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L’idea vale mezzo libro

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Questa lezione conclude la parte del corso incentrata soprattutto sull’osservazione del mondo circostante per carpire elementi utili alla scrittura creativa.

Abbiamo visto l’importanza dell’esercitarsi di continuo, scrivere aiuta a scrivere, e il ruolo fondamentale giocato dalla lettura; infine ci siamo soffermati sull’immaginazione e sul pensiero creativo. Hai già molti ingredienti per cominciare a fare le cose sul serio e… un attimo! Di che cosa scrivo?

Quando si crea un testo, che sia un sonetto, un racconto o un romanzo, l’elemento più importante, il pilastro su cui poggia tutto il peso del “palazzo” che ti accingi a costruire è l’idea di base. Qual è l’idea sulla quale verte la storia che hai in mente? Su cosa si basa il romanzo che desideri scrivere?

Vedi, se l’idea portante è fragile finiremo per costruire un grattacielo appoggiato su uno stuzzicadenti. Puoi essere il miglior architetto del mondo, utilizzare le tecniche più innovative e i materiali migliori per progettare un edificio che susciti invidia, ma se le fondamenta sono scarse il castello crollerà. E le fondamenta di un testo creativo coincidono con l’idea che ti ha fatto venire voglia di scriverlo, quel testo.

Supponiamo tu voglia scrivere un romanzo e poi proporlo alle case editrici – auguri.
Di cosa parlerà? Qual è la sua idea portante? Puoi scrivere bene quanto Shakespeare o addirittura meglio, ma se la tua storia parla di un ragazzo e una ragazza che si amano e vengono ostacolati dai rispettivi genitori perché le famiglie si odiano, non dico che l’idea non funzioni, però sei arrivato tardi.

È vero, esiste l’editoria a pagamento e anzi, togliamoci il dente: ti dico come la penso una tantum. Chi paga per vedersi pubblicato svende la sua passione. O meglio, tecnicamente la riacquista. Un libro dovrebbe finire in libreria perché ha qualcosa da dire, non perché il suo autore ha regalato migliaia di euro a uno stampatore senza scrupoli che vive lucrando sui sogni di chi scrive.

Chiusa la parentesi garibaldina, apriamo quella autobiografica. Posso parlarti dell’importanza di avere un’idea innovativa per esperienza diretta, perché ho vissuto sulla mia pelle cosa significhi scrivere un buon libro basato su un’idea non fortunata.

Quando nel 2012 iniziai a progettare ‘Serial Kinder, che ha visto la luce nel marzo del 2015, avevo ben chiaro in mente che – a prescindere dalla storia che avrei raccontato – il romanzo avrebbe dovuto basarsi su un’idea originale. Beh, posso dire di aver centrato l’obiettivo, quella volta. Anzitutto il tema del romanzo è insolito: sintetizzando, ci sono questi quattro pensionati che si mettono sulle tracce di un pluriomicida perché la polizia ha arrestato il figlio di uno dei vecchietti. Nonostante esistano in giro libri simili, ad esempio quelli di Malvaldi o di Marsullo, quel che ha permesso al mio romanzo di uscire dall’anonimato è una coppia di fattori:

  • aver creato un ibrido mescolando thriller, noir e ironia, qualcuno l’ha definito “giallo ridens“;
  • uno stile colloquiale in cui il narratore si rivolge direttamente al lettore, rendendolo quasi un personaggio del libro e chiedendogli pareri per risolvere il caso, altri hanno parlato di libro interattivo.

D’accordo, la smetto di autoincensarmi. Volevo però evidenziare che per scrivere qualcosa di diverso devi farti venire un’idea nuova, intrigante, sfiziosa. Fare qualcosa che nessuno ha mai sperimentato. Una buona idea è davvero metà libro.

Assodato che senza un’idea non si va da nessuna parte, ora con ogni probabilità ti starai chiedendo come si faccia a farsi venire questa benedetta idea. Forse non te lo so spiegare nemmeno io, ma so alcune cose e te le indico così come mi vengono:

  • L’idea giusta può venirti in qualsiasi momento;
  • L’idea giusta può arrivare in qualunque luogo o situazione;
  • L’idea giusta può provenire dall’esterno o è già dentro di te;
  • In ogni caso, la troverai solo osservando con attenzione nelle due direzioni;
  • Capirai che è l’idea giusta quando non riuscirai a pensare ad altro, ti verrà una voglia matta di scrivere e ti chiederai “come ho fatto a non pensarci prima?”

I primi due punti ti dicono con chiarezza che anche quando sembra che l’ispirazione sia a zero, è necessario essere sempre ricettivi, prestare la massima attenzione, ricordi questa parola, vero?, in ogni momento o posto in cui ti trovi; il terzo assunto invece ci fa capire come l’idea possa nascere da qualcosa che osservi nel mondo, oppure da un ricordo o sensazione conservati dentro di te.

