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Holodeck, la futuristica tecnologia sta per diventare realtà

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'Star Trek' Holodeck


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Nel 1870 le meravigliose macchine a vapore che innescarono la II Rivoluzione industriale ispirarono Giulio Verne ad immaginare l’uomo capace di viaggiare sulla Luna; dopo 100 anni, agli albori della IV Rivoluzione industriale, mentre l’Umanità era in corsa per viaggiare davvero sulla Luna, Gene Roddenberry immagina di viaggiare in altri mondi.

A volte, se guardiamo retrospettivamente alla fantasia di molti autori di fantascienza del passato ci accorgiamo che il confine tra immaginazione e realtà sembra apparire davvero labile.

Molti di noi sono stati spettatori di un film della saga ‘Star Trek’. Sicuramente ricorderemo come l’equipaggio dell’astronave Enterprise aveva occasione di godere di periodi di riposo vivendo in mondi virtuali sul ponte ologrammi. Questa sezione dell’astronave era ‘Holodeck’: uno spazio in cui ci si immergeva in una Realtà Virtuale di ambienti e scenografie ricostruite ‘on-demand’ dal computer di bordo.

Il concetto dietro l’Holodeck oggi non è solo una futuristica tecnologia nata dalla fantasia di Gene Roddenberry, il creatore di ‘Star Trek’. Rod Roddenberry, il figlio di Gene, asserisce:

Il concetto dell’Holodeck era estremamente importante sia per mio padre che per l’Universo ‘Star Trek’. Voglio che le tecnologie di ‘Star Trek’ diventino reali e, per la prima volta, ora credo che un vero Holodeck non si limiti più alla fantascienza.

Jon Karafin, CEO di Light Field Lab annuncia:

Stiamo realizzando l’Holodeck di ‘Star Trek’.

La società californiana Light Field Lab, in partnership con un’altra società tecnologica, OTOY, sta progettando

il Santo Graal della tecnologia di visualizzazione ottica, che consente di rendere possibili oggi cose che sembrano fantascienza

cioè

la prossima generazione di piattaforme AR / VR (Realtà Aumentata / Realtà Virtuale n.d.r.) che implementano un sistema olografico che esclude la necessità di possedere un headset (…) con lo scopo di immergere completamente gli utenti nelle immagini e nei suoni di contenuti multimediali di alta qualità senza cuffie (…), dei contenuti originali progettati e realizzati specificamente per la tecnologia nascente dalla Roddenberry Entertainment.

Secondo il Light Field Lab, il futuro del loro progetto include il potenziale di ologrammi che possono muoversi ed essere manipolati dal tatto.

L’ex dirigente di Lucas Film, Richard Kerris, attualmente consulente di OTOY, afferma:

La combinazione di innovazioni nelle tecnologie di rendering e di visualizzazione potrebbe benissimo segnare l’inizio di una rivoluzione mediatica di nuova generazione.
I vostri occhi si concentrano liberamente su oggetti olografici senza la necessità di indossare occhiali per vedere il 3D. L’esperienza è diversa da tutto ciò che ho sperimentato e mi dà la speranza di vedere la loro visione dell’Holodeck diventare realtà.

Da secoli l’uomo cerca di creare illusioni in grado di ingannare i sensi. Ne parlava già Aristotele. Nell’800 l’arabo Alhazen introdusse la ‘camera oscura’ per guardare il Sole, Leonardo da Vinci nel ‘Codice Atlantico’ descrisse l’impiego della camera oscura per riprodurre edifici e paesaggi dal vero. Nel 1584 il filosofo alchimista e scienziato napoletano Giovan Battista Della Porta descrisse la sua invenzione “per vedere in una camera cose che non ci sono” che fu antesignana del ‘Fantasma di Pepper’: progettato trecento anni dopo dall’ingegnere americano John Pepper per creare illusioni scenografiche teatrali, al giorno d’oggi riadattato digitalmente per simulare una performance olografica.

Nonostante lo stato dello sviluppo industriale delle tecnologie olografiche non siamo ancora in grado di usare la rifrazione dell’aria quale superficie volumetrica per la visualizzazione di immagini tridimensionali ad alta risoluzione e a grandezza naturale, come succede nella finzione di ‘Star Trek’, tuttavia, l’industria digitale ci mette a disposizione tecnologie che effettivamente già ci consentono di poter “ingannare i sensi”.

