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Zygmunt Bauman: un progetto di teatro

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Zygmunt Bauman


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Due ex ragazzi, quasi, ma non ancora, uomini, si dividono tre metri di una stanza di albergo nel Centro della città. Il primo, Marco, è deciso: si farà saltare in aria perché non vuol più aspettare che qualcosa migliori per lui, per la gente, tutta, non solo la sua.

Si farà saltare perché suo nonno era arrivato lì pieno di speranza di cambiamento. Suo nonno inserito, bravo a scuola, ma nonostante tutto non abbastanza “accolto” da trovare un lavoro che sia meglio di quello di garzone di rosticceria.

E poi il figlio, suo padre, certo non brillante allievo ma nemmeno peggio di altri; rimasto al semaforo vent’anni e chissà quanti altri ancora a venire. Lui no. Non avrebbe fatto quella fine.

Nella stanza accanto, intanto, un uomo anziano leggeva dei brani, poggiandosi ad un leggio con una disperazione, che ne tradiva la paura di crollare a terra.

Jan, invece, non era poi cosi convinto che quella fosse la soluzione.
Una rabbia sorda gli era scoppiata dentro dopo la morte della madre e aveva pensato che quella missione avrebbe potuto salvare la sua anima, il suo dolore. Il mondo.

L’uomo anziano continua a leggere:

Lo spettro del degrado sociale dal quale lo Stato sociale giurava di proteggere i suoi cittadini viene sostituito, nella formula politica dello “Stato dell’incolumità personale” dalle minacce rappresentate da un pedofilo in libertà, da un serial killer, da un mendicante invadente, da un rapinatore, da un malintenzionato furtivo, da un avvelenatore, da un terrorista o, meglio ancora, da tutte queste minacce riunite in un’unica figura, quella dell’immigrato clandestino, dal quale lo Stato moderno nella sua più recente incarnazione promette di difendere i suoi sudditi.

Marco è sempre più esaltato dalla possibilità di fare un gran numero di Santi, ad ogni considerazione la sua forza aumenta, comincia a tremare dall’eccitazione.
Nel frattempo, Jan è sull’orlo delle lacrime e piange disperato per sé e per quelli che porterà con sé nel martirio.

Nessuno dei due ha paura di morire, entrambi di non farcela.

Il sociologo intanto sciorina numeri che raccontano della strage ad opera dell’informazione della paura. Quella che per eccesso di legittima difesa fa sì che molte più persone muoiano nel tentativo di difendere un diritto alla vita, minato ad ogni telegiornale.

Marco è pronto ad andare. Jan resta seduto sul letto incapace di muoversi. Non andrà. Marco lo osserva dall’uscio incerto sul da farsi. Non riuscirà a dire nulla a Jan perché la porta della stanza sarà sfondata da poliziotti in assetto da guerra che bloccano i due ragazzi in due tempi. Jan dice loro di andare a liberare l’ostaggio che hanno da giorni rinchiuso nella stanza accanto.

Uno dei poliziotti allora fa per aprire la porta che li separa dal sociologo.
Ma Bauman, il sociologo, ha una pistola carica accanto alla tempia e non esiterà ad usarla contro se stesso, perché, come racconta una voce fuori campo mentre la luce si abbassa:

La democrazia e la libertà non possono più essere completamente e veramente garantite in un paese, o anche in un gruppo di paesi: la loro difesa, in un mondo saturo di ingiustizia e abitato da miliardi di esseri umani a cui è negata la dignità umana, finirà inevitabilmente per corrompere gli stessi valori che esse sono chiamate a difendere.

Il futuro della democrazia e della libertà o sarà garantito su scala planetaria, o non lo sarà affatto.

È stato un sogno, un sogno strano, trasformato per questa rubrica in un racconto, un racconto che chiunque ne abbia voglia può trasformare in qualcosa di suo.

Questo “esercizio” prende spunto dall’opera di Zygmunt Bauman, in particolare da “Il demone della paura”. Bauman è un autore annoverato tra i più influenti pensatori del mondo e mi è particolarmente caro per la grande attenzione alla “modernità” ed ai diritti dell’uomo.
È morto il 9 gennaio di quest’anno, a 91 anni.

Zygmunt Bauman

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Autore Barbara Napolitano

Barbara Napolitano, nata a Napoli nel dicembre del 1971, si avvicina fin da ragazza allo studio dell’antropologia per districare il suo complicato albero genealogico, che vede protagonisti, tra l’altro, un nonno filippino ed una bisnonna sudamericana. Completati gli studi universitari si occupa di Antropologia Visuale, pubblicando articoli e saggi nel merito, e lavorando sempre più spesso nell’ambito del filmato documentaristico. Come regista il suo lavoro più conosciuto è legato alle dirette televisive dedicate a opere teatrali e liriche. Come regista teatrale e autrice mette in scena ‘Le metamorfosi di Nanni’, con protagonisti Lello Arena e Giovanni Block. Per la narrativa pubblica ‘Zaro. Avventure di un visionauta’ (2003), ‘Il mercante di favole su misura’ (2007), ‘Allora sono cretina’ (2013), ‘Pazienti inGattiviti’ (2016) ‘Le metamorfosi di Nanni’ (2019). Il libro ‘Produzione televisiva’ (2014), invece, è dedicato al mondo della TV. Ha tenuto i blog ‘iltempoelafotografia’ ed ‘il niminchialista cinematografico’ dedicati alla multimedialità.