Home Rubriche Pensieri di un massone qualsiasi L’entrata nel Tempio: un cambiamento di stato

L’entrata nel Tempio: un cambiamento di stato

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Sala dei Passi Perduti


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Per passare dalla vita ordinaria, volta verso l’esterno, all’azione interna della meditazione occorre una preparazione triplice: rilasciamento fisico, acquietamento emotivo, raccoglimento mentale.
Roberto Assagioli

… e fare come gli arcieri prudenti, a’ quali parendo el loco dove disegnano ferire troppo lontano e conoscendo fino a quanto va la virtù del loro arco, pongono la mira assai più alta che il loco destinato, non per aggiugnere con la loro freccia a tanta altezza, ma per poter con l’aiuto di sì alta mira pervenire al disegno loro.
Niccolò Machiavelli

Alcuni scritti hanno l’obiettivo di consolidare le fondamenta del Tempio della Virtù.
Ho detto “consolidare le fondamenta” e c’è un perché: infatti l’argomento trattato rappresenta un tema fondamentale, anzi un “prerequisito” la cui non conoscenza ed osservanza potrebbe precludere all’ignaro Massone ogni significativo avanzamento sulla via iniziatica.

Condivido completamente una frase del Dalai Lama:

Quando parli stai solo ripetendo quello che sai. Ma quando ascolti puoi imparare qualcosa di nuovo.

Perfetta la consonanza con il famoso detto di Lao Tsu:

Chi sa non parla e chi parla non sa.

Purtroppo o per fortuna da quando la Massoneria è “speculativa” è difficile, se non impossibile, sottrarsi alla liturgia della parola. Siate quindi indulgenti nei confronti del mio lavoro. Conosco già da solo tutti i miei limiti e i limiti del caso.

Le due semplici regole che ho seguito per elaborare questo approfondimento sono le stesse che applico da anni al mio lavoro iniziatico e che consiglio sommessamente a tutti.

Primo: documentarsi, assimilare, meditare, riflettere ed elaborare non solo con la propria testa, ma con tutto il proprio essere. Prima di accingersi al lavoro di scrittura dare tempo al tempo e attendere che il senso del disegno architettonico possa gradualmente germogliare dentro di sé.

Secondo: non copiare e incollare da lavori altrui, questa diffusissima pratica non solo è assolutamente inutile per la propria crescita personale ma è anche particolarmente irrispettosa della proprietà intellettuale. Casomai, quando è necessario e con moderazione, si può riportare una frase, un pensiero, virgolettandolo per distinguerlo dal proprio scritto e citandone rigorosamente la fonte.

Realizzato in questi termini il processo di scrittura si può trasformare in un atto altamente tradizionale, in completa antitesi con la nostra età oscura e contro iniziatica che ci vorrebbe schiavi della velocità, delle scorciatoie, in una parola, del tutto e subito.

Quando si scrive, ma questo vale anche quando si ascolta, occorre cercare di cogliere il senso nascosto dietro la forma e la prescrizione. Niente in Massoneria è formale più di quanto sia sostanziale. La vera difficoltà è riuscire a cogliere i piani di gerarchia dell’essere. Prima il contenuto e poi la forma. In un percorso che parte dal non manifestato, dal non conosciuto, all’epifania.

In Massoneria, come in altre vie tradizionali, nasce sempre prima l’uovo e poi la gallina. Da qui il fondamento del vero esoterismo. È sempre la causa prima che genera ogni successiva “conseguenza”. Il rapporto con la conoscenza non deve essere di tipo “comportamentale” e farci diventare degli imitatori allo specchio. Questo è un solo un processo esterno auto suggestivo, che resta solo in superficie.

Il Massone è per definizione uno gnostico. Il segreto dei segreti sta nel metodo d’approccio alle cose. Passare dalla squadra al compasso è un cammino che comporta il ritiro della proiezione e la separazione dei metalli per realizzare la morte della grande illusione, dell’identificazione con il rutilante mondo dei fenomeni. In questa prospettiva ogni conoscenza realmente acquisita diventa una testimonianza viva dove esempio e parola sono facce di uno stesso linguaggio.

Aprire il terzo occhio, mettersi in ascolto con il terzo orecchio significa cogliere il mondo sub specie interioritatis. Far sì che ogni volta che si vede un cielo stellato, un simbolo della natura, un archetipo del nostro essere, dentro e fuori dal Tempio, lo si colga come un elemento non separato. Ma strutturalmente indiviso. Una parte di sé non riconosciuta pronta a svelare l’arcano della nostra forma interiore. Occorre auto-esplorarsi. Scendere come speleologi nelle profondità vive dell’essere o volare come astronauti fino ai limiti della curvatura del cosmo.

