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Con un treno ed una valigia

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Dopo diverse riforme adottate dai vari governi susseguitisi negli ultimi vent’anni, sino a giungere alla riforma della “Buona Scuola” del governo Renzi, nel nostro Paese, si sta assistendo ultimamente ad una vera e propria “migrazione” tutta italiana.

È il popolo degli insegnati, per la stragrande maggioranza donne, che lasciano le proprie città, i propri comuni di provincia per raggiungere le destinazioni che il M.I.U.R. inflessibilmente ed inderogabilmente assegna loro, per svolgere il proprio lavoro di docente.

Si attaccano ad una graduatoria; vivono di precariato, provengono da ogni punto del territorio nazionale: ma nonostante tutto, non mollano!

Sono madri; mogli; figlie; che con gli occhi lucidi ed un leggero torpore rosso sul naso, lasciano i propri alvei familiari per concretizzare la loro identità lavorativa: essere e continuare ad essere una docente.

Una vocazione, una chiamata, la fame di lavoro che da anni dilaga nel nostro “Belpaese”.

“Prendere o lasciare”: “o parti o sei fuori dal sistema”; questo, in soldoni, è il messaggio che l’Amministrazione lancia all’esito di riforme, leggi e leggine che negli anni hanno completamente mutato l’istituzione scolastica, deformando la figura del preside, e costruendo su di essa invece quella di un vero e proprio manager che nel gergo comune è ormai un DS, Dirigente Scolastico, con enormi poteri e caratteristiche peculiari.

Afferrano una valigia le nostre insegnanti e, “migrando” in gran percentuale dal sud, raggiungono il più delle volte località del nord Italia per svolgere ed espletare il loro lavoro di formazione e sostegno.

Un tempo la scuola era definita “il Tempio della Conoscenza”, adesso è una vera e propria impresa che deve produrre, ottimizzare, essere efficace ed efficiente.

Le nuove docenti, portando in sé il background del proprio sapere, le origini, il proprio accento dialettale, si offrono alle nuove generazioni per formarle, educarle, limarle, lasciarle fiorire.

Mangiano chilometri di strada; di rotaie: si nutrono di sospiri e pensieri speranzosi; guardano le foto dei propri cari stringendole a sé, ripetendosi una, dieci, cento volte: “è per voi”, “è per voi se faccio questo e sono qui”!

Passano i giorni, si alternano le stagioni, e fra una programmazione e gli scrutini si arriva alla fine dell’anno scolastico. Termina il contratto: l’attesa riprende e l’ansia del lavoro per l’anno che verrà sale alle stelle. Ciononostante non mollano, non rinunciano, procedono spedite.

E tu che le guardi, le osservi, le scruti, le vivi, non puoi che ammirarle per quella volontà reale, caparbia e testarda che dimostrano; per quei sorrisi partoriti da fitte al cuore e lacrime velate fra le pieghe dei capelli dietro cui “si riparano dagli sguardi altrui”.

E così, come ogni settimana, iniziata di lunedì e terminata il venerdì sera alla stazione di una grande città, la vedi salire nuovamente su quel treno solitaria, in mezzo a tante altre persone alle prese con la loro di vita.

Porta in mano il suo bagaglio con quelle quattro cose che le servono per la settimana, e negli occhi, nei suoi occhi, dietro quella nostalgica e pungente malinconia, intravedi la luce della volontà, della determinazione, e della speranza.

Tiri via i giorni dal calendario; supplichi il “tempo” di essere più veloce, e nel mentre, comprendi bene che quella donna, è realmente sé stessa, soltanto “con un treno ed una valigia”.

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Autore Antonio Masullo

Antonio Masullo, giornalista pubblicista, avvocato penalista ed esperto in telecomunicazioni, vive e lavora a Napoli. Autore di quattro romanzi, "Solo di passaggio", "Namastè", "Il diario di Alma" e "Shoah - La cintura del Male".