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Il segreto massonico

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Massoneria


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Gli uomini che si fanno ammettere alla Libera Muratoria solo per penetrarne i segreti, corrono il grave rischio d’invecchiare sotto la Cazzuola senza mai raggiungere tale obiettivo.

Vi è tuttavia veramente un S., ma è talmente inviolabile che non è mai stato riferito o confidato a nessuno. Quanti si fermano alla superficie delle cose pensano che il S. consista in parole, in toccamenti, od infine nella parola sacra, del Grado più elevato, quello di Maestro. Errore. Colui che afferra il S. (conoscibile solo per intuizione) arriverà a tale conoscenza solo attraverso la frequenza ai Lavori di Loggia…
Fr. Giacomo Casanova

Entrare nel Tempio significa iniziare il pellegrinaggio del Sé, in un tempo senza tempo.

Prima di accedere al recinto sacro, il Massone deve predisporre l’animo al lavoro rituale, sintonizzando la propria interiorità sulle frequenze sottili dello svolgimento dei lavori, contestualmente plasmando le posture ed i movimenti del proprio corpo all’azione dell’imminente Rito.

L’espressione tradizionale è inequivocabile. Bisogna lasciare fuori i metalli, vale a dire la zavorra dei difetti, o per dirla con terminologia indù, le forze di Tamas, il più basso dei Guna che, come tramanda la Bagavad Gita, se prevale nell’uomo

produce oscurità, indolenza, trascuratezza nei doveri e illusione.

E genera, per dirla con linguaggio più occidentale, odio, vanità, superbia, invidia distruttiva, presunzione, smania di potere. Insomma, tutte quelle forze oscure che ci rendono impermeabili alla Luce che scende invocata dal Rito e può contribuire a sgrossare la pietra del nostro cuore, nel corso dei lavori di catena.

È in questo spazio – tempo, fatto di ricettività, che all’Apprendista viene accordato il beneficio del silenzio. Quel silenzio non è impedimento, o limite, ma è il più grande tesoro consegnato al neofita.

È una dimensione, un bene che compagni e maestri dovrebbero per tutta la vita emulare evocandolo in se stessi paradossalmente anche quando sono chiamati a prendere la parola e a farla vibrare tra le colonne.

Perché, come ci ammonisce il saggio Egiziano Ptah-Hotep:

quando si ascolta bene, buone sono anche le parole. Colui che ascolta domina tutto ciò che può essergli di vantaggio. Ascoltare è vantaggioso per colui che ascolta; ascoltare è tra tutte la cosa migliore; così nasce l’amore perfetto.

Quindi, è nel silenzio che si può “ascoltare” il complesso simbolismo del Tempio.
Se riuscissimo a visualizzare la sua struttura dall’alto, ci accorgeremmo che il Tempio rappresenta, sfacciatamente, l’uomo stesso, l’archetipo di Adam Kadmon che racchiude e ricapitola in sé tutta l’umanità quale prototipo di essa.

Le gambe sono rappresentate dalle due colonne che si trovano ai lati della porta d’ingresso. E come la loggia posa sul 1° e 2° Sorvegliante, così il corpo umano posa sui piedi.

Dalla parte opposta troveremo la testa dell’uomo, il MV il cui triangolo, tracciato sulla fronte, equilibra la luna ed il sole, rispettivamente inclusi nell’occhio sinistro e destro di esso, allo stesso modo che la ragione in una superiore visione risolve i dubbi sorti dalla diversità delle opposte opinioni.

Lì presso è Minerva, che sorse un giorno dal cervello di Giove, quale intelligenza illuminante l’uomo; più sotto vi è la bocca, rappresentata dalla parola – verbo del Venerabile, che il 1° diacono, quale orecchio destro, raccoglie per trasmetterne l’eco a tutti i fratelli.

Giù per il collo, le spalle, le scapole, quali scalini di carne e d’ossa, si scende alla cavità toracica dove alloggia il cuore; non a caso nella sede del cuore v’è in loggia l’Ospitaliere caritatevole e la statua di Venere, dea dell’amore che nel cuore ha la sua sede.

Qui mi fermo nella consapevolezza che “natura non facit saltus” e che il mistero di ogni grado va assorbito lentamente, in modo iniziaticamente efficace.

Nel silenzio e nel mistero del Tempio che saprà gradualmente svelarsi a chi saprà sentire e perseverare con animo puro.

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Autore Hermes

Sono un iniziato qualsiasi. Orgogliosamente collocato alla base della Piramide. Ogni tanto mi alzo verso il vertice per sgranchirmi le gambe. E mi vengono in mente delle riflessioni, delle meditazioni, dei pensieri che poi fermo sul foglio.