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Ritmo

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Ritmo


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Che titolo breve ha questa lezione! E sai perché? Perché quest’oggi parleremo di brevità e lunghezza – per favore, niente battute – sotto molti punti di vista.

Volendo porla su un piano che non mi compete come quello filosofico, parleremo di tempo e spazio, anche se con quello che studieremo oggi Kant non c’entra niente.

Uso non a caso questi due termini, tempo e spazio, perché insieme al ritmo costituiscono tre concetti che puoi incontrare anche nella musica. Ormai dovresti aver capito che torno spesso sul parallelo fra musica e scrittura.

Secondo me leggere un (buon) libro è come ascoltare una melodia.
Un libro sa emozionarti e lo fa sfruttando due canali: il testo, naturalmente, e la musicalità del testo. Proprio come le canzoni.

Prima di procedere un’avvertenza. Tutto quello che apprenderai in queste poche pagine equivale a leggere uno di quei libretti intitolati ‘Suonare la chitarra in 24 ore’. Cioè ti fornirò oggi dei concetti generici per iniziare a strimpellare. Poi sta a te applicarli e soprattutto esercitarti, esercitarti ed esercitarti. E sperimentare. Proprio come chi impara a suonare davvero solo dopo che ha passato anni a spaccarsi le dita sulla chitarra e ormai i calli sui polpastrelli li chiama per nome.

Parlare di ritmo nella scrittura può causare confusione, dato che il ritmo tocca due ambiti differenti e indipendenti. Iniziamo a parlare quindi di ritmo narrativo, e per farlo comincio col dirti che questa nozione ha senso solo se rapportata al tempo.

In un testo narrativo il tempo scorre in modo differente rispetto al tempo reale: talvolta è più lento, altre volte più veloce. In altri casi, i due tempi possono anche coincidere. Impieghiamo però i termini tecnici: in narratologia il cosiddetto tempo reale prende il nome di arco temporale; c’è poi il ritmo narrativo, ossia il tempo della narrazione, che può essere rallentato o velocizzato a seconda dei casi.

Vediamo alcuni esempi. L’‘Ulisse’ di Joyce, che ho citato nelle lezioni precedenti, ha un arco temporale minimo: l’intera vicenda si svolge in un unico giorno. Tuttavia l’opera cuba centinaia di pagine, dunque il ritmo narrativo è in questo caso molto lento perché l’autore ha scelto di raccontare un solo giorno allungando e rallentando il ritmo della narrazione.

Qualcosa di simile accade anche in un romanzo di Dan Brown, ‘Il simbolo perduto’, laddove l’intera vicenda si svolge in, se non ricordo male, appena 12 ore. Ma in questo caso, essendo un thriller, il ritmo è incalzante. Dopo vedremo perché.

Il tempo narrativo può essere anche velocizzato. Ad esempio ne ‘Le parrocchie di Regalpetra’, Sciascia sintetizza un’intera estate, tre mesi, in due frasi:

Passai le vacanze leggendo libri americani, non ricordo come mi fossero venuti tra le mani. Ritornai a scuola pensando fosse finito il tempo delle manifestazioni.

In questo caso il ritmo narrativo è molto veloce e, adoperando un gergo tecnico, Sciascia ha applicato uno strumento chiamato sommario.
I sommari infatti ci permettono di riassumere in poche righe un arco temporale molto più lungo.

Un altro espediente per velocizzare il ritmo narrativo è l’ellissi, con la quale addirittura si “salta” a piè pari un certo periodo dell’arco temporale della storia. Questo esempio è tratto da ‘La certosa di Parma’ di Stendhal:

Qui chiediamo il permesso di passare, senza dire una sola parola, su uno spazio di tre anni…

Esistono poi strumenti appositi anche per rallentare il ritmo, come la pausa con la quale il ritmo della narrazione addirittura si ferma per dar spazio, ad esempio, alle riflessioni di un personaggio o alla descrizione di un qualcosa. La pausa in genere conduce a una digressione e si dice che interrompa la linea temporale della storia. Va adoperata con cautela, perché interrompere il ritmo troppo spesso può infastidire il lettore.

Un escamotage simile alla pausa è l’indugio, che tuttavia non arresta del tutto la storia, ma la rallenta in maniera pesante insistendo su un dettaglio, un’azione o una descrizione minuta per dilatare il tempo di narrazione.

Invece il modo migliore per far coincidere arco temporale e ritmo narrativo è ricorrere alla scena, che è come raccontare “in diretta” ciò che sta accadendo. Quasi sempre, questo avviene durante i dialoghi. Ricorda però che i dialoghi possono anche non avvenire in diretta – e questo è il motivo per cui si parla di discorso indiretto.

