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Da Kronos e Kairos al tempo iniziatico

Un concetto che da sempre ha affascinato ma anche condizionato l’uomo è quello del tempo.

Anche perché, legato alla dinamicità del cambiamento.

Il giorno cade per diventare notte, perché arrivi l’alba.

Alla primavera segue la maturità dell’estate, il declino dell’autunno e la stasi, almeno apparente, dell’inverno.

Si nasce, si cresce, si muore.

Questo sia se prendiamo in considerazione il ragionamento comune che quello filosofico.

Da quando oltre 10.000 anni fa le prime comunità stanziali iniziarono a praticare l’agricoltura assumono rilevanza l’osservazione e il rispetto della ciclicità della natura. Le stagioni influenzano le prime raccolte di prodotti spontanei della terra, divengono ancora più importanti quando si tratta di semina, di raccolta.

Non a caso, la mitologia greca ha una concezione del tempo come una ruota, un cerchio, un elemento capace di autogenerarsi, di ordinare il mondo.

Nel Caos primordiale ha origine Gea, la Terra, che dà vita al suo contrario, Urano, il Cielo. Krónos li separa e porta definitivamente il mondo fuori dal suo stato caotico.

Ordo ab chao.

Concetto molto vicino a quello egizio, per il quale il tempo incarna l’armonia della dea Maat e funge da regolatore del caos.

Così come se ne occupa tutta la filosofia greca, anche se con posizioni diverse.

Pitagora abbraccia la visione del tempo come ricorrente: tutto si ripete senza nessun mutamento, ogni cosa resta com’era.

Parmenide, invece, pone come esistente solo l’ente, per cui definisce il tempo come mera apparenza.

Non a caso, tutte le divinità si identificano in qualche modo con il Sole, Cristo compreso. Evitiamo di elencarle dato che ormai c’è una vasta letteratura in merito, ampiamente diffusa e volgarizzata.

Così come ogni tradizione misterica, e in generale ogni spiritualità, è legata a tale ciclicità, edificando il proprio luogo di culto e rituale in base a considerazioni di natura cosmica.

In Egitto diventa divinità il Nilo, che con le sue inondazioni periodiche feconda le terre circostanti e dona prosperità.

Culto molto presente, anche se spesso in modo inconsapevole, anche in città come Napoli, permeata dalla tradizione misterica egizia portata da una numerosa presenza alessandrina.

Ancora oggi, nel centro storico è possibile trovare una statua del Dio Nilo, detta ‘o cuorpo ‘e Napule, il corpo di Napoli, laddove nei paraggi si trovava un tempio dedicato ad Iside.

Come per i Cromlech, i circoli di pietra, di cui il più celebre è Stonehenge, la pietra sospesa, probabilmente osservatorio astronomico, oltre che calendario orientato in base alle fasi solari.

La stessa Massoneria celebra solstizi ed equinozi, lavora in Templi orientati rispetto ai punti cardinali, con il Venerabile che siede ad Oriente, dove nasce il giorno, ma anche rispetto ai segni zodiacali.

Più recente è sicuramente la concezione lineare del tempo, che in questo modo è invece rappresentato da una linea retta che scorre in una sola direzione, per cui ogni momento è unico, irripetibile, mentre le azioni legate al libero arbitrio.

Concezione che, in quasi tutte le declinazioni, prevede un momento originario, della creazione, ed uno finale, l’Apocalisse, la fine dei tempi.

Viene smarrita anche la distinzione, fondamentale nella cultura greca, tra Krónos e Kairos.

Con il primo termine il tempo è inteso nella sua accezione quantitativa, per quanto possibile oggettiva, nello scorrere dei minuti, dei giorni del calendario. Si tratta del senso che viene conservato anche dalla nostra cultura.

Kairos, invece, è il tempo inteso dal punto di vista qualitativo, individuale.

È quello a cui faceva riferimento Luciano De Crescenzo in 32 dicembre, film spesso sottovalutato per il suo contenuto filosofico, che contrappone in modo ironico e intelligente proprio queste due modalità.

Tra chi guarda il calendario e chi preferisce rifugiarsi in un tempo percepito come idilliaco, dove, in modo pirandelliano, alla fine non è possibile appurare cosa sia reale. Se niente, o forse tutto.

O tra chi è legato a ricorrenze basate su semplici convenzioni, come il capodanno, e chi, invece, è consapevole di quanto siano effimere.

