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La durata dei cicli

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Cicli Cosmici


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Resta il problema relativo all’effettiva durata dei Cicli. René Guénon suggerisce che la cifra-chiave del Manvantara, 4.320, debba essere moltiplicata per 15 e che, pertanto, il periodo del Manvantara sia di 64.800 anni, pari a due cicli precessionali e mezzo, e a cinque Grandi Anni platonici.

A conferma della sua teoria, Guénon, fa riferimento al fatto che la stessa durata era anticamente attribuita al regno di Xisuthros-Sitnapistim, il Noè mesopotamico in cui si può riconoscere l’equivalente caldeo di Vaivasata, il Manu di questo Manvantara.

In base a questa ipotesi possiamo delineare la successione e il corso a dei quattro Yuga, corrispondenti alle quattro Età del Mondo per cui le fasi dell’attuale ciclo di civiltà si configurerebbero secondo uno schema la cui unità di misura è data dal numero 72, gli anni dello spostamento di un grado nella precessione degli equinozi, ed il cui periodo di base è costituito dai 2.160 anni necessari perché il Punto Vernale percorra i trenta gradi di un segno zodiacale, o dalla sua metà, pari a 1.080 anni.

1. Krita-Yuga, 25.920 anni, pari a un intero ciclo precessionale o a 12 periodi di 2.160 anni, dal 62° al 36° millennio a.C.: è il primo periodo del presente Manvantara, che inizia dopo il Diluvio del primo Avatāra di Vishnu, ed in cui si collocano l’origine della Tradizione Primordiale e il ciclo della razza iperborea, il cui Centro Supremo viene indicato con il nome di Tule e coincide con il Polo terrestre. Il termine Borea, che indica il Nord e che corrisponde al sanscrito Varahi, Cinghiale – si veda il terzo Avatāra di Vishnu – è passato ad indicare l’Orso nella seconda fase del Treta-Yuga.

La parola Tule indica la Bilancia che, prima di essere collegata al Segno zodiacale, il che è avvenuto probabilmente verso il 3000 a.C., simboleggiava l’Orsa Maggiore o il sistema delle due Orse; inoltre, la definizione più consueta dell’Orsa Maggiore, nella tradizione indiana, è quella di Sapta-Risha, in riferimento ai sette Saggi Veggenti cui viene attribuita la trasmissione della Conoscenza primordiale. Questo felice periodo corrisponde all’Età dell’Oro ed allo stato edenico, mentre la sua fine può essere collegata alla cacciata dei Progenitori dal Paradiso Terrestre.

2. Treta-Yuga, 19.440 anni, pari ai ¾ del ciclo precessionale, databile dal 36° al 16° millennio a.C.: in questo arco di tempo si sarebbe sviluppata la leggendaria civiltà atlantidea, il cui dominio, secondo quanto racconta Platone, si estendeva fino all’Egitto e alla Tirrenia. Sempre a questo periodo viene fatta risalire la ribellione della casta guerriera contro quella sacerdotale descritta nella storia di Parasu-Rama, il sesto Avatāra, e testimoniata dal passaggio del simbolismo polare dal Cinghiale, rappresentazione della casta sacerdotale, all’Orsa, emblema dei Guerrieri. Corrisponde all’Età d’Argento e al periodo biblico che inizia con l’uccisione di Abele e in cui i discendenti di Adamo sviluppano le varie forme di lavoro e di arte.

3. Dwapara-Yuga, 12.960 anni, pari a un Grande Anno platonico, dal 16000 al 3102 a.C.: verso la metà di questo Ciclo, nel 9582 a.C., un grande cataclisma avrebbe provocato la scomparsa dell’isola di Atlantide, dopo che il suo possente esercito aveva tentato di invadere l’Europa e l’Asia. L’aggressivo carattere degli Atlantidei sembra corrispondere perfettamente alla descrizione esiodea della terribile razza dell’Età del Bronzo, ma anche alla natura di quei Giganti che, secondo la Bibbia e il Libro di Enoc, sarebbero stati generati dall’unione degli Angeli con donne umane. Inoltre, è possibile stabilire un parallelismo fra il cataclisma che provocò la sparizione di Atlantide, il Diluvio biblico e quello che pose fine all’Età del Bronzo e al quale sopravvissero Deucalione e Pirra.

