Home Rubriche Digito, ergo sum Se non hai amici immaginari…

Se non hai amici immaginari…

1324
amici immaginari


Download PDF

Che cos’è una storia? Stringi stringi, è il racconto di una vicenda, di qualcosa che succede a qualcuno. L’Iliade è il resoconto in versi di una guerra; Harry Potter una saga incentrata su un giovane maghetto; Toy Story narra le peripezie di un gruppo di giocattoli animati.

Ogni storia ha bisogno di personaggi per poter essere raccontata, perfino quando racconti a un amico una cosa che è capitata a qualcuno! È impossibile raccontare una storia senza personaggi.

I personaggi sono attori nel senso che agiscono, si muovono in una storia, fanno e dicono delle cose. Interagiscono. Recitano. E tu, l’autore, sei al tempo stesso il regista, lo sceneggiatore, il costumista e l’addetto al trucco dei tuoi personaggi. Sei lo sceneggiatore perché scrivi il copione che dovrà essere interpretato da ciascuno di loro; il regista perché dirigi il “film” che vuoi raccontare e coordini l’interazione fra i vari attori; il costumista e l’addetto al trucco perché sei tu e soltanto tu che decidi quale sarà il loro look, cosa indosseranno e via dicendo.

Il confine fra letteratura, drammaturgia e cinema è assai sottile. I personaggi sono attori e hanno bisogno di uno staff che li guidi, o non saranno in grado di fare niente. Quello staff sei tu, è di te che hanno bisogno per poter lavorare. Anzi, funzionare. Sei tu a fare il casting, a scegliere quali personaggi entreranno a far parte della tua storia e quale ruolo attribuire a ciascuno di loro.

Voglio andare oltre. Torniamo al processo creativo: in quanto autore di una storia, sei il Demiurgo di cui ti parlavo la volta scorsa, il Creatore che plasma un mondo parallelo – e i suoi abitanti – a uso e consumo della storia che sta progettando. In quanto dio benevolo, lo scrittore ama i suoi personaggi, si affeziona a loro. Sarai il loro papà e la loro mamma, dovranno diventare i tuoi figli. I tuoi amici immaginari.

Ti dico la verità, io ho seri problemi con i personaggi che ho creato. Alcuni di loro esistono da anni, forse decenni, e per molto tempo mi hanno implorato di uscire dalla mia testa – come dargli torto? – perché volevano vedere il mondo, conoscere gente nuova – i lettori – avere un’occasione e una storia cucita su misura per dimostrare il loro valore, i loro vizi, le loro debolezze, pregi e virtù.

Ad esempio non riesco a liberarmi dei quattro vecchiarelli. Li ho “ingaggiati” per recitare in Serial Kinder, il mio secondo romanzo, pubblicato nel 2015, ma non mi aspettavo tutto questo successo. Ad anni dall’uscita del romanzo, ricevo ancora messaggi in cui qualcuno mi supplica di scrivere un’altra storia che li abbia come protagonisti, e anche quei malefici vecchietti mi rompono le scatole perché ci hanno preso gusto ad atteggiarsi a star. Prima o poi scriverò il seguito, è inevitabile. Il fatto è che ai propri personaggi ci si affeziona davvero. Io voglio bene a quei vegliardi, uno di loro poi ha molto in comune con il mio papà e a volte fatico a distinguere quello vero da quello inventato!

Bene, arrivati a questo punto hai due alternative. Se stai pensando che sono matto, ti dico che hai ragione e non posso biasimarti. Ma se invece nella mia follia intravedi una scintilla di verità, se in minima parte condividi il mio pensiero, forse la scrittura può essere una parte importante nella tua vita.

La cosa peggiore che può capitare a un personaggio inventato è di essere definito piatto. Significa che non è un “vero personaggio”, non ha carattere, non ti colpisce, non è vivo.
È finto, e si vede. Io potrei sopportare qualunque critica senza offendermi. Potrebbero dirmi che scrivo male, che le mie storie non sono interessanti, tutto quello che vuoi, ma non sopporterei mai la bocciatura di un mio personaggio. È come se parlassero male dei miei figli. Per me i personaggi sono l’elemento più importante del romanzo.

Come possiamo evitare che qualcuno giudichi insulsi i nostri personaggi? Non c’è niente da fare, l’unica via è creare personaggi vivi, che sembrino reali. E per ottenere questo effetto devi passare attraverso l’immedesimazione in ciascuno di loro. Devi diventare i tuoi personaggi, pensare come loro, agire come loro, parlare come loro. E qui torniamo al discorso dell’affetto reciproco.

I vecchietti di cui ti parlavo prima sono sboccati, litigano fra loro, molestano le cameriere, ecc. A causa delle parolacce qualche faccia storta l’ho incontrata, in questi anni. Ma i miei vecchiarelli appartengono al popolo, devono parlare così o non sarebbero credibili. Se a Peppe ‘o Mericano, che è toscano, succede qualcosa di brutto e si arrabbia, non può dire «Acciderbolina». Deve dire «Maremma bu’aiola!»

Abbiamo detto che i personaggi sono gli attori della tua storia, ma in ogni storia ci sono attori più in evidenza di altri, ed ecco allora la prima, grande categorizzazione:

  • Protagonisti. Sono i personaggi principali, attorno ai quali ruota l’intera vicenda;
  • Personaggi secondari. Non hanno un ruolo di primo piano, ma sono importanti nell’economia di una storia;
  • Comparse. Sono i personaggi che intravedi in piccolissimi spezzoni della storia, a volte recitano qualche battuta, a volte non.

