Il duro mestiere di vivere degli adolescenti: tra bullismo e riscatto
Ci sono libri che non scegli, ti vengono addosso casualmente.
Con la forza di chi ti ha cercato, con una strana veemenza e con una ambigua ma, al contempo, dolce volontà di sorprenderti e, magari, farti vedere quello che non sai vedere ancora nonostante hai alle spalle tanti lustri.
Ti fanno pensare al dolore, quello oscuro, quello macchinoso delle mezze verità, delle parole affannate, dei sospiri ingoiati dalla tensione.
Ti mettono davanti ad uno specchio e tu interroghi l’uomo che sei e, con crudele ironia, vorresti chiedere anche al ragazzo che sei stato.
Le parole sono pietre e sanno colpire. Sanno ferire, squarciare il velo e inquietare. Le parole sono cuscini di pianti inconsolabili ma, anche, sudari di lacrime mute.
Come gli sguardi. Certi sguardi che non rimuovi dai tuoi occhi. Sono incollate alle tue retine, fotogrammi di spietati volti, spettri di inviolabili ghigni.
Una soffiata ed ecco che leggo un piccolo testo. Piccolo ma immenso per il peso delle parole e delle verità che non conciliano con il sonno del nostro comune perbenismo.
Così mi capita tra le mani ‘Quindi chi sono io?’, Lupi Editore, opera della giovane sedicenne Giulia Martellotta, studentessa del terzo anno di Liceo Linguistico a Napoli.
Giulia ha un dono e se riterrete opportuno, acquistando il suo testo, capirete anche a cosa mi riferisco. Giulia sa stravolgerti perché le sue parole sono schegge che feriscono e ti mettono addosso il peso vero della tua indifferenza.
Ha squarci di luce, ma sono feritoie che si possono chiudere da un momento all’altro. Dipende dalle ombre che siamo e che decidiamo di essere nel tempo che ci spetta.
Le sue parole sono amare ma vere, ti strappano il silenzio che ti cuce la bocca, ti slegano i polsi dell’incuria e ti inseguono furiose mentre celi la tua inutile paura di mostrarti per quello che sei.
In questo testo c’è molta psicologia dei ragazzi di oggi e tanto specchiare dei giovani che abbiamo dimenticato di essere noi adulti.
Giulia ha partecipato a diversi concorsi e ha vinto con questa opera la IV Edizione del Premio Internazionale Ovidio. È una predestinata? Sì, a mio avviso, ma deve temere la sua rabbia. Magari liberandosi di certi fantasmi un giorno le sarà più semplice.
Di certo, Giulia Martellotta ha talento, perché scrive con l’anima di chi ha imparato sulla sua pelle, nonostante la giovanissima età, a subire troppo presto l’arrogante e vigliacca forza di chi abusa del prossimo, di chi, con un atteggiamento sottilmente maligno e ambiguo, può dominarti fino a modificare i tuoi piani o semplicemente portarti via da te stesso, dai tuoi sogni e dalle tue ambizioni.
Il libro sta riscuotendo un certo favore nelle scuole. Giulia ha già fatto diverse presentazioni: ad Aquara (SA), dove le hanno consegnato qualche anno fa un riconoscimento per un brano del suo libro che allora era ancora inedito, poi presso la scuola Novaro Cavour di Capodimonte a Napoli, in un altro istituto scolastico a Saviano (NA).
Ha presentato il testo in una libreria di Bagnoli e, a giugno, lo racconterà sia nella Base NATO di Bagnoli, sia presso la Campagna San Laise, in una cornice meravigliosa immersa nella natura. Da poco è presente anche presso la Libreria Feltrinelli di piazza dei Martiri a Napoli.
Nel suo ‘Quindi chi sono io?’ ci presenta Clara: un’adolescente sensibile e fragile, che, però, deve fare i conti con il mondo a sé, e, alle volte, crudele, della scuola; in bilico tra una discesa e la sua strada, non sa che fare e, impaurita, si affida alle persone sbagliate.
Clara è la personificazione della realtà quotidiana di molti di ragazzi di questo tempo, che molto spesso, avendo accanto le persone sbagliate, scivolano in quel dirupo.
E molti, come lei, scheggiati dai numerosi commenti e dai continui pregiudizi, finiscono per sgretolarsi; andandosi ad aggiungere alle macerie.