Per realizzare tale conseguimento, lo ripeto fino alla noia, occorre riportare ogni cosa a sé stessi. Coglierla all’interno e dall’interno. Solo così per ognuno si svelerà il senso. Solo così la Massoneria potrà mantenere la promessa che non saremo mai uomini peggiori di come eravamo prima di essere iniziati.

Questa premessa preparatoria è parte integrante del tema. Perché è proprio di “pre-parazione” che ci interessa parlare. Cioè di quelle attività spirituali, intellettuali e fisiche a cui l’iniziato si deve attenere per svolgere correttamente i lavori rituali nel Tempio, consapevoli del fatto che “non si può portare dentro quello che deve restare fuori, né portare fuori quello che deve restare dentro”. È questo, per l’appunto, lo stretto ambito di questo studio.

Et vos estote parati quia qua nescitis hora, Filius hominis venturus est;
Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà.
Matteo 24,44

Ma quando devono iniziare realmente le pratiche preparatorie per approssimarsi alle porte del Tempio con i regolari prerequisiti? L’errore più madornale sarebbe quello di pensare che la preparazione psico-fisica e l’accordatura spirituale verso il Sacro debba essere una pratica limitata ad una messa a punto dell’ultimo minuto nella Sala dei Passi Perduti.
In realtà è esattamente il contrario. Una buona preparazione all’attività rituale deve essere organizzata per tempo e nel tempo.

Tra le pratiche propedeutiche tradizionali da seguire prima di recarsi ai lavori di Officina una delle più importanti è quella dell’abluzione, il cui significato originario è “lavarsi dal fango (lutum)”. Se non fosse possibile un lavacro completo a ridosso della tornata, si suggerisce almeno di lavarsi bene il viso e le mani, visualizzando una purificazione rituale totale. Anche un digiuno, non esasperato, con l’assunzione a pranzo di cibi leggeri e la pratica della castità nella giornata di riunione rituale possono contribuire a evitare un appesantimento fisico e fluidico, favorendo così, la sintonia della giusta frequenza vibratoria.

Altra norma utile è predisporsi per tempo ai lavori fissando con anticipo nella memoria il tema all’ordine del giorno della Tornata sia sul piano esoterico che amministrativo e interiorizzando la parola di passo semestrale.

Nella attuale fase di decadenza del Kali Yuga il tempo tende a condensarsi, materializzarsi, solidificarsi fino a diventare “spazio”. Quando si opera nel Tempio, invece, avviene o dovrebbe avvenire, l’esatto contrario: lo spazio si trasforma in tempo sacro, si entra nel ritmo circolare della ruota dei giorni, si scopre un mondo nuovo, sorgivo dove le emozioni del mondo “tramontano”, trascolorano e gli accadimenti i fatti di cronaca, le angosce del mondo si fanno riflesso lunare e, grazie ad una meditazione individuale e di gruppo, possono essere trasformati in “significati”.

Il Rituale dell’Apprendista stabilisce che i Fratelli, prima dell’ingresso nel Tempio, in attesa della chiamata al lavoro da parte del Maestro delle Cerimonie, debbano “sostare per qualche minuto in silenzio e meditazione nella sala dei passi perduti che deve essere opportunamente oscurata”. Qui il Massone, abbandonati i propri metalli, si deve preparare ad un radicale cambiamento di stato. In quella semioscurità sepolcrale ancora una volta la maschera dell’ego deve morire per liberare la potenza del sé.

Il silenzio è propedeutico alla meditazione.

Come scriveva il compianto maestro Sebastiano Caracciolo:

Dal silenzio scaturisce la meditazione, cioè il pensare lento, continuo e profondo, nella nostra interiorità.

Quello che ci attende, da lì a poco, varcando il confine delle colonne del Tempio, è un’operazione di catena fondamentale per sacralizzare il tempio. Ma come potremmo consacrare il nostro spazio sacro se prima non riusciamo a consacrare noi stessi?
Occorre pertanto entrare in una dimensione intermedia, sospesa tra il sacro e il profano.

E, come avviene all’interno delle grandi orchestre un attimo prima dell’esecuzione,
dobbiamo accordare il suono del nostro strumento per poi sincronizzare e fondere la nostra vibrazione con la frequenza collettiva dell’Eggregoro. È questa un’operazione delicatissima. Una cattiva esecuzione, anche una sola stecca, può rendere inefficaci i successivi passaggi ed atti rituali.