Come fai a sapere quali strumenti utilizzare e come deformare il ritmo narrativo della tua storia? Quando accelerare e quando decelerare? Come anticipato, un grande aiuto ti viene dall’esercitazione e dall’esperienza. Più scrivi – e più leggi – tanto prima imparerai a capire in che modo piegare il tempo della storia alle tue necessità.

Sull’importanza di esercitarsi, in ogni ambito, esistono molte teorie e la più famosa di queste è la regola delle 10.000 ore, secondo la quale per riuscire a padroneggiare qualunque competenza è necessario esercitarsi per almeno 10.000 ore.

Tuttavia non sono molto d’accordo con questa regola perché, per esempio, non tiene conto della predisposizione e del talento individuale, oltre che di molti altri fattori come la velocità di apprendimento, le possibilità economiche, ecc..

Torniamo in tema. Se è vero che è fondamentale esercitarsi, è altrettanto vero che tre o quattro trucchetti posso insegnarteli:

  • Nelle fasi iniziali di una storia, soprattutto nell’incipit, è vietato decelerare. Chiariamoci, non vietato per legge, ma te lo sconsiglio in quanto di norma un lettore, ma anche un editore, preferisce velocità e fatti all’inizio. Avrai tutto il tempo per rallentare, approfondire e raccontare dopo aver preso al guinzaglio il lettore;
  • Quando racconti una scena d’azione – cioè sta succedendo qualcosa d’importante – e soprattutto nel climax non puoi rallentare o interrompere la “diretta”. È come se nell’ultimo round di un combattimento di ‘Rocky’ il regista avesse fermato l’incontro per mostrare un flashback di quando il pugile era bambino. Ti pare il momento?
  • In generale, tutte le volte che devi spiegare qualcosa che è successo prima nella storia o è necessario approfondire un determinato punto, rallenta. Ciò equivale a fare un primo piano. Puoi rallentare nelle sequenze descrittive o per esternare i pensieri di un personaggio, ma attenzione a non esagerare.

Vedi, gestire il ritmo narrativo è creare la giusta armonia, sapere quando correre e quando camminare, sapere quando creare ansia o tensione nei lettori e quando invece occorre rilassarli e permettere che si godano il paesaggio. È stato detto, e io concordo, che il cuore del lettore deve battere al ritmo della narrazione. In una scena al cardiopalma il ritmo dev’essere velocissimo, e il battito di chi legge seguirà per magia l’incedere del racconto; una gradevole descrizione invece rilasserà il lettore, rallentandone anche il battito cardiaco. Garantito.

Ok. Finora abbiamo visto cos’è il ritmo narrativo e quando alterarlo. Resta da capire come. Il come è qualcosa molto vicino allo stile e siamo giunti al secondo ambito in cui, come ti dicevo all’inizio, il ritmo influisce nella scrittura. E se prima l’abbinamento era ritmo – tempo, in questo caso vale l’associazione ritmo – spazio.

Parleremo ora di lunghezza del periodo e di punteggiatura, sapendo che ambedue le caratteristiche possono incidere sul ritmo di una storia.

Osserva questo esempio:

Oggi mi sento proprio bene. Voglio fare qualcosa di bello. Magari potrei chiamare un amico. E se poi non viene? Forse è meglio non rischiare. Resterò buono a casa mia. Se qualcuno bussa non apro.

Notato qualcosa di strano? Cosa c’è che non va nel testo quassù? Questo pessimo testo che ho appena inventato è monotono: le frasi hanno tutte la stessa lunghezza, addirittura ho usato sempre cinque parole per frase, e a collegarle fra loro c’è sempre e soltanto un punto, tranne nella quarta frase che è una domanda. Un testo così a chi potrebbe mai piacere?

Modificare la lunghezza dei periodi, alternando frasi concise ad altre più lunghe, ti permette di portare il lettore dove vuoi. Gli fai fare su e giù, come sulle montagne russe dove ci sono le salite – frasi molto elaborate che si intersecano fra loro – e all’improvviso scendi in picchiata con periodi molto brevi. E la metafora non è casuale, perché i periodi lunghi e articolati rallentano, quelli brevi accelerano il ritmo.

Ah, che splendida giornata! Mi sento proprio bene oggi, mi andrebbe di fare qualcosa di bello… quasi quasi chiamo un amico, magari Giuseppe che è una vita che non lo sento. Certo, potrebbe essere impegnato e declinare il mio invito, d’altra parte l’ultima volta non ci siamo lasciati molto bene. Però cavolo, siamo amici o no? Ora lo chiam… il telefono. Dove l’ho messo? Giuseppe. No vabbè, questo è un segno del destino.

Questo secondo testo non è niente di eccezionale ma va già meglio. Nota come ho alternato la lunghezza delle frasi, e come anche la punteggiatura sia variata. Ma esaminiamo il tutto da vicino.

Ah, che splendida giornata!