Tra chi vive, infine, una vita piatta, in lunghezza, e chi la vive anche in larghezza.

Il guaio è che gli uomini studiano come allungare la vita, quando invece bisognerebbe allargarla.
Luciano De Crescenzo – 32 dicembre

Kronos e Kairos sono appunto le due dimensioni del tempo di cui parla De Crescenzo.

Kronos, il tempo che segnano gli orologi, quello della sveglia che suona la mattina, degli orari di lavoro, degli appuntamenti.

Kairos, il tempo ‘dei saggi’. Quello vissuto in consapevolezza, nel presente. La capacità di cogliere l’istante, l’opportunità, magari per trasformarlo in Epifania.

Kant definisce il tempo come forma a priori della conoscenza sensibile nella Critica della Ragion Pura, più precisamente nella prima parte, in cui tratta l’Estetica Trascendentale.

Il tempo non è concetto empirico, ricavato da una esperienza: poiché la simultaneità o la successione non cadrebbe neppure nella percezione, se non vi fosse a priori a fondamento la rappresentazione del tempo. Solo se presupponiamo il tempo, è possibile rappresentarsi che qualcosa sia nello stesso tempo (simultaneamente), o in tempi diversi (successivamente).
Immanuel Kant – Critica della ragion pura

Simultaneamente e successivamente, ci fa venire in mente le parole di un grande fisico:

Il tempo è ciò che impedisce alle cose di accadere tutte in una volta.
John Archibald Wheeler

Parafrasando, il tempo è l’espediente che l’eternità usa per impedire che tutto accada nello stesso istante.

Il Kronos, o Chronos, che dir si voglia, ha la funzione di percepire l’esperienza umana.

Di ordinarla, così come accade per lo spazio, altra forma a priori della conoscenza sensibile.

Tornando a Kant, subito dopo leggiamo:

Il tempo è una rappresentazione necessaria, che sta a base di tutte le intuizioni. Non si può, rispetto ai fenomeni in generale, sopprimere il tempo, quantunque sia del tutto possibile toglier via dal tempo tutti i fenomeni. Il tempo dunque è dato a priori. Soltanto in esso è possibile qualsiasi realtà dei fenomeni. Questi possono sparir tutti, ma il tempo stesso (come condizione universale della loro possibilità) non può esser soppresso.
Immanuel Kant – Ibidem

Ovviamente, il termine ‘intuizione’ non assume qui alcuna valenza esoterica. Per il filosofo di Königsberg questa è propria della sensibilità, ovvero, della facoltà di percepire i fenomeni attraverso i sensi.

Gli oggetti della percezione sono organizzati attraverso l’intelletto, che è inteso anche come fonte del giudizio.

La nostra natura è cosiffatta che l’intuizione non può essere mai altrimenti che sensibile, cioè non contiene se non il modo in cui siamo modificati dagli oggetti. Al contrario, la facoltà di pensare l’oggetto dell’intuizione sensibile è l’intelletto. Nessuna di queste due facoltà è da anteporre all’altra. Senza sensibilità nessun oggetto ci sarebbe dato, e senza intelletto nessun oggetto pensato.
Immanuel Kant – Ibidem

E poco più avanti:

L’intelletto non può intuire nulla, né i sensi nulla pensare.
Immanuel Kant – Ibidem

Naturalmente la parola ‘fenomeno’ non è usata casualmente, ed è distinta da quella di noumeno.

Perciò, se noi volessimo applicare le categorie ad oggetti che non siano considerati come fenomeni, dovremmo porre a fondamento di esse un’intuizione diversa dalla sensibile, e allora l’oggetto sarebbe un noumeno in senso positivo. Ma, poiché una tale intuizione, ossia l’intellettuale, è assolutamente fuori della nostra facoltà conoscitiva, anche l’uso delle categorie non può in modo alcuno spingersi al di là dei limiti degli oggetti dell’esperienza; e ci sono sì esseri intelligibili che corrispondono agli esseri sensibili, e si possono pur dare esseri intelligibili coi quali la nostra facoltà di intuizione non ha alcuna relazione; ma i nostri concetti intellettuali, in quanto semplici forme del pensiero per la nostra intuizione sensibile, non li raggiungono menomamente; e ciò, dunque, che da noi è stato chiamato noumeno, deve essere inteso come tale solo in senso negativo.
Immanuel Kant – Ibidem

 Interviene, a questo punto, nella filosofia kantiana, la Ragione:

Noi definimmo nella prima parte della nostra Logica trascendentale l’intelletto come la facoltà delle regole; qui da esso distinguiamo la ragione, dicendola la facoltà dei princìpi.
Immanuel Kant – Ibidem

 Ma sebbene la Ragione viene definita come facoltà conoscitiva più alta, per Kant, la cosa in sé mantiene un connotato problematico.

