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Intervista a Nicola Guarino: suo il primo corto italiano creato con IA

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Il regista napoletano conferma la sua vena avanguardista realizzando con l’IA generativa ‘Nelle fauci del tempo’, un’opera ispirata alla storia del Cronovisore di Ernetti

Come anticipato in anteprima dalla nostra testata, il 23 luglio è uscito in Italia ‘Nelle fauci del tempo’, cortometraggio generato con l’ausilio dell’Intelligenza artificiale, del regista napoletano Nicola Guarino, da lui prodotto con IndizIDiCinema, tratto dall’omonimo libro di Davide Pulici, che vede la collaborazione artistica di Fabiana Masciopinto.

La storia è incentrata sulla vita di Padre Pellegrino Ernetti, uomo di grande cultura e mentalità aperta, monaco, fisico, esorcista, esperto di musica, che intuì, per primo, la possibilità di esplorare i confini del tempo.

Coadiuvato da un gruppo di 12 studiosi di tutto rispetto, tra cui tra cui Enrico Fermi, Werner von Braun e padre Agostino Gemelli, negli anni 50 avrebbe inventato, appunto, una macchina del tempo, definita, poi, da Luigi Borello ‘Cronovisore’.

L’apparecchio, basandosi sul presupposto, ripreso dalla teoria della relatività di Albert Einsten, che qualsiasi azione, gesto o movimento si trasforma in energia che non si distrugge, ma continua a vagare nell’Universo, avrebbe consentito di ‘sintonizzarsi’ sulla traccia energetica di qualunque essere umano vissuto e, dunque, di poter visualizzare, ‘come in un film’, il passato.

Attraverso gli esperimenti, filmati e mostrati a Pio XII, sembrerebbe che fossero stati osservati prima personaggi contemporanei, come Mussolini, poi storici, come Napoleone e Cicerone, fino a trovarsi dinnanzi alla passione di Gesù.

Al Vaticano avrebbero giurato di non divulgare le informazioni in loro possesso e, per evitare di farlo finire in mani sbagliate, con conseguenze nefaste per l’umanità, lo smontarono per consegnarlo alla Santa Sede, dove sarebbe tuttora conservato.

La vicenda, vera o falsa che sia, di certo non smette di stuzzicare le menti più curiose e creative, tanto che, Nicola Guarino, regista televisivo e cinematografico, ha avuto la geniale intuizione di realizzarne un cortometraggio mediante l’ausilio dell’Intelligenza artificiale, esperimento primo nel suo genere in Italia.

E proprio a lui ci rivolgiamo, per saperne di più.

Nicola, come sei venuto a conoscenza del Cronovisore e com’è nata l’idea di un corto?

Quella del Cronovisore è una storia di vecchia data, che mi era nota fin dall’adolescenza.

La mia passione per il paranormale, gli studi di frontiera e l’ufologia mi portarono a leggere di questo caso misterioso, a tratti fumoso, che mi ha sempre affascinato.

Ad inizio anni 70, su Domenica del Corriere uscì un articolo che raccontava di una macchina che sarebbe servita per guardare nel tempo. Venne mostrata la foto di un presunto Gesù, durante la passione, che suggestionò molto l’opinione pubblica. Si scoprì, poi, che era il crocifisso di una chiesa, e non si approfondì ulteriormente. Eppure, i sostenitori dell’esistenza del dispositivo reputano fosse una falsa prova escogitata per screditare e mettere tutto a tacere.

Per 50 anni la vicenda è restata pressoché invariata. L’unico vero passo avanti, in questo senso, l’ha fatto Davide Pulici, storico del cinema ed editore della rivista Nocturno Cinema, pubblicando, quest’anno, il libro ‘Nelle fauci del tempo – La storia di Padre Pellegrino Ernetti’, per la Nocturno Libri, un lavoro incredibile, accurato e di sostanza, che mi ha ispirato molto. Il volume è acquistabile online sullo shop del sito, invito tutti a leggerlo.

Personalmente, la macchina mi interessa da un punto di vista umanistico, filosofico, non di funzionamento. È un argomento di nicchia, intrigante, di cui si trova riferimento anche in alcune opere, come, ad esempio, in ‘Devs’, una miniserie TV statunitense del 2020, in cui si narra di un centro di ricerche che ha messo a punto quello che noi chiameremmo Cronovisore. In una delle scene madri viene mostrata proprio la passione di Gesù.

Stavo cercando uno spunto narrativo originale per sperimentare ed usare, per la prima volta, la tecnologia generativa applicata a qualcosa di interessante, realizzando un cortometraggio con l’ausilio dell’IA.

Mi sono chiesto cosa vi avrei cercato, se lo avessi avuto a disposizione, su quale traccia energetica di quale individuo mi sarei sintonizzato e se fosse stato opportuno concentrarmi su eventi e personaggi storici, o, piuttosto, sui miei ricordi, il mio vissuto e i miei affetti.

