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La paura della morte

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Paura


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Un uccello alla fine della sua vita incontra la morte, ma non è preoccupato, è troppo indaffarato a vivere, a catturare insetti, a costruire il nido, a cantare, a volare per la pura gioia di volare. Se la morte arriva, per lui va bene così, vive attimo per attimo.
Siamo noi esseri umani ad essere ossessionati dalla morte: perché non viviamo.

È questo il guaio: noi stiamo morendo, non stiamo vivendo! Gli anziani hanno un piede nella fossa ed i giovani ci sono vicini.

Quest’ossessione scaturisce dalla paura di perdere ciò che conosciamo, le cose che abbiamo accumulato, la moglie o il marito, il figlio o l’amico; ciò che abbiamo imparato e fatto nostro.

Se potessimo portare con noi amici, oggetti, virtù, la nostra personalità, non avremmo paura della morte.

Ecco perché inventiamo teorie sull’aldilà. Ma la realtà è che la morte è una fine e la maggior parte di noi è riluttante ad ammetterlo. Non vogliamo abbandonare ciò che conosciamo ed a far insorgere in noi la paura non è l’ignoto, ma proprio quest’attaccamento alle cose conosciute. Infatti, l’incognito non può essere percepito attraverso ciò che è noto. È la nostra mente, che essendo costituita dalle cose conosciute e sentendosi vicina alla propria fine, ha paura.

Se però viviamo attimo per attimo e non siamo preoccupati del futuro, se sappiamo condurre la nostra esistenza senza pensare al domani, il che non significa essere superficiali e pensare solo all’oggi, se, consapevoli dell’intero processo del consueto, riusciamo a rinunciarvi completamente, ci accorgeremo, allora, che accade qualcosa di stupefacente.

Non portiamoci dietro le nostre angosce giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto; lasciamole andare e vedremo che da questa libertà sgorgherà una vita straordinaria ,che comprende sia il vivere sia il morire.

La morte è soltanto la fine di qualcosa e, in quella stessa fine, è già contenuto il germe del rinnovamento.

In Massoneria il concetto di morte è affrontato spesso attraverso il riferimento all’Apocalisse, facendo una distinzione tra quella Maiuscola, delle profezie e delle scritture, e quella Minuscola, legata al concetto biologico della morte che accomuna tutti gli esseri viventi.

L’Apocalisse non deve essere intesa come “la fine del mondo”, nel senso biblico, ma come crisi e trasformazione di un periodo storico, che apre una nuova epoca ed un nuovo ordine.

È quindi un’esperienza spirituale, esistenziale, collettiva, psicologica, che genera il sentimento della fine, come il periodo che attualmente siamo vivendo.

Cosa può fare la Massoneria per curare la sindrome apocalittica della società moderna? Beh, potrebbe impegnarsi proprio per creare una visione ottimistica del futuro, almeno nell’immaginario dei propri iniziati.

In passato ha già offerto una visione di rinascita alla società, forse con promesse decisamente ardue da mantenere, magari bastava semplicemente provare a conservare la Speranza, che, di per sé, sarebbe stata un voto estremamente impegnativo.

Ancora oggi siamo chiamati a tenere viva la fiamma della Speranza, dobbiamo salvaguardare la candela che la sorregge e la alimenta e che tante forze negative vorrebbero spegnere; senza dimenticare, però, che siamo anche un Ordine armato e, quindi, pronti a batterci con la spada contro la forza maligna, l’energia negativa.

Abbiamo un importante compito salvifico da svolgere, la creazione di un egregoro positivo, bianco, da contrapporre a quello nero e negativo che sta rendendo sempre più cupa l’atmosfera che respiriamo.

C’è bisogno di Amore. Può sembrare anacronistico, ma sarà proprio l’Amore a salvare il mondo, a guidare la nostra mente, che deve essere rettificata, purificata da ogni condizionamento, da ogni paura per generare una percezione veritiera. Inoltre, questa deve essere libera da ogni conoscenza, che distrae e rende contorte le cose semplici.

