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A quanti gradi brucia la cultura?

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Il problema della sopravvivenza dell’individuo nella società del pensiero unico

Una costante di ogni forma di pensiero unico, in qualunque forma questo si incarni, è il rogo dei libri.

Non importa se questo sia veicolato da un popolo conquistatore, da un tiranno o da una presunta democrazia.

Spesso viene usato il neologismo biblioclastia, per indicare questa pratica.

Se il termine sta entrando da poco nei vocabolari, la barbara usanza è purtroppo molto datata, sebbene sia molto più spesso collegata al periodo nazista.

Uno degli episodi più antichi di cui ci rimane traccia certa risale al 213 a.C, quando l’imperatore cinese Qin Shi Huang fece bruciare tutti i libri che facevano riferimento a dottrine diverse dalla sua, per paura che potessero minacciare il proprio potere. Purtroppo, non si fermò a questo, ma fece seppellire vivi circa 450 intellettuali dissidenti.

Altra ricorrenza è quella che vede spesso gli autori messi al rogo proprio come i loro libri.

Un esempio più vicino nel tempo è quello legato a Giordano Bruno.

Già nel 1559 l’inquisizione aveva creato un elenco di libri proibiti, ovviamente tra questi finirono quelli del filosofo nolano. Tutti ricordano la sua esecuzione sul rogo il 17 febbraio 1600 a a Campo dei Fiori. Nessuno cita il fatto che lo stesso giorno a Piazza San Pietro furono bruciate anche le sue opere.

Altra cosa poco risaputa è che l’indice dei testi proibiti è restato in vigore, giuridicamente, per la chiesa cattolica, fino al 14 giugno del 1966, quando, però, il Vaticano in una nota a firma del Cardinale Ottaviani precisa che:

l’Indice rimane moralmente impegnativo, in quanto ammonisce la coscienza dei cristiani a guardarsi, per una esigenza che scaturisce dallo stesso diritto naturale, da quegli scritti che possono mettere in pericolo la fede e i costumi.
Notificazione riguardante l’abolizione dell’Indice dei libri

Per completezza di informazione, erano incluse, nell’Indice, opere di autori come Francesco Bacone, Honoré de Balzac, George Berkeley, Cartesio, Colette, Auguste Comte, Daniel Defoe, Denis Diderot, Alexandre Dumas, Gustave Flaubert, Thomas Hobbes, Victor Hugo, Immanuel Kant, Jean de La Fontaine, John Locke, Karl Marx, John Stuart Mill, Montaigne, Montesquieu, Alberto Moravia, Blaise Pascal, Jean-Jacques Rousseau, George Sand, Spinoza, Stendhal, Voltaire, Émile Zola.

Fortunatamente, l’usanza di ardere fisicamente anche gli scrittori assieme agli scritti sembra essere caduta in disuso da qualche anno.

Il mondo occidentale oggi si limita al rogo mediatico, dove intellettuali di ogni campo sono messi all’indice per le loro idee.

Diventano vecchi e rimbambiti. O inattendibili.

I loro lavori sono messi al bando dai consessi culturali o presunti tali.

Non importa se sono vissuti decenni, o secoli prima del motivo del contendere.

Uno dei temi centrali di questo libro è che lo schema ricorrente e facilmente visibile, fatto di campagne di indignazione e di autocensure, di enfatizzazioni e di sottovalutazioni, nonché di selezione del contesto, delle premesse e dei temi da trattare, è estremamente funzionale al potere costituito, ai bisogni del governo e ai desideri dei principali gruppi di potere.
Noam Chomsky – La fabbrica del consenso

E mentre tutti si affannano a contestare l’esistenza di un pensiero unico su cosa sia il pensiero unico, accadono fatti strani.

Ci sono persone che solo fino a qualche giorno fa hanno etichettato in ogni possibile e dispregiativo modo chi non condivideva la gestione italiana della pandemia. Novax. Untori. Deficienti. Terrapiattisti. Beceri personaggi da far morire intubati. Da deportare. Da chiudere in cella di isolamento. Da ridurre in poltiglia verde.