4. Kali-Yuga, 6.480 anni, pari a tre periodi di 2.160 anni: il Kali-Yuga, che la tradizione indiana fa iniziare alla morte di Krishna, nel 3102 a.C., corrisponde, nella tradizione biblica, all’episodio della Torre di Babele, simbolo della confusione, della divisione e dell’incomprensione che da allora dominano sulla Terra. È stato detto che all’inizio di questa fase di oscurità, che coincide con lo sviluppo delle grandi civiltà “storiche”, il Centro Sacro del mondo sia diventato nascosto e sotterraneo, il che significa che la conoscenza iniziatica ha assunto il carattere occulto dei Misteri. L’ultima parte del Kali-Yuga è iniziata, per Guénon, nel VI secolo prima dell’Era cristiana e terminerà, secondo la visione apocalittica, con l’avvento della Gerusalemme Celeste.

In base a questo calcolo dei tempi, noi ci troveremmo oggi, 2018, nell’anno 5120 del Kali-Yuga, che dovrebbe terminare nel 3378, con la fine dell’intero Manvantara. Il che può essere senz’altro consolante, perché, in tal caso, il compimento dei tempi, tradizionalmente collegato al verificarsi di una tremenda sciagura ed alla prospettiva di un severo quanto meritato Giudizio, non sarebbe eccessivamente vicino. D’altra parte è pur evidente che gli aspetti caratteristici del Kali-Yuga, di questa Età Oscura, ci sono tutti, e che il processo di decadenza della nostra civiltà è ormai già ad uno stadio avanzato.

In base al “Lungo Computo” del calendario Maya, l’attuale Ciclo ha avuto inizio il 4 Ahau 3 Kankin, una data che corrisponde al 13 agosto 3114 a.C. e coincide, in modo sorprendente, con quella dell’inizio del Kali-Yuga, 3102 a.C.. Secondo quanto riferisce lo scrittore Graham Hancock, la durata di questa fase sarebbe di 5125 anni, quindi più breve rispetto a quella del Kali-Yuga, che la collocava al 23 dicembre 2012. Ovviamente non andava riferita alla temuta “Fine del Mondo”, bensì alla conclusione di un Ciclo, una scadenza indubbiamente drammatica, ma non per questo definitiva.

Il secondo Millennio dell’Era cristiana è terminato e con esso sta terminando l’Era dei Pesci e sta iniziando quella dell’Acquario. Come è avvenuto alla vigilia dell’Anno Mille, anche con l’approssimarsi del Duemila, numerose e contrastanti voci si erano levate, le une predicendo immani disastri, le altre prevedendo l’avvento di Tempi migliori.
I sostenitori di quest’ultima più ottimistica visione, che si raccolgono sotto le insegne Acquariane o della New-Age, affermano che quella che è incominciata sarà un’epoca caratterizzata dallo sviluppo di una nuova spiritualità in cui l’uomo sarà più libero, cosciente e maturo di quanto non sia mai stato precedentemente. Sull’altro fronte, i gruppi e le Chiese di ispirazione apocalittica predicavano, invece, la prossima fine del Mondo, esortando gli uomini a pentirsi e a ravvedersi, invitandoli ad entrare nelle loro schiere, affermando che solo pochi “Eletti” si sarebbero salvati dall’incombente devastazione. Le loro minacciose previsioni trovavano un’inquietante eco in quelle di visionari come Edgar Cayce, che, nel 1934, previde che intorno al 2000 si sarebbe verificato uno spostamento dei poli e in una vasta letteratura profetica, in genere piuttosto oscura e troppo spesso interpretata in modo eccessivamente “letterale” e sostanzialmente grossolana.

Da quanto abbiamo avuto modo di considerare sulla dottrina dei Cicli Cosmici e come del resto si avverte chiaramente, un passaggio epocale è comunque imminente e, al di là della fine del Millennio scorso, coincide con la conclusione di un Ciclo dell’Umanità.
Gli insegnamenti tradizionali non hanno nulla a che vedere con le buie e minacciose previsioni degli “Apocalittici”, ma non consentono neanche di indulgere a visioni ottimistiche superficiali e del tutto estranee allo spirito degli insegnamenti tradizionali.
La fine di un Ciclo è, in ogni caso, un evento drammatico e segna il traumatico passaggio da una situazione ad un’altra, da un Mondo ad un altro, anche prescindendo dall’effettivo verificarsi di uno sfacelo di dimensione planetaria.

Che simili sventure si siano verificate nel passato è certo e tutte le tradizioni ne conservano il ricordo. Ed è anche verosimile che possano ancora accadere a causa di uno spostamento dei Poli, della collusione con un corpo celeste o, come si è particolarmente temuto negli ultimi decenni, per una conflagrazione nucleare. La distruzione di precedenti civiltà è stata descritta, in genere, come una punizione divina, provocata dalle colpe dell’umanità e del fatto che gli uomini hanno disatteso i disegni del loro Creatore; questa visione moralistica consentirebbe, pertanto, di sperare che un ravvedimento del genere umano possa evitare una così dura punizione.

