’anima.

È l’uomo che nella sua interiorità intraprende il viaggio nel presepe, che significa incamminarsi per una via “misterica” e compiere una “discesa” verso un mondo pieno di significati arcani e misteriosi. Il cammino da lui intrapreso comincia, pertanto, in rapporto all’assimilazione dei ritmi annuali e cosmici. Solo attraverso questa assimilazione è possibile orientarsi nella ricerca del Verbo e della verità, che sia essa religiosa o spirituale.

Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,
tant’era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai
Dante Alighieri – Divina Commedia

E il viaggio iniziatico è un viaggio di purificazione durante il quale ci si deve liberare delle parti più negative del sé. L’impulso negativo si presenta, come forza autonoma, sotto le sembianze di un animale terribile. L’iniziato deve impegnare una dura lotta con questa forza antagonista che tende ad uccidere la sua anima.

Il suo scopo non è tanto uccidere la bestia, piuttosto sottometterla, nell’impresa di farle girare la testa, al fine di volgere a proprio favore tutta la forza negativa dalla quale inizialmente era stato bloccato, e giungere così ad incontrare la propria controparte luminosa, la sua stella, ergo la sua rinascita.

Benino dorme e dormire, ovviamente, significa anche sognare. Magari è il sogno del sogno stesso, ovvero lo stesso presepe che si è addormentato nella sua pienezza, tant’è vero che il pastorello è messo in una posizione defilata, distante dal centro. Da capire allora se stiamo parlando di semplice trasformazione o, addirittura, di un atto di creazione pura.

Un Benino che crea la sua vita e quelle degli altri: genera e rigenera, attraversando un sonno che è protezione, che non ha età e, quindi, è sempre giovane. Cos’è la gioventù, allora, se non il simbolo dell’inconsapevolezza, quel senso di incoscienza che potrebbe far perdere al pastorello un evento basilare per la storia dell’umanità stessa, a costo di mettere a rischio la sua vita?

Benino appartiene alla tradizione arcaica pastorale, con riferimento alla ‘Bucolica’ del Mago Virgilio. In essa si racconta un nuovo mondo permeato di pace dovuta alla nascita di un bambino che cambierà il mondo.

Ricordiamo che proprio a Napoli tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500, Iacopo Sannazzaro scrive il poema ‘Arcadia’, dal nome della regione greca che lo stesso Virgilio faceva coincidere come luogo di cultura pastorale. In quest’opera il protagonista è un pastore il cui nome è Sincero: egli, successivamente ad un incubo, prende la decisione di tornare a Napoli, dove continuerà a vivere in un ambiente agreste.

A pensarci, è lo specchio del nostro presepe. Proprio il movimento letterario influenzato dall’opera del Sannazzaro, ovvero l’Arcadia, sceglierà come suo protettore la figura di Cristo e identificherà nel flauto del dio Pan il suo simbolo. Pan, divinità dei pastori, che si associa facilmente al nostro pastore dormiente.

Inoltre, per alcuni studiosi questa figura ha una peculiare corrispondenza con l’Anapesson, icona estranea alla tradizione cattolica latina, ma molto cara a quella ortodossa, ancora riprodotta ai giorni nostri e legata al mistero pasquale.

Si tratta di una rappresentazione di Gesù bambino reclinato sul fianco destro e come addormentato, ma con gli occhi aperti. Al suo fianco vi sono due angeli in preghiera o recanti gli strumenti della passione, che sono presenti nel presepe popolare napoletano, in modo nascosto.

Per alcuni addirittura sarebbe una prefigurazione della Passione: si ispira e ricorda le considerazioni di qualche bestiario medioevale sul leone, notoriamente simbolo del Messia, secondo cui

il leone dorme con gli occhi aperti e, uscito dal ventre materno morto, viene portato alla vita dal padre in tre giorni.

E tornando alla meraviglia va detto che la sua bellezza è tutta nell’innescare certi meccanismi di attivazione di nuovi sguardi e differenti sensibilità, scoprendo, per la prima volta, un luogo oppure rivedendolo con occhi diversi tramite il mezzo dell’anima. Così prende vita un percorso contemplativo e profondo, in un connubio tra passato e presente, tra sedimentazione di memorie e contemporaneità, in grado di tessere dei dialoghi profondi e significativi tra due entità distanti ma unite dal comune senso di meraviglia che ci proietta in un futuro incerto ma comunque da vivere con stupore.

Ognuno di noi è Benino o, quanto meno, dovrebbe appropriarsi di questo ruolo: per sognare e per attraversare nella sua notte evolutiva ogni fase che lo porti alla rinascita, in un percorso continuo di luce che ogni iniziazione pretende. Solo così potremmo tornare ad affermare che va tutto bene e smetterla di digrignare malamente che le cose vanno benino.

Auguri per un sereno 2023 a tutti.

… Mentre sognavo d’un tratto si apre il cielo
piove argento e oro il mondo era tutto un tesoro
I fiori erano pietre preziose dai fiumi scorre l’argento
dalle viti pendevano grappoli di brillanti topazi e rubini
E mentre guardavo estasiato vedo apparire una luce sorge dalla grotta di Betlemme grande come cento soli…
Il sogno di Benino

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Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.