Ma, allora, il concetto di noumeno è problematico, ossia è la rappresentazione d’una cosa, della quale non possiamo dire né che sia possibile, né che sia impossibile, non conoscendo noi nessuna specie d’intuizione, oltre la nostra sensibile, e nessuna specie di concetti, oltre le categorie, e non essendo per altro né quella né queste adeguate a un oggetto estrasensibile. Noi dunque non possiamo allargare in modo positivo

il campo degli oggetti del nostro pensiero al di là delle condizioni della nostra sensibilità, né ammettere, oltre i fenomeni, oggetti altresì del pensiero puro, cioè noumeni, poiché essi non hanno un significato positivo da addurre.
Immanuel Kant – Ibidem

Tralasciamo tutte le ulteriori considerazioni circa l’influenza che il pensiero kantiano ha avuto nello sviluppo della filosofia contemporanea, l’idealismo, l’ermeneutica, quella che definiamo la deriva del pensiero debole.

Riflettiamo semplicemente sul fatto che se il tempo, come lo spazio, è una forma a priori della conoscenza sensibile e serve ad intuire i fenomeni, la cosa in sé, non essendo oggetto di conoscenza empirica, non ne è soggetta.

Una concezione ciclica del tempo la ritroviamo, invece, in Nietzsche che, con la morte di Dio, opera una rottura con la visione lineare propria del pensiero cattolico.

Ogni cosa è destinata a ripetersi all’infinito, per innumerevoli volte.

Ma per il filosofo la concezione non è negativa, o almeno, non lo è completamente.

Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: «Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione – e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di polvere!».

Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: «Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina»? Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa: «Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?» graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun’altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello?
Friedrich Nietzsche – La gaia scienza

Ci viene in mente una serie televisiva recente, Dark, in cui i protagonisti rivivono le proprie esistenze, in una successione che si ispira proprio all’eterno ritorno nichilista.

Ne deriva un senso di impotenza, sintetizzata da una frase richiamata nella terza stagione.

Un uomo è libero di fare quello che vuole, ma non è libero di volere quello che vuole.
Arthur Schopenhauer

Nonostante la possibilità di viaggiare, seppure in modo limitato, nel tempo, non sembra sia concessa ai protagonisti una vera e propria possibilità di riscatto dall’inferno dell’identico ripetersi degli eventi.

Non vogliamo fare spoiler, come si usa dire in gergo, ovvero dare anticipazioni a quanti volessero vedere la serie, ma la svolta passa per la consapevolezza, per l’auto accettazione, che permette un cambiamento autentico. Interessante anche la simbologia numerica, con il tre numero ricorrente, rappresentato soprattutto dalla triquetra, ed un finale ritorno all’Uno.

Anche l’uso del termine autentico non è causale, ma ci riporta ad una concezione molto significativa, quella di Heidegger, che prova a superare sia la visione oggettiva che soggettiva del tempo. Non scorrere matematico, nemmeno modalità individuale di conoscenza, almeno non solo.

L’esserci, [l’essere umano] compreso nella sua estrema possibilità d’essere, è il tempo stesso, e non è nel tempo.
Martin Heidegger – Il concetto di tempo

Il tempo diventa modalità stessa dell’essere, come ulteriormente sviluppato dal filosofo tedesco nel suo saggio Essere e tempo.

Non solo il proprio atteggiamento di fronte alla realtà, ma la scelta come modalità di esistenza, che può essere più o meno autentica.

L’uomo come artefice del proprio destino vede il futuro come inizio, percepisce questo come antecedente al presente.