La incontro e capisco che Clara e Giulia sono due persone differenti: o meglio, Clara era identica a Giulia, poi le esperienze le hanno distanziate, una è diventata Clara con tanti timori che l’hanno costretta a adattarsi, l’altra, ovvero Giulia, invece, ha trovato un modo per estraniarsi e per combattere contro ogni sopruso sottile.
Sembra timida ed introversa, poi, parlando capisci che è un universo che da un momento all’altro può sorprenderti. Riflette, ascolta, mastica con scioltezza i suoi pensieri dopo un’accurata selezione delle parole. È giovane ma è un nome da segnare.
“Clara è un puzzle a cui stanno levando troppi pezzi. Clara non sa nemmeno il suo nome, ma in fondo Clara siamo un po’ tutti noi”.
Giulia Martellotta, Quindi chi sono io?, Lupi Editore, pag. 14.
L’inizio della tua opera ‘Quindi chi sono io?’ è un presagio o, forse, un avvertimento. Avverti il lettore che il tuo testo non fa per tutti. Soprattutto per chi finge di non vedere, di non capire. Bisogna fare attenzione. A chi e a cosa più specificatamente ti riferisci?
Mi riferisco a tutti i lettori, agli spettatori, ai burattinai e alle vittime; poiché non si sa mai chi si è fin quando non si viene coinvolti. Le vittime sono oggetto di una certa omertà data anche da chi vede e non fa nulla.
I burattinai sono spesso bisognosi in prima persona di presenze altrui. Li utilizzano per poter tormentare la vittima prescelta. Giocano con le insicurezze delle vittime causandone disagi che spesso diventano veri e propri tormenti esistenziali.
Il tempo non lenisce, forse riapre ferite mai rimosse nell’anima. Sembra una preghiera laica questo tuo tormentarti. Come se la paura fosse dietro l’angolo di ogni strada. Aiutaci a capire quali sono le paure di una ragazza di oggi.
Al primo posto c’è sicuramente il terrore di non essere ‘abbastanza’, di non arrivare alle aspettative, o di essere un rimpiazzo, la ruota di scorta, la seconda scelta… il non essere fondamentale per nessuno.
A lungo andare, il disagio divampa e porta ad un problema di auto-stima, che credo sia già all’inizio del proprio vivere, poi, ovviamente, viene meno la fiducia verso l’umanità.
È un degrado vero e proprio. Se lo vive oggi un adolescente è evidente che ci sarà un crollo sociale in larga scala. Si pagano conseguenze molto estreme e, spesso, non ce ne rendiamo conto.
Clara è Giulia, Giulia è tante ragazze o ragazzi che si sentono ostaggi e vittime di un burattinaio. Nel libro costruisci un identikit abbastanza chiaro. Come si possono schivare o demolire?
Clara è un frammento dell’animo di Giulia, un frammento separato. Tutti i ragazzi sono spugne, assorbono i comportamenti, i commenti e le abitudini altrui.
Credo che principalmente ci voglia molta fortuna, o semplicemente un essere così inflessibile da non venir scalfiti dalle loro parole e azioni.
Ad esempio, in certe circostanze, diventa importante trovare la propria valvola di sfogo. Uscire fuori dal proprio guscio: in maniera soggettiva, ovviamente.
Si può scrivere come faccio io, si può fare sport o cantare. L’importante è reagire a prescindere. Evitare di cadere in certi abissi.
La tua è una storia intensa, che ti penetra: si sente il dolore ma, anche, una certa sottile ostilità verso chi sfugge dalla verità per rifugiarsi in realtà parallele. Si avverte una voglia di riscatto che è lenta a presentarsi. È così?
Più che ‘voglia di riscatto’, è una capacità, una forza, che si acquisisce solo dopo. Sono sicura che se Valerio, Daniele o la stessa Clara, sono nomi di fantasia, avessero avuto questa forza, non avrei sentito il bisogno di scrivere questo libro.
Un altro modo per uscirne fuori è, senza dubbio, la capacità di ribellarsi ad ogni sopruso. Non accettare certe situazioni, e può avvenire in tanti modi.
Se il burattinaio utilizza i social, ad esempio, il campo di scontro può essere proprio il network di turno, magari declamando queste insane azioni che feriscono.
Così facendo, molti potrebbero capire la realtà amara e combattere al fianco di chi soffre. Sembra una cosa ovvia, ma non lo è per nulla.