In particolare i pochi rimasti di tipo teurgico, quelli ravvisabili nelle invocazioni, ovvero le formule che chiedono l’intervento del Cielo: “Alla gloria del G.A.D.U.” pronunciata in apertura e in chiusura, così come il richiamo iniziale a Sapienza, Bellezza e Forza e finale a Forza, Bellezza e Sapienza, dove si invocano veri e propri Enti e Forze superiori.

Detto solo per inciso la Teurgia, dal greco theos = dio e ergon = opera, è una pratica tradizionale assimilabile alla “preghiera”.

Come scrive lo studioso di Qabbalah Pierre Hadot:

Ciò che distingue precisamente la teurgia dalla magia è l’assenza di veemenza, di costrizione, di minaccia, e quindi la docilità e la sottomissione alla volontà di Dio.

La teurgia è, quindi, l’unica operazione ammessa ed ammissibile in senso iniziatico puro.

Come ben sottolineato nello studio ‘Istruzioni di catena’ tratto dall’Introduzione alla Magia del Gruppo di Ur

la forza collettiva della catena costituisce un ente vero e proprio al servizio di coloro che lo hanno formato; è una coagulazione di luce astrale, che può proiettarsi in una ‘figura’ psichica, e che è strettamente collegata ai simboli ed alle formule che in una certa comunità, scuola o tradizione iniziatica hanno servito a fissarla.

Perciò può accadere che il semplice tracciare taluni segni tradizionali, o la semplice pronuncia di nomi o di invocazioni in circostanze adatte possano provocare fenomeni di illuminazione, di apparizioni o di realizzazioni apparentemente inesplicabili.

Anche alcuni semplici tecniche di respirazione possono aiutarci a rallentare le onde elettriche del cervello fino a produrre le onde tipiche della meditazione, quelle “alfa” e “theta”.

I rituali della Golden Dawn, Ordine nato alla fine del XIX secolo, prescrivono al neofita di effettuare una respirazione ritmica:

fino a che il corpo è immobile e la mente in quiete. Mantieni questo stato per qualche minuto, all’inizio, e quindi più a lungo, via via che ti abitui ad impedire che la mente divaghi. Pensa dapprima in modo generico al soggetto della meditazione, quindi scegli un pensiero o un’immagine e seguila fino alla sua conclusione.

La tecnica proposta è quella della ‘respirazione a ritmo di quattro’: prima svuotando i polmoni e restando così contando fino a 4. Poi inspirando contando fino a 4. Quindi trattenendo il respiro contando fino a 4 e infine espirando contando fino a 4, fino a svuotare i polmoni.

Tra le altre pratiche tradizionali ci vengono in ausilio altri due importanti strumenti: l’ascolto di musica rituale e la fumigazione con incenso. La prima è un potente strumento “dissolvente” che aiuta ad “assottigliare” i nostri corpi grossolani e ad aprire i nostri centri sottili, agevolando, similmente all’azione della cazzuola, l’armonizzazione delle diverse frequenze individuali.

L’olfatto, poi, è una porta segreta che ci mette rapidamente in contatto con la nostra anima. Il significato profondo dell’olfatto è l’utilizzo del “fiuto sottile” al servizio del discernimento.

Le fumigazioni sacre rappresentano un aspetto fondamentale della ritualità purtroppo troppo spesso dimenticato. Antiche tradizioni massoniche ci indicano le sostanze e i dosaggi necessari suddivisi per grado ed occasioni rituali.

Ad esempio in primo grado di Apprendista si suggerisce di bruciare con carboncini in vasi di terracotta una miscela di resine composta in parti uguali di Incenso e di Mastice, la resina trasparente del lentisco.

Tutte le operazioni citate sono coordinate dal Maestro delle Cerimonie su richiesta del Maestro Venerabile. Egli è l’unico Ufficiale di Loggia autorizzato a entrare per primo nel Tempio, preparandolo per la consacrazione e vigilando sulla condizione animica dei partecipanti.

Solo dopo aver osservato le prescrizioni e i precetti appena descritti si può sperare di oltrepassare degnamente il confine delle colonne B e J. Ma questo potrebbe essere un argomento da sviluppare in un focus successivo. Per ora mi fermo qui, alle soglie dell’ingresso del Tempio. Al confine tra il mondo del tempo e del non-tempo.

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Autore Hermes

Sono un iniziato qualsiasi. Orgogliosamente collocato alla base della Piramide. Ogni tanto mi alzo verso il vertice per sgranchirmi le gambe. E mi vengono in mente delle riflessioni, delle meditazioni, dei pensieri che poi fermo sul foglio.