Volevo, poi, capire se l’Intelligenza artificiale generativa mi avrebbe davvero permesso di creare un discorso coerente e logico con la sceneggiatura. Non dimentichiamo che si tratta di una tecnologia che migliora sensibilmente e con incredibile rapidità. Un anno fa, per intenderci, avrebbe prodotto, al massimo, delle illustrazioni, anche di bassissima qualità. Chissà cosa si potrà fare tra sei mesi!

Quali tecniche hai utilizzato per realizzarlo e perché hai scelto di far ricorso all’Intelligenza artificiale?

L’Intelligenza artificiale generativa non è semplice da spiegare, proverò ad essere il più chiaro possibile. Al computer dai un prompt di comandi, una riga in cui scrivi cosa vuoi venga realizzato, che viene rielaborata, fino ad ottenere un risultato, che non puoi conoscere a priori.

Ho scritto, ad esempio, che creasse la pioggia su Roma, le antenne, le persone; a volte ho fornito dei modelli, mentre altre ho lasciato i campi vuoti, così che li colmasse da sé.

Ho inserito delle foto che per me avevano un significato particolare. Ad esempio, ce n’è una mia da piccolo, a cui ho aggiunto la voce ‘bambino con giocattoli’; come si può osservare, gli oggetti inanimati rimangono pressoché uguali, mentre la figura umana viene di continuo trasformata, tanto da passare da una colorazione di capelli bruna ad una bionda.

Per quanto riguarda, invece, le immagini in movimento, la clip non è stabile, dopo pochi secondi va ad essere creativa, riempiendo, con altro, il vuoto del comando.

L’IA generativa è particolarissima; ad esempio, se le dai 5 righe di comando uguali, genera 5 risultati diversi. Quindi, va compiuta una scelta, tra modello e materiali, o raffinato quello che ti piace di più.

Ho pensato ad un corto proprio perché l’IA applicata in questo modo può dare risultati stranianti, che, alla lunga, stancano. Iniziano ad essere creativi se fornisci comandi molto complessi, ma parliamo sempre di illustrazioni e il movimento si vede solo in fase di montaggio.

L’IA si nutre di tutto quello che gli esseri umani hanno creato, per dar vita ad una sorta di inconscio collettivo in una specie di sogno globale. Se ci pensiamo bene, il risultato che appare non è mai l’operazione richiesta dall’utente in quello specifico istante, ma miliardi e miliardi di input dati dall’umanità nel corso del tempo, che si stanno formando in quel momento.

Ovviamente, ho provveduto a correggere delle scene, a cui ho dato delle luci particolari, ispirandomi alle foto sbiadite che si vedevano nei giornali di cronaca di 50 anni fa e a quella che, per me, avrebbe dovuto essere la risultante delle immagini del Cronovisore.

Insomma, ho portato avanti un progetto narrativo che ho creduto essere buono e, da un iniziale lavoro autoriale, ho montato il tutto in un’ottica di regia. Si è trattato per me di una prima sperimentazione estremamente emozionante.

Il Cronovisore funzionerebbe su questo principio: ogni individuo lascia di sé una traccia elettromagnetica unica, in uno spazio – tempo, che, è unicum, per cui, se si riesce ad identificarla, anzi, proprio come accade con una radio, a sintonizzarsi su una data frequenza, si ricava un’immagine animata, vivente.

Basandomi sul linguaggio dell’epoca, ancora analogico e non digitale, con antenne, elettricità, tensione, frequenze, ho immaginato che, come in un’auto in movimento, la radio accesa perda la stazione prescelta, perché, molto vicino a quella frequenza ci sono altre radio, che si accavallano.

Ammesso che sia davvero esistito – e per me sì – ritengo che non servisse, in quanto non riusciva a mantenere fissa e stabile la frequenza spazio – tempo.

L’idea di instabilità e di continue sovrapposizioni per me è stata un’ispirazione, ma non so dirti se l’ho sposata perché si adattava perfettamente all’uso della tecnica videografica che ho scelto o viceversa, ovvero, essere colpito dal vedere, ad esempio, dapprima Cicerone e poi assistere al cambiamento della sua figura in altri luoghi e in altri spazi.

Come di solito faccio, mi affido anche ad un’altra persona, perché il confronto è fondamentale, da solo non sei mai in grado di valutare con obiettività la qualità del tuo lavoro e di notarne le pecche.

La collaborazione artistica è di Fabiana Masciopinto, una grafica molto creativa, che mi ha aiutato a fare esperienza e ad affinarmi sull’uso della piattaforma di IA generativa, a cercarmi materiali, a darmi delle dritte.

Naturalmente, mi sono confrontato anche con Davide Pulici, che con il suo testo ha dato degli spunti unici, precisi ed approfonditi e che mi ha incoraggiato a proseguire.

Quando ha visto il lavoro finito, ha scritto anche una bella recensione su Nocturno, definendo la mia un’operazione di avanguardia. Il titolo che aveva scelto per il libro era bellissimo e dava completamente l’idea del percorso fatto, ecco perché ho scelto di usarlo anch’io.