Alcuni di loro oggi sono indignati perché, secondo gli stessi meccanismi, le stesse modalità di repressione sono utilizzate nei loro confronti se solo osano mettere in dubbio che le ragioni della crisi in Ucraina siano tutte dalla parte dell’occidente, questione rispetto alla quale non mi interessa entrare nel merito.

La cosa estremamente divertente è che la narrazione imperante sta omologando i due fenomeni.

È più facile sfruttare un odio che si è già creato, ovviamente.

Un istante appresso un fastidioso stridore, come di un ingranaggio di qualche diabolica macchina non lubrificata, si fece sentire, con uno scoppio, dal grande teleschermo in fondo alla sala. Era un rumore che faceva drizzare i capelli in capo. L’odio era cominciato.

Come al solito la faccia di Emmanuel Goldstein, il Nemico del Popolo, era apparsa sullo schermo.

I programmi dei due minuti di odio variavano a seconda dei giorni, ma non ce n’era nessuno in cui Goldstein non fosse il protagonista principale. Egli era stato il supremo traditore, il primo che avesse osato profanare la purezza del partito. Tutti i delitti che erano stati commessi in seguito contro il partito, tutti i tradimenti, gli atti di sabotaggio, le eresie, le deviazioni ecc. erano sorti direttamente dal suo insegnamento.
George Orwell – 1984

Se hai passato due anni ad usare qualcuno come capro espiatorio dal quale far dipendere tutte le disgrazie del mondo, basta dire che questi la pensano in un certo modo su una qualsiasi faccenda perché quell’opinione improvvisamente diventi esecrabile.

Che senso ha creare un nuovo Goldstein se ne hai già uno bello pronto?

Quindi, secondo l’opinione pubblica, opportunamente manipolata ed acefala, secondo quei meccanismi, i Novax sono anche filorussi, antieuropeisti, fascisti, e chi più ne ha più ne metta.

Per cui, ci sono poveracci che, nonostante abbiano fatto 20 richiami e 120 denunce per le grigliate dei vicini, sono etichettati come Novax pro-Putin.

Mi fanno una grande tenerezza.

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare.
Martin Niemöller

Al bando alcune parole, che possono assumere una valenza in qualche modo discriminatoria nei confronti di qualcuno o qualcosa.

Morire per il politicamente corretto, scrivevamo qualche mese fa.

Addirittura, qualcuno che propone che l’uso di una consonante possa diventare reato penale. Sembra Lercio, ma non lo è.

L’uso da parte di qualcuno di evitare il genere nei nomi, nei sostantivi.

Il social che deroga al divieto di incitazione all’odio nei confronti di qualcuno… viene il dubbio che si chiami Goldstein.

Ecco il loro nome in neolingua: Miniver, Minipax, Minamor, Minabbon.

“Signora”, veramente, era una parola abolita dal Partito. Si sarebbe dovuto chiamar tutti camerata.
George Orwell – 1984

Ci viene in mente qualche contatto. MiBACT, MiSE, MIUR, MIT, MINCULPOP.

Quanto tempo passerà prima che qualcuno possa proporre di eliminare dalle librerie il libro di questo o di quell’autore?

E poi di un altro.

Di un altro ancora.

Fino a giungere alla condizione di un altro dei capolavori della letteratura distopica.

“Non leggete nessuno dei libri che bruciate?”

Lui si mise a ridere.

“Ma è contro la legge!”
Ray Bradbury – Fahrenheit 451

Fahrenheit 451, come la temperatura a cui brucia la carta.

A quanti, gradi, invece brucia una cultura?

Un tempo in cui leggere libri è proibito.

Avanti, ragazzi, acciuffiamoli subito!» Pochi istanti dopo, erano tutti, su nel buio stantio, a calar colpi d’argentea accetta su porte che, dopo tutto, non erano nemmeno chiuse a chiave, facendo infine irruzione come ragazzi urlanti festosamente.