Giulia, il tuo rapporto con il bullismo: che consigli ti senti di dare ai tuoi coetanei e ai cosiddetti adulti?
Ai miei coetanei sento di dire solo una cosa, fate attenzione, perché anche la scintilla più insignificante può diventare un incendio.
Gli adulti, secondo me, dovrebbero osservare meglio, informarsi, andare a fondo e leggere tra le righe quello che un figlio, uno studente o un nipote sta provando ad esternare temendo le conseguenze.
“Ogni volta che varcavo la soglia del cancello c’erano loro, con le loro maglie scollate e i capelli tinti, che con un impercettibile movimento delle dita mi stringevano il filo che avevano legato al braccio al collo proprio come dei burattinai”.
Ibidem, pag. 26.
La scuola cosa può fare per abbattere certi stereotipi e per aiutare chi è in difficoltà?
La scuola dovrebbe eliminare questo tabù intervenendo e parlandone, poiché non se ne parla mai veramente abbastanza. A dimostrazione di questo, ci sono le testimonianze di centinaia di ragazzi che, come Clara, stanno subendo le stesse angherie nel più totale e sottile silenzio di certe istituzioni.
La scuola, per me, è importante: spesso, ci sono insegnanti che riescono a capire meglio di tanti altri l’esperienza di noi giovani e aiutano con le parole e con i fatti.
La figura dell’insegnante deve essere rispettata e soprattutto aiutata, messa nelle condizioni di poter evidenziare i ruoli che ci sono in questo districato mondo, parlando di chi fa il burattinaio e di chi è vittima.
Con un professore, spesso, è più facile parlare del proprio dramma senza essere giudicato come, invece, può accadere tra le mura domestiche.
La scrittura per te è stata ed è una via di uscita, una possibilità. Come ti vedi nelle tue parole?
Sono dell’idea che tutti dovremmo aspirare a trovare una nostra valvola di sfogo: la scrittura, la musica, lo sport, come ho detto prima.
Le parole, se usate bene, possono essere la cura per qualsiasi cosa.
Sta a noi decidere le parole di chi ascoltare perché, molte volte, non sono quelle che vorremmo sentirci dire o che ci fanno stare meglio.
Io, con le parole, soprattutto quelle scritte, ci gioco, le sferzo per descrivere nel modo più semplice ed articolato; dipende, poi, dall’occasione, quello che uno o io sto vivendo, magari, per far rivivere le mie stesse emozioni.
Le parole sono un viaggio. Io con esse cerco di far provare agli altri le mie stesse emozioni.
In chiusura, che futuro ti aspetti? Stai lavorando ad un nuovo testo?
Attualmente ho già un testo completato ed un probabile seguito in corso d’opera.
Il primo è tutt’altro genere rispetto a quello pubblicato e di cui stiamo parlando. Possiamo definirlo un giallo per giovani, ma non voglio ingabbiare in qualche schema il mio nuovo romanzo.
Mi piacerebbe che lo leggessero tutti, perché una lettura non definisce chi siamo. Infatti, ci sono etichette che spesso si rivelano non appropriate. Molti testi sembrano per ragazzi ma, alla fine, coinvolgono soprattutto le persone adulte.
Il mio futuro?
Mi piacerebbe continuare nella scrittura, ma metto lo studio al primo posto. Un giorno mi vedrei bene a studiare Medicina. Del resto, l’ho detto, le parole sono la cura ad un’anima ferita.
Brava Giulia, che affronti i demoni di questo tuo tempo, che vuoi sfidare le regole del finto perbenismo dove tutto è bello e giusto, che stai conducendo senza timore la tua guerra contro il bullismo senza sottrarti a niente e nessuno.
“Sì, siamo una gioventù “bruciata”. Bruciata dall’irrealizzazione e dall’insoddisfazione di coloro che vediamo tutti i giorni, che, con le loro parole, incidono con del metallo bollente dei limiti sulla nostra pelle. Sommando il tutto è un bel peso da portare, no, adulti”?
Ibidem, pag. 32.
Questa è la gioventù che rende bella la vita e che ci fa sperare che il mondo contempla sempre una seconda possibilità.
Titolo: Quindi chi sono io?
Autrice: Giulia Martellotta
Casa Editrice: Lupi Editore
Costo: €14,99

Autore Massimo Frenda
Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.