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Una villa e la sua signora, Ippolita Maria Sforza e la Duchesca

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Torre della Duchesca a Napoli


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Una torre, in una viuzza laterale di via Cesare Rosaroll a Napoli, unico baluardo sopravvissuto delle vecchie mura angioine, e un’attigua, immensa e fantastica villa di antichi fasti denominata La Duchesca, di cui non è pervenuta a noi neanche un’immagine iconografica.

Siamo in quello sterminato triangolo che da Porta Capuana, passando per l’omonimo Castello, si intrufola in una serie di meandri che, sfiorando piazza Garibaldi, attraversa tutta la Maddalena fino alla chiesa di San Pietro ad Haram.

Non una semplice costruzione, ma un edificio davvero maestoso, immerso in uno straordinario parco esotico, pieno di fontane zampillanti, giochi d’acqua e terrazzamenti, soprannominato il Giardino delle Ninfe, in perfetto stile rinascimentale, rispettando in tutto la proporzione aurea.

Torre della Duchesca a Napoli

Ferdinando I d’Aragona, detto Ferrante, figlio di Alfonso I, re illuminato e lungimirante, per assicurarsi una pace duratura pensò di combinare il matrimonio tra suo figlio Alfonso e la discendente diretta del Duca di Milano Francesco Sforza, Ippolita Maria.

Nella seconda metà del 1400, per fortificare Napoli, si iniziarono una serie di opere, tra cui l’edificazione di mura possenti e di un enorme varco, denominato Porta Capuana, che dava l’accesso in città a tutti coloro che provenivano dai possedimenti ad Est.

Porta Capuana a Napoli

Per la loro realizzazione il re chiese consiglio a Lorenzo de’ Medici, visto i buoni rapporti che intercorrevano, sollecitando:

alchuno architecto et homo ingenioso da edificare et fortezze de terre.

Fu così che il fiorentino Giuliano da Maiano, rinomato per aver decorato la sagrestia del Duomo di Firenze, Palazzo Vecchio, Palazzo Pazzi e Palazzo Antinori, si trasferì nella città partenopea, prestando il suo ingegno.

Oltre il primo varco fu innalzata anche Porta Nolana, ma il desiderio di magnificenza indusse la famiglia aragonese a commissionare delle ville pronte ad accogliere gli altri reali in visita, anche esse scomparse come la residenza della famiglia reale a Poggioreale.

 

La Duchesca, così chiamata per il soprannome dato alla futura regina di Napoli, fu il pegno d’amore che Alfonso II, erede al trono, regalò alla sua colta e raffinata promessa sposa, Donna Ippolita, accolta in città a soli 20 anni.

La leggenda tramanda un particolare intrigante: il 14 settembre del 1465, mentre il fercolo, tutto in oro, scortato dal legato pontificio, oltrepassava la Porta del Carmine, vi fu un’eclissi solare, che il popolo partenopeo interpretò come presagio infausto.

I futuri sovrani convolarono a nozze il 10 ottobre del 1465, con l’intento di rafforzare ulteriormente l’asse Napoli – Milano. Desideroso di non essere da meno alla moda lombarda, Alfonso, con il consenso del padre, non badò a spese, mettendo a disposizione del famoso scultore e intarsiatore fiorentino i giardini del Castello medievale. Poiché voleva qualcosa di veramente unico, decise addirittura di requisire il convento delle monache della Maddalena, obbligandole a trasferirsi nell’attiguo cenobio di Santa Caterina a Formiello.

In questa reggia la coppia reale, con i tre figli, Ferrandino, Isabella e Pietro, visse per molti anni; memore, però, dell’antico presagio, la Duchesca morì l’anno prima che il suo sposo fosse incoronato.

Malgrado il regno di Alfonso II durasse poco più di un anno, sotto la sua egida Napoli conobbe i fasti che la connotarono tra una delle città culturali più importanti di tutta la penisola.

Con la fine della dinastia aragonese, la villa andò progressivamente a perdere il suo splendore, nel XVIII secolo fu totalmente demolita. Nulla è rimasto della dimora prediletta di re Alfonso, al suo posto l’edilizia privata diede vita a quel dedalo di case e vicoli che, ancora oggi, la toponomastica distingue come vico I Duchesca, II Duchesca e così via.

Gli incantevoli giardini creati da Pacello da Mercogliano, realizzatore poi del giardino rinascimentale francese, oggi accolgono mercatini dell’usato e del contraffatto ad appannaggio di una realtà multietnica, che fa dell’arte dell’arrangiarsi il proprio stile di vita, ignara di calpestare un suolo che Carlo VIII di Francia così descrisse:

Voi non potete credere i bei giardini che io ho visto in questa città, perché sulla mia fede mi sembra che non vi manchi che Adamo ed Eva per farne un paradiso terrestre, tanto son belli e pieni di ogni buona e singolare cosa.

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Autore Rosy Guastafierro

Rosy Guastafierro, giornalista pubblicista, esperta di economia e comunicazione, imprenditrice nel campo discografico e immobiliare, entra giovanissima nell'Ordine della Stella d'Oriente, nel Capitolo Mediterranean One di Napoli. Ha ricoperto le massime cariche a livello nazionale, compreso quello di Worthy Grand Matron del Gran Capitolo Italiano.