Abbiamo una frase corta, ma soprattutto un’esclamazione, infatti c’è il punto esclamativo, introdotta dalla parola “Ah” a indicare un certo stupore del protagonista. L’intenzione è comunicare che quel personaggio è di buonumore e il periodo successivo – più lungo e composto da più frasi – rallenta il ritmo per mostrare attraverso i suoi pensieri questo stato di leggera euforia. Poi abbiamo un indugio:

Certo, potrebbe essere impegnato e declinare il mio invito, d’altra parte l’ultima volta non ci siamo lasciati molto bene.

che contiene a sua volta una brevissima analessi, “l’ultima volta…”. Segue una serie di frasi brevi delle quali una “muore sulla bocca del narratore”:

Ora lo chiam… il telefono.

Il ritmo qui è velocissimo e subentra anche un evento esterno, se ricordi la lezione sugli archetipi, il telefono ha la funzione di messaggero, che riporta il lettore in diretta. Il nome “Giuseppe” che troviamo subito dopo è una frase di una sola parola e il suo scopo, oltre ad accelerare al massimo il ritmo, è rimuovere del tutto i dubbi del protagonista: lo chiamo o non lo chiamo? Mi ha chiamato lui.

Come detto il modo più immediato per dilatare il tempo è ricorrere a frasi lunghe e interconnesse. Viceversa frasi brevi o brevissime ti consentono di pigiare il pedale dell’acceleratore. Tuttavia un ruolo forse ancora più importante lo riveste la scelta della punteggiatura, ed è qui che i concetti di ritmo e stile si vengono a sovrapporre in maniera più netta. Eccoti delle indicazioni di base, ma ricorda che nulla ti impedisce di crearti uno stile personale utilizzando la punteggiatura in modo differente:

  • La virgola rallenta dolcemente:

Sai, volevo dirti che mi è piaciuto il modo in cui ti sei comportato ieri.

  • Il punto è inchiodare sul freno, rallenta moltissimo:

Era convinto del’esistenza del vero amore. Poi lei scappò via con un altro.

  • Il punto e virgola rallenta più della virgola e meno del punto ma, soprattutto, andrebbe impiegato soltanto per elencare qualcosa:

Andò a domandarlo dapprima ai suoi figli; poiché le loro risposte non furono soddisfacenti decise di rivolgersi ai loro amici, invano; fu quindi la volta degli insegnanti, che ne sapevano meno di lei; la rivelazione venne infine dalla persona meno accreditata, l’istruttore di fitness.

  • I due punti descrivono:

C’era solo una cosa in grado di mandare in bestia Marcella: le menzogne.

  • I puntini sospensivi costituiscono un’interruzione brusca della narrazione, oppure servono a lasciare un discorso a metà, sia nei dialoghi che nelle sequenze narrative. Non abusarne perché gli editori li odiano:

Sì, volevo andarci, ma poi…

Come detto, queste sono linee guida. Puoi combinare la punteggiatura secondo il tuo gusto. Attenzione solo a non esagerare, ad esempio troppe virgole nella stessa frase possono innervosire chi legge:

Devo dire, anche se voi, magari, non sarete d’accordo, che un testo, specie se narrativo, corredato da un numero di virgole, decisamente, eccessivo, contribuisce a renderlo illeggibile, quel testo, ed è quasi come quando, mentre guidi, sei nel bel mezzo del traffico e, costretto dalla colonna di autoveicoli, continui a fare su e giù con la frizione, mezzo metro avanti, freno, mezzo metro avanti, freno, e così non vai da nessuna parte, non trovi?

Parimenti devi sapere che ci sono delle eccezioni. Ad esempio, è vero che il punto rallenta, ma una sequenza di frasi brevi separate da punti possono al contrario rendere la narrazione velocissima, quasi schizofrenica:

Piove. E io non ho l’ombrello. Roberto me l’aveva detto che sarebbe piovuto. Quel tipo lì ha sempre ragione. A volte lo detesto. Uffa. Non smette. Devo uscire. Chiara mi aspetta e piove. Dannazione. Un muro d’acqua. Tutta ora la devi far scendere?

Un’ultima cosa che col ritmo non c’entra niente! Parlando di punteggiatura sento il dovere di dirtelo! Il punto esclamativo! Anche qui, non esagerare! Va bene l’enfasi, ma il troppo stroppia! E non farmi fare brutta figura! Gli editori odiano anche quelli! Per oggi è tutto, gente! Alla prossima!

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Autore William Silvestri

Autore, formatore e direttore editoriale di Argento Vivo Edizioni. Prima di entrare nel mondo dell'editoria ha pubblicato i romanzi 'Divina Mente', 2011, 'Serial Kinder', 2015, e 'Ci siete mai stati a quel paese?', 2017, 'Io e la mia scimmia', 2019, oltre al saggio esoterico 'Chi ha paura del Serpente?', 2015.