L’enorme capacità della mente di inventare, d’immaginare, di speculare, di pensare, deve essere accantonata, in modo da renderla molto chiara e semplificata. Solo una mente che ha avuto una vasta esperienza e che non è stata condizionata da essa può scoprire la semplicità del continuo divenire.

Molti dicono di lavorare per la fratellanza e, tuttavia, tutto ciò che fanno è contro la fratellanza stessa; ma non se ne rendono conto, perché tale parola ha per loro un significato di cui non sono ben convinti, né approfondiscono la questione, ma rimangono solo alla reazione emotiva o nervosa che quella parola suscita in loro.

Chi è ancora in grado di produrre egregoro positivo? Le suore? I monaci tibetani? Io rispondo che poterebbero farlo i Massoni, con forza e concentrazione, praticando la fratellanza tanto acclarata.

Chi pretende di essere nella luce o odia suo fratello, è ancora nelle tenebre.
San Giovanni apostolo ed evangelista

Se, invece, riuscissimo a guardare ai fatti senza sentimenti di condanna o di approvazione, scopriremmo che nel processo stesso del guardare c’è una dissoluzione di tutte le barriere che la mente ha eretto fra sé e le cose.

Allo stesso modo, anche la parola “contadino” influenza il nostro modo di pensare, poiché associamo ad essa immagini di povertà, sporcizia, squallore. Ma quando la mente è libera da ogni influenza, quando non condanna né approva, ma semplicemente osserva, allora non è concentrata su se stessa e il problema dell’egoismo che cerca di passare per altruismo non sussiste più.

Dalla nascita fino alla morte, l’individuo desidera sempre essere amato e, se non ottiene quest’amore, non riesce ad essere equilibrato e fiducioso quanto lo sono gli altri esseri umani che invece ci sono riusciti. In realtà, noi vogliamo essere amati perché non amiamo; infatti, nel momento stesso che riusciamo ad amare il problema non esiste più.

Fin quando esigiamo di essere amati, non c’è amore in noi e se non proviamo amore, se siamo rozzi, perché mai qualcuno dovrebbe amarci?

Senza amore siamo come una cosa morta, ma, invece, se nel nostro cuore ve ne è, allora non tendiamo la nostra mano per elemosinarne.
Solo il vuoto chiede di essere colmato e un cuore non può mai essere riempito correndo a cercare l’amore in centinaia d’altri modi.

Il nostro corpo invecchia e così anche la mente quando è carica di tutte le esperienze, dell’infelicità e della stanchezza della vita; e una mente simile non può mai scoprire la Verità.

Solo quando è giovane e fresca, innocente è capace di fare scoperte, ma ciò non dipende dall’età. Non solo il bambino è innocente, ma anche la mente che è capace d’avere esperienze senza accumularne i residui.

Essa deve avere esperienze, ma deve reagire ad ogni cosa: all’animale ammalato, al cadavere portato via per sepoltura, ai tormenti e ai dolori della vita, altrimenti è già perita; ma deve anche essere capace di non farsi imprigionare dall’esperienza.

Ciò che la fa invecchiare è lo sterile accumulo della tradizione senza trarne alcun insegnamento. Deve morire ogni giorno ai ricordi inutili e conservare quelle immagini che possono farla crescere a garanzia del futuro. Siamo ciò che siamo stati e più precisamente ciò che ricordiamo di essere stati: il ricordo equivale al presente.

La mente conserva, ma anche ricrea, ricostruisce, sviluppa e, preservando l’immagine del passato, fa crescere e garantisce il futuro. Solo così diventa pura, senza età, sempre piena di vitalità, cosciente della sua identità e della sua tradizione. All’alba di un nuovo giorno sarà capace di “pensare” ad un nuovo inizio!

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Autore Rosmunda Cristiano

Mi chiamo Rosmunda. Vivo la Vita con Passione. Ho un difetto: sono un Libero Pensatore. Ho un pregio: sono un Libero Pensatore.