La scelta di affidare il tuo racconto ad una narrazione visiva e scritta è in linea con il progetto stesso del Cronovisore, che restituirebbe immagini mute e per lo più grigie. Perché allora, quasi alla fine c’è una voce fuori campo, la tua?

I 4 minuti del corto sono stati riempiti di significato. Nel racconto cinematografico mi sono rifatto alla logica del sogno e del surrealismo.

Le visioni oniriche, impalpabili, eteree, per quanto in quel momento verosimili, nella maggior parte dei casi, sono prive di voci e in bianco e nero o a tinte molto sbiadite, anche se al risveglio, la nostra elaborazione mentale ci porta ad aggiungere, automaticamente, voci e colori. Questa è una delle ragioni per cui ho usato immagini scure.

Il surrealismo nasce nel 1924, epoca in cui c’era il cinema muto, non con una partitura musicale scritta appositamente per la pellicola. Molti pensano che la musica accompagnasse tutti i film, mentre quando c’era, tendenzialmente era suonata dal vivo e a braccio. È noto, poi, che ci fosse chi leggeva le didascalie dei cartelli agli analfabeti e che il pubblico commentasse ad alta voce, ciò che stava vedendo.

Poiché l’impostazione del corto è da cinema muto, con cartelli iniziali di premessa e snodo, che vanno letti attentamente per seguire la narrazione, il sonoro non avrebbe avuto senso, a maggior ragione con l’inserimento di immagini tipografiche, che non emettono audio, e di quelle del Cronovisore, sfuggenti ed in continuo divenire. In pratica, avrei fatto un falso storico, se avessi sincronizzato della musica ad un film muto.

La mia frase finale è un tentativo di intrusione, di rottura, per spezzare il sogno e, come in esso, a volte, percepiamo delle voci e delle frasi che ci sembrano risolutive, determinanti, uso quella che sembra fosse stata pronunciata proprio da Ernetti – ‘Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato’ – perché sta ad indicare che i sogni, il tempo, sono rivelatori.

Non sappiamo se l’Intelligenza artificiale funga come una sorta di grande inconscio collettivo, che, tra le pieghe di quello che può sembrare un esercizio estetico, agisce, in realtà, in un modo che ancora non riusciamo a capire.

Quindi, ho scelto di fare un’irruzione di reale assoluto, inserendo uno scatto preso al volo con il cellulare, di me che guardo dentro a questo costrutto.  

A chiudere il corto, prima dei titoli di coda, c’è ritratto un uroboro, che simboleggia l’eterno ritorno. Perché?

‘Nelle fauci del tempo’, e mi riferisco sia al libro che al corto, spiega che viviamo in una condizione di eterno ritorno, di mutamenti incessanti, di illimitate rinascite, in una sorta di impermanenza, che, per alcuni, dovrebbe portarci alla consapevolezza e al nirvana.

Per questo era naturale che inserissi il simbolo dell’energia universale, della natura ciclica delle cose, della totalità del mondo, della perfezione. E poi, chi meglio di un serpente che si morde la coda può esprimere tutto questo?

Alla fine del lavoro – credo si colga – il personaggio sceglie di vedere persone che ama, non i grandi del passato, ma se il Cronovisore può presentarci solo per un attimo qualcosa che veramente ci appartiene o che cerchiamo, ci palesa, però, variazioni incessanti, in cui c’è una familiarità.

Ecco perché l’uomo piange: coglie un’essenza di sé, intima, interiore. Forse vede anche qualcosa che in potenza sarebbe diventato o qualcosa che in futuro potrà essere, ma è sempre ciò che contraddistingue la sua unicità.

Ed è la stessa motivazione per cui in tutte le scene finali è ritratto qualcuno della mia famiglia, oltre me: mia madre, mia zia, mio zio.

Credo che in qualche modo, quasi magicamente, riescano a creare una differenza, uno stacco, con i prompt impersonali, prettamente illustrativi, usati in precedenza, e restituiscano una sensazione umana, suggellando un legame emotivo, in un’ottica di realismo, anche se, tecnicamente, quello che ho trovato più vicino come riferimento intellettuale è stato il surrealismo.

Intanto aspetto di sapere che accoglienza avrà ai festival ai quali parteciperà: Rome Indie Film Festival, Arthus Art Bar SALA Cinema, Porto Cesareo Film Festival, Contemporary Video Art Exhibition, FILMZ – Festival des deutschen Kinos, Festival of Fantastic Films Manchester, Halloween Special FilmFreeway, Cairo Animation Forum, IntimaLente Festival, Piccolo Grande Cinema, Terni Film Festival, accordi@DISACCORDI, Torino Film Festival, Future Vision Festival, 21 Island International Short Film Fest, Metropolis Film Festival, Sognielettrici, CINEM’aMOSTr e Festival de Cine de Ciudades del Futuro.

È stato un tentativo, il mio, di sintonizzarmi sulle mie tracce energetiche, per vedere cosa ne sarebbe uscito. E ne sono soddisfatto.

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Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.