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Sono burbero e primitivo!

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Natyan in Myanmar


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Un viaggio tra evoluzione ed involuzione

La vita di condominio? Nella maggior parte dei casi storie che finiscono nell’anonimato generale, nonostante i buongiorno, i buonasera e i buon appetito quando va bene.

Si dice che i primitivi fossero burberi, eppure i figli di una coppia erano anche figli di tutte le donne primitive del villaggio, come accadeva anche nella nostra tanto bistrattata Italia, fino a qualche decennio fa.

La povertà del nostro bel paese è in aumento?

Eravamo più poveri molti anni fa, ma con un genere di povertà che facilitava la socializzazione e l’aiuto reciproco. Era un vero e proprio viavai tra vicini di casa e, la privacy, tanto difesa oggi, quasi non esisteva.

Mi viene perfino il sospetto che non sia da difendere troppo se il risultato è l’isolamento più totale e la creazione di zone d’ombra che impediscono, a chi soffre, di essere conosciuto nel suo dolore.

Ogni tanto si sente dire:

In casa mia faccio quel che mi pare!

Forse il motto andrebbe corretto con:

In casa mia faccio quel che posso, senza poter contare sull’aiuto dei vicini e nemmeno dei familiari, poiché sono tutti dislocati ben lontani da me!

Non è raro, infatti, dopo una tragedia familiare, ascoltare interviste del tipo:

Era una famiglia così per bene! Tutte brave persone, gentili, educate, mai sentito uno screzio!

Mi sa che la tanto agognata privacy ci stia facendo più male che bene.

Non ci permette di avere il sentore che qualcuno potrebbe essere in procinto di suicidarsi, o di combinarla grossa, giacché, in fondo, nel silenzio di ognuno, nella chiusura, tra le mura erette a difesa della privatizzazione di tutto, non trapela nulla, nemmeno il minimo sospetto.

Mi chiedono:

Ma come fai ad amare così tanto i popoli asiatici che sono immersi nella povertà, nell’indigenza più assoluta, spesso anche in carenza igienica?

Chi è stato in India, in Myanmar o in Thailandia solo per visitare ashram, monumenti e templi, o chi non si è spinto oltre la parte benestante dell’Europa, fatica a comprendere.

Ci sono luoghi dove le case non hanno porte e finestre chiuse. Dove sei il benvenuto, sempre e comunque, anche se sei uno sconosciuto. Dove la solitudine non esiste perché non solo i figli, ma anche i nonni sono i nonni di tutti.

Mi ricordo quando, in India, entrai in un negozio:

C’è nessuno?

No, non c’era nessuno ed io ero lì, da solo, con la possibilità di prendermi gratuitamente tutto quel che volevo e andarmene tranquillo.

Butto fuori la testa dalla porta d’ingresso e chiedo:

Avete mica visto il proprietario?

Risposta:

Sì! È andato a prestare della merce al proprietario di quel negozio laggiù, in fondo alla via, e si è fermato a fare due chiacchiere!

Domando:

Ma non ha paura che rubino qualcosa dal suo negozio?

La risposta mi arriva accompagnata da un grande sorriso:

Ma no, su, queste cose da noi non succedono! Non siamo come voi. Siamo poveri, e vorrà mica che noi poveracci ci si rubi la roba tra di noi? Noi se c’è bisogno ci aiutiamo, mica ci derubiamo!

Cose che accadono nei paesi molto piccoli, certo, ma grandi nel Cuore.

In Myanmar aiutai una bimba di nemmeno dieci anni che vendeva ananas in treno. I soldi della vendita li teneva in mano, in un sacchetto di plastica trasparente ben visibile a tutti. Ho visto anche un nonnino chiudere il proprio piccolissimo ristorante con in mano l’incasso del giorno contenuto in un uguale pacchetto di plastica trasparente.

Motorini e biciclette parcheggiate senza catene, ai margini delle strade, tutte le notti.

Popoli primitivi?

Non tornerei davvero indietro nel tempo perché ormai le comodità mi hanno reso più debole e più incline a coltivare i miei spazi privati che tanto adoro, ma vi confesso che, se ci fosse un sistema sanitario adeguato, quei piccoli paesi non avrebbero nulla da invidiare al nostro modo di vivere sommerso dall’ansietà della privacy.

Abbiamo ottenuto molto, e ora ci tocca difenderlo con le unghie e con i denti.

E non si può nemmeno dire che sarebbe bello poter avere, come loro, una maggiore condivisione o più solidarietà, senza correre il rischio di essere tacciati di comunisti, o socialisti, se ci va bene.

Fatto sta che non è questione di sinistra o di destra, bensì di una crescente solitudine che non ha partito, non ha bandiere, non ha un colore, se non quello del grigio di un dramma da dover risolvere nel chiuso delle proprie quattro mura.

In casa mia faccio quel che mi pare?

Salvo poi essere obbligati a parcheggiare bimbi piccoli e anziani da qualche parte, pagando qualcuno che se ne prenda cura.

Purtroppo, e lo ripeto, per molti, il motto andrebbe corretto con:

In casa mia faccio quel che posso, senza poter contare sull’aiuto dei vicini e nemmeno dei familiari, poiché sono tutti dislocati ben lontani da me!

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Autore natyan

natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.