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Non hai avuto tempo

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Riflessione sulla “stupidologia” quotidiana e artistica

Ricordo quando, anni fa, se si era in ritardo ad un appuntamento, e ci si trovava per strada, occorreva cercare, non senza un certo imbarazzo, una cabina telefonica e i gettoni. Non sempre era facile avere tutto a portata di mano.
Poteva quindi capitare che, un imprevisto, e la mancanza di un preavviso dell’assenza o di un ritardo, venisse giustificato con la fatidica frase:

Non ho avuto tempo per avvisarti, mi spiace!

Ma oggi?
Come reagite quando ve lo sentite dire?
Ehh sì, perché chi trova una giustificazione del genere, pur sapendo che abbiamo tutti un cellulare a portata di mano, come può avere l’ardire di pensare che possa essere creduto?

C’è chi reagisce con rancore:

Ma mi crede così imbecille? Mi reputa davvero così stupido e credulone?

C’è invece chi non può fare a meno di rimembrare il passato:

Ma dove è andata a finire l’educazione di una volta?

C’è chi ancora rimugina fra sé e sé:

Deve essere proprio imbranato e deficiente di intelletto se non è riuscito a trovare nemmeno cinque secondi per mandare un messaggio!

E, infine, c’è chi perde definitivamente la pazienza:

Ora basta! Non sono proprio più disposto a dargli fiducia! Non si merita nulla uno che, non solo non rispetta il mio lavoro, ma nemmeno tutti gli altri che lo stavano aspettando!

E voi? Che cosa pensate quando, dopo avervi dato buca, od essere arrivati in ritardo senza preavviso, vi dicono:

Non ho avuto tempo per avvisarti!?

E peggio ancora se sono, oltretutto, degli habitué?

Sarà bene farsi una domanda e darsi una risposta precisa.

Che cosa ci consente di vivere in completa e totale armonia con la nostra stupidità?
La soluzione è semplicissima e cioè la convinzione e la certezza assoluta che gli stupidi siano sempre gli altri. Tutto ciò, ovviamente, ci impedisce di vedere la nostra e questo vale per tutta una serie infinita di difetti che sembra appartengano solo al nostro prossimo ma non a noi.

A quanto pare, oltretutto, gli studiosi e i ricercatori sono sempre più convinti che non esista settore che non sia contaminato da una certa “stupidologia” se mi si consente un neologismo, solo che in certi ambienti, come per esempio quello artistico, viene nobilitata trasfigurandone il nome e chiamandola più suggestivamente innovazione creativa.

Si dice che, oggi, ciò che conta non è la qualità dell’arte, bensì l’idea artistica innovativa. Ebbene signori miei, sappiate allora che chiunque potrebbe diventare famoso semplicemente ispirandosi al cesso.

Nel mese di maggio del 1961 Piero Manzoni, da non confondere con il più “antiquato” Alessandro, creò ben 90 barattoli contenenti la sua arte defecante. L’opera venne intitolata: ‘Merda d’Artista’ e si proponeva di mettere in ridicolo la società dei consumi che ci propina ogni sorta di stupidaggini. I barattoli sono esposti, separatamente, in vari musei, il barattolo 4 si trova, per esempio, a Londra, a Napoli il 70 mentre il numero 80 si trova a Milano, e ogni pezzo da “collezione” vale circa 70.000 euro.

Avete letto bene signori miei, non sto farneticando. Un’idea brillante, remunerativa, che non so se fa più puzza o più ridere! Ora, dal momento che, secondo il Manzoni, Piero, siamo tutti così idioti da comprare prodotti – spazzatura, di certo i più cretini non sono i poveri, giacché questi ultimi, per quanto corrotti dalla società dei consumi, mai si sognerebbero di spendere migliaia di euro per un barattolo di merda giacché si reputano ben capaci di prodursela da soli e in quantità desiderata e giornaliera. E se proprio a volte non ci riescono, con pochi euro si comprano una purga!

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Autore natyan

natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.