In questa prima parte del corso ci siamo soffermati sugli stimoli esterni ma dalla prossima lezione compiremo il viaggio inverso, andando a riscoprire la ricchezza che ognuno di noi conserva in termini di memorie, esperienze, ecc.. Per tale motivo, Quarto Enunciato di William, bisogna continuare a prestare attenzione e osservare, scrutare dentro e fuori di noi alla ricerca dell’idea che stiamo cercando. Idea che appena arriva, come un colpo di fulmine ci fa innamorare di lei e ci troviamo già davanti alla tastiera per svilupparla.

Come fai a capire che l’idea appena partorita dalla tua mente sia davvero efficace? Chiariamo, la certezza non puoi averla finché non la concretizzi. A cose fatte, nel caso di un libro, quando viene messo in commercio, sono i posteri a emettere l’ardua sentenza, per dirla col Manzoni.

Ed ecco la solita metafora calcistica. Ogni estate, durante il calciomercato, l’Inter sembra la squadra da battere. Poi, in genere, fa ridere i polli, spero tu non sia interista. È il campo il giudice supremo e, nel caso della letteratura, il campo sono i lettori. E guarda che questo esula da considerazioni di carattere commerciale e di marketing. Sì, un romanzo pubblicato da Mondadori venderà molte più copie di uno pubblicato da Argento Vivo Edizioni, ma non è detto che sia di qualità superiore o verrà apprezzato da chi lo leggerà.

E ora ti parlo di un altro romanzo, questa volta non mio altrimenti me la canto e me la suono da solo. S’intitola ‘Tre millimetri al giorno’ ed è stato pubblicato nel 1957 dallo statunitense Richard Matheson, autore fra l’altro di ‘Io sono leggenda’, il romanzo da cui è stato tratto il film con Will Smith.

Eccone in breve la trama: dopo essere stato colpito da una nube radioattiva, un uomo scopre che ogni giorno si rimpicciolisce di tre millimetri. Se questo all’inizio non è un problema, ben presto lo diventa allorché Scott, il protagonista, deve difendersi da insetti minacciosi e più grossi di lui, consapevole dell’avvicinarsi del giorno fatidico in cui si dissolverà nel nulla.

Può sembrare una storia banale, simile forse ad altri racconti di fantascienza – ma questo ha circa 60 anni, eh! – però resta il fatto che è un’idea che funziona. A te sarebbe venuta in mente? A me no. E mi intriga leggerlo, sono curioso di sapere, da lettore, cosa si prova a vedersi sempre più piccoli, a combattere contro i ragni, ma anche – da autore – capire come Matheson abbia saputo rendere credibile la sua trama.

Un altro romanziere che stimo molto, Stephen King, da bambino era terrorizzato dai pagliacci, così pensò bene di sfruttare questa paura per creare il suo personaggio più leggendario, Pennywise il clown, nel romanzo ‘It’. Un’altra volta, mentre era in vacanza con sua moglie, notò che fra le molte lettere che riceveva ce ne erano tante, troppe, inviate da una fan molto insistente, al limite dello stalking. Allora si chiese: cosa succederebbe se un’ammiratrice psicopatica mi chiudesse in un cottage? E si mise a scrivere ‘Misery’, altro suo grande successo, anch’esso diventato poi un film.

E ne vuoi sapere un’altra? Una mattina navigando in rete mi sono imbattuto in una notizia di cronaca a dir poco curiosa: in un paesino di campagna i ladri avevano rubato le ostie in una chiesa! Da questa faccenda buffa ho tratto l’ispirazione per ‘Ci siete mai stati a quel paese?’, il mio romanzo uscito nel 2017.

L’idea vincente può celarsi ovunque, bisogna solo essere bravi a coglierla. Potrei addirittura spingermi oltre e dire che l’idea che cerchi è già presente nella tua testa, ma ancora non lo sai.

E spero vorrai perdonarmi l’ennesima citazione musicale:

Hey Jude, comincia:
stai aspettando qualcuno con cui suonarla
e non ti accorgi che sei proprio tu!
Hey Jude, ce la farai,
il movimento di cui hai bisogno
è sulla tua spalla.
Hey Jude, The Beatles, 1968

Tra l’altro l’idea per questa canzone a Paul McCartney venne in mente mentre era in macchina con il primogenito di Lennon, Julian, a quanto pare un bambino scalmanato.
Per farlo stare tranquillo, secondo la leggenda, Paul inventò lì per lì testo e musica.
Non sappiamo se il piccolo si calmò, ma il titolo iniziale, ‘Hey Julian‘, venne poi modificato per esigenze di metrica e passò alla storia.

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Autore William Silvestri

Autore, formatore e direttore editoriale di Argento Vivo Edizioni. Prima di entrare nel mondo dell'editoria ha pubblicato i romanzi 'Divina Mente', 2011, 'Serial Kinder', 2015, e 'Ci siete mai stati a quel paese?', 2017, 'Io e la mia scimmia', 2019, oltre al saggio esoterico 'Chi ha paura del Serpente?', 2015.