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Costrizione o semplice ostacolo?

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Odio? Rancore? Risentimento?

Devo ringraziare lo studio della filosofia, della psicologia e della sociologia per il fatto di riuscire a mantenere un certo equilibrio, senza mai cadere negli eccessi sconsiderati del fervore agonistico distruttivo ed autolesionista.
Ogni tanto qualcuno mi chiede come abbia potuto rimanere tranquillo di fronte a tanto caos, tanto disprezzo e tanta precarietà in questi lunghi momenti di pandemia.

La mia risposta è che, come tutti, non sono stato affatto sempre tranquillo ma che, in certe situazioni, ho preferito ancorarmi a chi mi poteva rasserenare anziché lamentarmi o polemizzare.

Simone Weil, filosofa, mistica e scrittrice francese 1909 – 1943, per esempio, mi ha aiutato molto a vedere le cose da un’angolazione diversa:

Tutto il progresso umano consiste nel trasformare una costrizione in un ostacolo.

Attraverso le sue Lezioni di Filosofia ho imparato che se chiamo ostacolo una costrizione, cambia completamente la prospettiva. L’obbligatorietà ti rende passivo e statico ma un ostacolo invita ad essere superato, aggirato o sormontato.

Di fronte ad ogni costrizione, perciò, ho sempre ragionato in termini di aggiramenti alternativi.

Non posso fare una cosa? Non mi piango addosso e sormonto ‘’ostacolo facendone un’altra.

Non posso andare da quella parte? Non mi deprimo e vado da un’altra, oppure non vado da nessuna parte, ma aspetto pazientemente il momento, l’occasione giusta per dirigermi altrove.

Lamentarsi e polemizzare sono reazioni impulsive e io non ho mai visto nessuno creare la propria felicità lamentandosi o polemizzando impulsivamente.

Omero, attraverso l’Odissea, ci insegna che temporeggiare è un ottimo sistema per salvarci da parecchie condizioni complesse e complicate.

Ulisse veniva attratto, come chiunque, da potenti impulsi interiori ma poi riusciva a sottometterli grazie alla sua visione razionale e alla sua forza di volontà. Ad ogni costrizione non reagiva con immediatezza, ma ben ponderando sulle azioni che avrebbero potuto liberarlo e portarlo in salvo.

Serve a ben poco arrabbiarsi con i fatti, poiché questi ultimi non se ne avranno a male anche se li offenderai.

Occorre, invece, come sosteneva Simone Weil, trasformare la visione delle cose affinché diventino superabili.

La filosofa francese era una donna straordinaria e molto riflessiva.
Tanto per farvi un esempio fu una delle poche che si soffermò a riflettere su una particolare contraddizione biblica.

Vi è nella Bibbia, infatti, una storia che i più non conoscono, quella del serpente di bronzo. Usciti dalla Terra d’Egitto, nel deserto molti ebrei vennero morsi da serpenti velenosi e morirono. Mosè, allora, su consiglio di Dio stesso, issò sul suo bastone un serpente di bronzo. Chi vi avrebbe posato lo sguardo, sarebbe stato salvato dal morso mortale dei serpenti veri.

L’episodio è molto misterioso e Simone Weil lo complicò ancora di più con una sua domanda:

Perché adorare un vitello d’oro è demoniaco mentre, invece, è
salvifico osservare un serpente di bronzo?

Era abituata a non dare nulla per scontato, a spaccare, come si suol dire, il capello in quattro e questo, a mio parere, è l’unico modo per uscire dalle intricate ragnatele degli enigmi della vita.

Trasformare le costrizioni in ostacoli ce l’ho qui, nella mente, ben fissato e stabile, pronto all’uso per ogni situazione. All’inizio di ogni impedimento barcollo, come più o meno tutti, ma poi raddrizzo il pensiero e lo sottometto al mio volere, senza lasciarlo sballottare di qua e di là dalle preoccupazioni.

Sono un essere umano anch’io e reputo del tutto normale scivolare, cadere o demoralizzarsi, solo che guardo l’orologio e mi concedo un tempo limitato poiché è del tutto inutile restare passivi a lungo. Le cose non cambiano senza le azioni e il tempo passivo deve servire per ponderare sulle possibili conseguenze di ogni reazione agli imprevisti della vita.

Se Ulisse avesse risposto impulsivamente al Ciclope, riferendogli il suo vero nome, sarebbe morto, ma si fermò, si domandò quale risposta sarebbe stata la più vantaggiosa per lui ed i suoi uomini e gli rispose:

Mi chiamo Nessuno!

L’Odisseo vide il Ciclope come un ostacolo da superare, non come una costrizione.

A volte anche un solo pensiero di un grande filosofo può salvarti la vita, per la vita intera.

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Autore natyan

natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.