Le rigorose cadenze ritmiche dei Cicli Cosmici e il loro collegamento a fattori di natura stellare e geofisica non hanno nulla a che vedere con questa prospettiva “morale”, che appare, piuttosto, come una spiegazione “a posteriori”, elaborata per dare una motivazione ad un evento naturale e ineluttabile. Il riferimento alla cattiva condotta degli uomini, invece, va inteso in rapporto alla decadenza di una civiltà, decadenza che si acuisce e diventa sempre più evidente con l’approssimarsi della fine del suo Ciclo. È certo anche la nostra civiltà, con le sue drammatiche contraddizioni, con il suo malsano rapporto con le risorse del pianeta e con la crisi dei valori tradizionali, mostra i segni di un avanzato e pericoloso stato di declino. Resta da vedere in che cosa consisterà realmente la conclusione del nostro Ciclo.

Platone, nel ‘Timeo’, afferma testualmente:

Avvennero e avverranno ancora per l’umanità molte distruzioni in molti modi, le più grandi con il fuoco e l’acqua, e le altre minori per infinite altre cause.

Il sacerdote babilonese Beroso prevede che la Terra sarà consumata dalle fiamme e dice che ciò avverrà quando i cinque pianeti si saranno riuniti nel segno del Cancro, disponendosi su di un’unica fila. La letteratura apocalittica sostiene, in termini altamente drammatici, che al “compimento dei tempi”, cioè alla fine di questo Ciclo, delle terribili catastrofi sconvolgeranno il nostro pianeta, così come è già avvenuto alla fine dei Cicli precedenti. Lo stesso Cristo annunzia che quando sarà giunto il tempo del suo ritorno il sole si oscurerà, la luna perderà il suo splendore, le stelle cadranno e le forze del cielo saranno sconvolte. Nella Seconda Lettera di Pietro viene precisato che il mondo già una volta fu sommerso dalle acque e perì e che

Il cielo e la terra di adesso sono riservati al fuoco per il giorno del Giudizio e della rovina degli empi.

Diversi testi religiosi e tradizionali sono dunque concordi nell’affermare che se l’evento rovinoso che ha segnato l’inizio del nostro Ciclo è stato il Diluvio, quindi è stato causato dall’Acqua, al termine del Ciclo la Terra sarà sconvolta e purificata a opera del Fuoco. Possiamo intendere ciò “alla lettera” e prevedere un prossimo flagello di natura ignea, ma possiamo anche ritenere che ci si riferisca simbolicamente ad un’auspicata “purificazione” dell’Umanità e che il Fuoco, l’Agente di questa catarsi, sia da intendersi come Fuoco spirituale o, come lo definiscono gli Alchimisti, Filosofico.

Quel che possiamo dire è che, al di là dello sconvolgente scenario delle calamità planetarie, quel che la Dottrina dei Cicli Cosmici insegna è la perfetta aderenza del Mondo ai ritmi ed alle leggi universali e questo non solo per quanto concerne il Macrocosmo, ma anche rispetto al Microcosmo individuale. Il calcolo dei Tempi e dei Cicli può infatti portare, paradossalmente, a trascendere la stessa dimensione temporale, rivelando l’esistenza di un processo perenne, ciclico e sempre in atto, nel corso del quale la materia, sottoposta a ripetute purificazioni, viene infine rigenerata.

Così, la misteriosa Materia degli Alchimisti, sottoposta a reiterati “lavaggi” con l’Acqua e con il Fuoco, viene, infine, trasmutata in Pietra Filosofale ed è in tal senso e in questa prospettiva che gli antichi Filosofi ermetici hanno tradotto l’iscrizione I.N.R.I. che sovrasta la Croce, con la frase:

Igne Natura Renovatur Integra.

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Autore Sigfrido Höbel

Sigfrido Höbel nato ad Arona (NO) il 30/09/1944 da padre tedesco vive a Napoli conservando un forte legame con la Germania. Attualmente in pensione, ha insegnato materie artistiche nei Licei Scientifici e nella Scuola Media, compiendo studi e ricerche sull'Arte e pubblicando diversi testi dedicati alle discipline artistiche, ma anche alle testimonianze artistiche e culturali presenti a Napoli e nell'Italia Meridionale. Nello stesso tempo si è dedicato allo studio delle tradizioni iniziatiche e delle dottrine esoteriche, interessandosi, in particolare, ai linguaggi simbolici e alla loro presenza nei miti, nella letteratura, nell'arte e nell'iconografia tradizionale. È autore di rilievo della tradizione esoterica napoletana.