Sono almeno 20 anni che vengono impiegate piattaforme di fruizione di contenuti digitali per la ricostruzione di ambienti o scenografie in simulazione digitale per usi particolari quali, ad esempio, l’addestramento dei militari o dei piloti d’aviazione. Oggi anche l’uomo della strada può iniziare a servirsi di contenuti digitali accedendo a tecnologie per la Realtà Aumentata o per la Realtà Virtuale. Con la fruizione di contenuti digitali mediati da queste nuove tecnologie, le persone possono vivere esperienze immersive multisensoriali attraverso proiezioni digitali cosiddette “whole-room”. Lo stato dell’arte in questo nuovo campo è in rapida evoluzione. Microsoft, già nel 2013, annuncia il progetto ‘Illumiroom’ che nel 2016 si evolve nel nuovo progetto ‘Room2Room’, allo scopo di portare la videofonia a livello di telepresenza in grandezza reale.

Dunque, non parliamo di fantascienza quando asseriamo che in un futuro molto vicino saremo in grado di interagire in mondi virtuali coinvolgendo anche gli altri sensi oltre i consueti – vista ed udito – ai quali siamo già abituati. La riproduzione digitale per stimolare l’olfatto è già realtà, e siamo in procinto di poter stimolare quello tattile, che prende il nome di percezione aptica.

Alcuni ricercatori stanno già lavorando con polimeri elettro-speciali che sono utilizzati per costruire guanti o tessuti capaci di esercitare una pressione sulla punta delle dita o in altri settori della pelle, simulando la sensazione del tatto. Addirittura saremo in grado di costruire “oggetti virtuali on-demand” utilizzando le onde sonore per sospendere e manipolare piccole particelle a mezz’aria.

Non è troppo difficile immaginare quale tipo di esperienze multisensoriali saremo in grado di esperire come frutto della combinazione di sollecitazioni audiovisive, olfattive e di percezione aptica grazie alla manipolazione di particelle in tempo reale, combinando contenuti audiovisivi nella cosiddetta “simulazione tattilo-corporea”.

Nella tesi della studentessa Luana Morasca in Storia dell’Arte contemporanea sull’artista Ida Gerosa si legge:

Con i nuovi mezzi tecnologici e digitali l’opera si apre, non è più immodificabile e chiusa in se stessa, ma stabilisce un nuovo rapporto con lo spazio e con il fruitore; non è più racchiusa entro i confini di una cornice, ma esce dal quadro, sperimenta nuove vie, si apre a nuove realtà. Questa apertura riguarda non solo l’opera in se stessa, ma anche il luogo in cui si svolge, il suo fruitore. Tale espansione dell’immagine verso l’esterno si verifica nelle installazioni, in cui l’opera interagisce con l’ambiente stesso, che entra a far parte dell’opera, la quale si protrae verso lo spettatore coinvolgendolo e rendendolo artefice dell’opera stessa.

Questa sarà la nuova frontiera di una nuova generazione di Artisti digitali che si realizzeranno e saranno riconosciuti per essere i nuovi protagonisti di un vero e proprio “Rinascimento Digitale” portando il Virtuale nel Reale, determinando nuove applicazioni tecno-artistiche fino ad oggi credute fantascientifiche.

Digital Whole Room

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Autore Vittorio Alberto Dublino

Vittorio Alberto Dublino, giornalista pubblicista, educatore socio-pedagogico lavora nel Marketing e nel Cinema come produttore effetti visivi digitali. Con il programma Umanesimo & Tecnologia inizia a fare ricerca sui fenomeni connessi alla Cultura digitale applicata all’Entertainment e sugli effetti del Digital Divide Culturale negli Immigrati Digitali. Con Rebel Alliance Empowering viene candidato più volte ai David di Donatello vincendo nel 2011 il premio per i Migliori Effetti Visivi Digitali. Introducendo il concetto di "Mediatore della Cultura Digitale" è stato incaricato docente in master-post laurea.