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Il significato universale della catena d’unione massonica

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Catena d'unione massonica


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Quando qualcuno si comporta male non danneggia solo se stesso ed il proprio karma. Chi si comporta male, e generalmente ognuno sa quando lo fa, spezza la catena d’amore dell’eggregore umano universale ed immette nel piano sottile delle forme- pensiero disgreganti.

Questa ferita si ramifica nell’intera Umanità ed alimenta la sfiducia e la diffidenza nei confronti dell’altro in tutti gli esseri umani. Che sono intimamente e invisibilmente collegati al tutto.

Ben pochi, purtroppo, sanno reagire in modo positivo e costruttivo, come in quel bellissimo verso di Franco Battiato:

Questo secolo, oramai alla fine, saturo di parassiti senza dignità, mi spinge solo ad essere migliore con più volontà.

Tutti gli altri, i più fragili, crollano e si chiudono nel proprio guscio, nella propria amarezza, nella propria depressione. E costruiscono un’immagine vittimistica di se stessi e una descrizione paranoide del mondo. Così facendo perdono ogni fiducia nel prossimo e si negano ogni possibilità di evoluzione e trasformazione nell’Eterno Spirito.

Ma cosa significa “comportarsi male”?

La risposta è semplice e disarmante. Non cervellotica. Basta interrogare la propria coscienza.

Nel Dhammapada, uno dei testi canonici che raccoglie l’essenza del buddismo, il verso 183 recita:

L’insegnamento
di coloro che si sono risvegliati è:
evita il male,
fa il bene,
purifica la tua mente.

Aggiungo un breve racconto, sempre di matrice buddista:

Dicono che una volta un famoso poeta cinese decise di studiare la saggezza del Buddha. Per farlo percorse un lungo cammino per trovare un grande maestro Zen e appena ne ebbe l’opportunità, gli chiese: Qual è l’insegnamento più importante del Buddha?

– Non danneggiare nessuno e fai solo del bene – rispose il maestro.
Che sciocchezza! Esclamò il poeta.

– Ho percorso migliaia di chilometri per trovarti dato che sei considerato un maestro molto saggio, e questa è la risposta che mi dai? Anche un bambino di tre anni sarebbe in grado di dire ciò!

– Può darsi che un bambino di tre anni sia capace di dirlo, ma è difficile metterlo in pratica, anche per un uomo vecchio e saggio come me – disse il maestro sorridendo.

Il vero male è la rigidità egoica. Che può virare in tracotante superbia. E fossilizzarsi in uno sterile narcisismo. Che produce incessanti sofismi auto-prodotti da una mente estranea. Il contrario del nostro stesso bene.

C’è da lavorarci incessantemente. Con sincera e perseverante voglia di trasformarsi. Ascoltando non solo la testa, il mentale, ma anche i centri più profondi. Facendo baricentro nel Cuore.

Per quanto sia difficile percepirne la voce, la nostra Coscienza, il nostro Sé, il Maestro interiore può guidarci in ogni situazione. È una questione di etica, non di morale. Troppa “testa”, troppa razionalità in molti casi complicano inutilmente la vita.

Proviamo a rileggere la favola zen del millepiedi:

Un millepiedi camminava felice e tranquillo, finché un rospo non gli chiese: “In che ordine procedono le tue zampe?”
Il millepiedi arrovellò a tale punto la mente, che alla fine giacque perplesso in un fossato riflettendo su come dovesse muoversi.

Ci sono persone che hanno bisogno di normative e prescrizioni scritte, esterne, esplicite per condurre la propria vita; naturalmente non mi riferisco alle leggi dello Stato che devono comunque essere rispettate.

Altre, invece, sanno percepire e seguire liberamente le leggi del Creato incise nel proprio cuore. Non credo di dover scomodare la ‘Critica della ragion pratica’ di Kant per sostenere questo concetto.

In senso iniziatico il Sé, si può sostituire la parola con Atman, Maestro o Hiram interiore, etc., rappresenta sia la Coscienza cosmica che quella individuale. Tale parola è, evidentemente, una delle tante possibili allusioni al Centro Primordiale, al Sacro, al Regno dei Cieli che è in noi. Questo luogo-non luogo è la fonte adwaita dell’Essere. Nel composto umano simboleggia, comprende, racchiude e unifica tutti i principali centri energetici sottili di cui siamo costituiti: quello del bacino, quello del cuore e quello della testa.

Naturalmente, ogni termine, ogni immagine è per definizione inadeguata a delineare e delimitare le sponde viventi dell’Essere.

L’esperienza iniziatica non è fatta di elucubrazioni – ovviamente nemmeno le mie – ma di “sentire”, di “vissuto”. Di sperimentazione operativa che trascende ogni deriva concettuale o qualsiasi insignificante disputa pseudo-filosofica.

Poi, si sa, “l’albero si vede (o si vedrà) dai frutti”. E ognuno si confronterà, a consuntivo, con se stesso e con il proprio stato di ben-essere o di mal-essere. Ma attenzione, l’arte è lunga e la vita è breve.

La regola, almeno per me, è rifuggire da inutili dispute sofistiche e razionali. Certi bizantini confronti dialettici soprattutto “maschili” per dirla con Castaneda, sono una pericolosa quanto inutile dispersione di energia.

Quello che ci dovrebbe realmente interessare è ogni concreto vissuto iniziatico. Il proprio e l’altrui. In caso contrario, meglio restare nel sacro Giardino del Silenzio.

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Autore Hermes

Sono un iniziato qualsiasi. Orgogliosamente collocato alla base della Piramide. Ogni tanto mi alzo verso il vertice per sgranchirmi le gambe. E mi vengono in mente delle riflessioni, delle meditazioni, dei pensieri che poi fermo sul foglio.