Il presente viene sempre dopo l’avvenire. L’avvenire è l’origine della storia. Storico è l’avvenire, quel che viene posto nella volontà, nell’attesa […] L’Inizio è ancora. Non è alle nostre spalle, come un evento da lungo tempo passato, ma ci sta di fronte, davanti a noi. L’inizio, in quanto è ciò che vi è di più grande, precede tutto ciò che è sul punto di accadere e così è già passato oltre di noi, al di sopra di noi.
Martin Heidegger – Lezioni del semestre invernale 1937 -1938

La linearità è definitivamente spezzata dal punto di vista ontologico.

Con un atto di volontà ancora più forte di quello del superuomo nichilista.

Questo ci riconduce, in qualche modo, a Rudolf Steiner, che, pur partendo da Nietzsche, concepisce un tempo che può essere vissuto secondo una doppia linearità, non solo in uno scorrere verso il futuro, ma anche verso il passato.

Esiste anche un’altra possibilità di dare alla meditazione e concentrazione una precisa svolta. Essa consiste nel far scorrere quello che si può chiamare il proprio ricordo, con completa fedeltà e coscienziosità interiori. Sono sufficienti un paio d’ore, ma occorre applicarvisi con serietà […]
Rudolf Steiner – Pneumatosofia, IV Conferenza

Si impara, per così dire, a guardare all’indietro nel tempo ed è effettivamente come se si guardasse ciò che è stato considerato. Si noterà proprio che le cose diventano sempre più ricche di immagini: che la memoria diventa sempre più immaginativa. Si nota esattamente la differenza nella propria memoria. Servendosi della memoria meccanica, avviene che le cose entrano nella nostra anima come ricordi. Coltivando invece con metodo una memoria come esoterista o antroposofo, avviene come se le cose così sperimentate restino ferme nel tempo. Non viene il ricordo ma affiora l’immagine. Le cose vengono osservate come in una lontananza temporale. La memoria diventa un contemplare immagini in una lontananza temporale. La memoria si sostituisce con un imparare a leggere nel tempo passato. Chi ha attraversato una certa evoluzione esoterica, può vedere le cose che scorrono a ritroso e le vede con particolare chiarezza.
Rudolf Steiner – Lo sviluppo occulto dell’uomo, III Conferenza

Chi lavora esotericamente è abituato a manipolare ritualmente lo spazio ma anche il tempo. Se il suo percorso è consapevole, ovviamente. In Massoneria, ad esempio, i Lavori iniziano a mezzogiorno e si concludono a mezzanotte, a prescindere dal tempo profano, quello quantitativo.

Proviamo, per assurdo, a superare il concetto di Kairos, che già avevamo definito come il tempo del saggio, che in consapevolezza riesce a compiere la scelta giusta, coniugandolo con la visione steineriana, nell’ottica di una rottura della linearità, anche in questo caso estremizzandone le conclusioni.

Nello scorrere dal presente al futuro e dal presente al passato, l’iniziato potrebbe, infine, riuscire ad innalzarsi oltre lo stesso tempo.

Identificandosi con la sua parte spirituale potrebbe superare i limiti imposti dai sensi, liberarsi da categorie dell’intelletto e da forme a priori e pervenire alla cosa in sé, vedere oltre il fenomeno.

Come Spirito finalmente consapevole riuscire ad ampliare la facoltà di procedere in avanti e indietro, fino a riuscire ad avere ‘ricordi’ di esistenze passate e future.

Del resto, lo stesso Steiner concepisce nel suo sistema la rinascita.

Soltanto per mezzo della conoscenza intuitiva è perciò possibile un’investigazione giusta, della reincarnazione e del Karma; qualsiasi comunicazione vera che si riferisca a questi processi deve necessariamente derivare dalle ricerche della conoscenza intuitiva.
Rudolf Steiner – La Scienza Occulta

Vediamo come il concetto di intuizione sia profondamente diverso da quello kantiano.

E grazie all’intuito salire sempre più, fino ad abbracciare in un solo sguardo ogni possibile attimo, ogni plausibile eternità.

Epoche, nomi, volti, nascite e morti.

Ed intuire come presente ognuna di queste in un unico eterno presente.

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Autore Pietro Riccio

Pietro Riccio, esperto e docente di comunicazione, marketing ed informatica, giornalista pubblicista, scrittore. Direttore Responsabile del quotidiano online Ex Partibus, ha pubblicato l'opera di narrativa "Eternità diverse", editore Vittorio Pironti, e il saggio "L'infinita metafisica corrispondenza degli opposti", Prospero editore.