«Ehi!» Un’improvvisa cascata di volumi scaturì dall’alto rovesciandosi su Montag, che stava salendo sulla ripida scaletta tremante. Che noia! Prima, era sempre stato come smoccolare una candela. La polizia arrivava in precedenza e tappata la bocca della vittima con nastro adesivo, la rinchiudevano poi in quelle loro automobili nere e lucenti come scarafaggi, cosicché quando arrivavano i vigili del fuoco trovavano la casa deserta.
Ray Bradbury – Fahrenheit 451

Anche qui il politicamente corretto. Il non voler urtare la suscettibilità di qualcuno. Se le differenze non si sottolineano, poi, finiscono per sparire. Si può diventare tutti uguali. Tutti uniformi.

Tutti massificati.

La gente di colore non ama Little Blark Sambo. Diamolo alle fiamme. I bianchi si sentono a disagio nei riguardi della Capanna dello Zio Tom.

Diamo anche quello alle fiamme. Qualcuno ha scritto un libro sul tabacco e il cancro dei polmoni? I fabbricanti e i fumatori di sigarette piangono? Alle fiamme il libro!

E se non si tratta di narrativa, sono cose ancora peggiori, diatribe tra professori che si danno reciprocamente dell’idiota, urla di filosofi alla gola l’uno dell’altro. E tutti corrono affannati qua e là, a spegnere le stelle e ad offuscare il sole. Ne esci, alla fine, perduto.
Ray Bradbury – Fahrenheit 451

Una distopia che conserva ancora brandelli di speranza.

Forse qualche residuo di umanità.

Questa notte ho pensato a tutto il cherosene di cui mi sono servito da dieci anni a questa parte. E ho pensato ai libri. E per la prima volta mi sono accorto che dietro ogni libro c’è un uomo. Un uomo che ha dovuto pensarli. Un uomo a cui è occorso molto tempo per scriverli, per buttar giù tante parole sulla carta. Ed è pensiero che non avevo mai avuto, prima di questa notte.
Ray Bradbury – Fahrenheit 451

Ma soprattutto l’organizzazione di una resistenza sotterranea, sparuta ma strenua, di uomini che per non lasciar perdere la memoria di capolavori immensi li imparano a memoria per tramandarli.

Tutti noi abbiamo la memoria fotografica, ma sprechiamo l’intera esistenza a imparare a rimuovere le cose che in questa nostra memoria si contengono. Il nostro Simmons, qui, ha lavorato per vent’anni sul problema ed ora abbiamo il metodo mediante il quale ricordare tutto quanto s’è letto una volta. Ti piacerebbe, uno di questi giorni, Montag, leggere la Repubblica di Platone?» «Ma certo!» «Sono io la Repubblica di Platone. Vuoi leggere Marc’Aurelio? Il professor Simmons è Marc’Aurelio.» «Molto lieto» disse Simmons.
Ray Bradbury – Fahrenheit 451

Perché?

Perché se saremo uccisi, la cultura sarà distrutta forse definitivamente. Noi siamo cittadini modello, nel nostro modo speciale; percorriamo gli antichi binari, dormiamo la notte sulle colline e la popolazione delle città ci lascia vivere. Ogni tanto, siamo fermati e frugati, ma non abbiamo nulla sulle nostre persone che possa incriminarci.
Ray Bradbury – Fahrenheit 451

Sto cominciando a scegliere un testo da imparare a memoria. Sono orientato verso qualche capolavoro russo, magari pieno di z, anche nel titolo.

A quanti gradi brucia la cultura?

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Autore Pietro Riccio

Pietro Riccio, esperto e docente di comunicazione, marketing ed informatica, giornalista pubblicista, scrittore. Direttore Responsabile del quotidiano online Ex Partibus, ha pubblicato l'opera di narrativa "Eternità diverse", editore Vittorio Pironti, e il saggio "L'infinita metafisica corrispondenza degli opposti", Prospero editore.