Come vedi è tutto molto simile al mondo del cinema, ma sarebbe più corretto dire che il cinema ha trasposto in immagini in movimento ciò che da millenni si fa in letteratura. In seno ai protagonisti poi ci sono ulteriori suddivisioni, ad esempio: protagonista, co-protagonista, antagonista, e nelle prossime lezioni esamineremo meglio questi ruoli o archetipi.

Quello che invece mi preme sottolineare fin da ora è che la qualità di un romanzo la giudichi da quanto tempo l’autore ha dedicato alla modellazione dei personaggi secondari. Questi non devono essere fini a se stessi, devono avere la stessa dignità dei protagonisti ed essere definiti bene, delineati come se fossero gli attori principali, solo che hanno un ruolo di secondo piano. In Rocky la moglie Adriana o l’allenatore Mickey non sono protagonisti, ma sono entrati nell’immaginario collettivo perché sono stati plasmati con cura. Se poi riesci a rendere indimenticabili anche le comparse, smetto di scrivere e divento tuo fan.

Piccola digressione, mi è venuta in mente giusto mentre scrivevo. Hai mai visto il classico Disney Gli Aristogatti? C’è una scena che è in assoluto fra le mie preferite, a livello di tutti i film che ho visto nella vita. Verso la fine della storia, quando il maggiordomo Edgar cattura la famiglia di gattini in un sacco, il loro amico topo – che si chiama Groviera – convince una banda di gatti randagi a correre in soccorso degli amici felini. Solo che questi gatti di strada non conoscono l’indirizzo, e vanno nella direzione opposta, così il topino li insegue per avvertirli. A un certo punto passano davanti a un bistrot, la storia è ambientata a Parigi, dove, seduto a un tavolino, c’è un uomo anziano con i baffi e il basco, forse un pittore bohemién. Sta bevendo un ottimo rosso, se lo sta gustando proprio, ma quando vede una banda di gatti inseguita da un topo… pensa di avere le allucinazioni e vuota la bottiglia sul marciapiede.

Ecco, questo vecchio pittore è una comparsa. Appare sì e no cinque secondi in tutto il film, non ne sapevamo niente prima e non sappiamo dopo cosa farà, non compare più nella storia. Ma è un personaggio memorabile, la sua scena arricchisce una storia già bella di suo. Una digressione sotto forma di personaggio.

Va bene William, tutto sommato finora abbiamo fatto filosofia, ma vuoi dirci come si fa a modellare un personaggio vivo, credibile?

Esistono molte tecniche di modellazione e nessuna esclude le altre. Anzi, è preferibile combinare il loro utilizzo. Una delle più semplici, che adoperai per il mio primo romanzo uscito nel 2010, consiste nel preparare delle schede dei personaggi, una per ciascun attore. Queste schede devono contenere tutte le informazioni possibili e immaginabili su un determinato personaggio:

  • Informazioni anagrafiche: nome e cognome, età, luogo di nascita, ecc.;
  • Aspetto fisico: altezza, peso, colore di occhi e capelli, corporatura, ecc.;
  • Carattere: personalità, temperamento, pregi, difetti, vizi, ecc.;
  • Grado di istruzione: studi completati, lessico, modo di parlare, ecc.;
  • Tratti caratteristici: tic, modi di dire, errori comuni, difficoltà, paure, ecc..

Questi sono solo esempi. Qualcuno addirittura stampa le schede dei personaggi e vi incolla sopra una foto – magari di un personaggio famoso cui si è ispirato – per una descrizione fisica più verosimile. Una volta che tutte le schede sono pronte, è buona norma riportare dietro ciascun foglio le interazioni e i legami di quel dato attore con gli altri, ossia spiegare perché e come si trovi a interagire con il resto del “cast”.

La tecnica delle schede è indicata soprattutto se sei alle prime armi. In ogni caso ti offre la possibilità di creare lo scheletro del personaggio. Capirai però che ciò non è sufficiente: per rendere vero un personaggio è necessario arricchirlo. Qui allora tornano utili le nozioni apprese nelle scorse settimane: puoi aggiungere dettagli circa il suo aspetto fisico, ad esempio, osservando la realtà circostante. Decidere quale vestito fargli indossare in una “scena” perché hai visto passare una persona il cui abbigliamento ti ha colpito. Oppure, guardando dentro di te, recuperare un ricordo o un aneddoto accaduto a qualcuno che conosci e sfruttarlo per rendere più “umano” il tuo nuovo amico immaginario.

Esiste poi un’altra tecnica di modellazione, più lunga e dispendiosa, che io chiamo metodo Camilleri perché il grande giallista siciliano ha più volte raccontato di farne uso. Il “papà” di Montalbano afferma che quando crea un nuovo personaggio è solito passare molto tempo con lui. Diventa il suo migliore amico. Inizia a scrivere dialoghi o piccoli racconti, magari qualche aneddoto in cui c’è solo quel determinato protagonista. Il suo obiettivo è diventare il personaggio, immaginarne le piccole manie, le superstizioni, l’intercalare.

Arriva poi il punto, secondo Camilleri, in cui il personaggio si alza dalla pagina e diventa indipendente, è in grado di agire, pensare e parlare per conto proprio. Come quando Dio crea l’uomo, Camilleri gli lascia libero arbitrio. Allora lo fa “incontrare” con gli altri attori della medesima storia, scrive dialoghi in cui interagiscono, descrive scene in cui gli attori recitano insieme. Quando i vari personaggi sono tutti pronti e hanno imparato a lavorare insieme, sono diventati cioè un vero cast di attori, allora e solo allora inizia a scrivere la storia e il “copione” per ciascuno di essi.

Non dobbiamo dimenticare che Camilleri per decenni si è occupato di teatro e questo approccio è normale per uno come lui, abituato a “scrivere le parti” per attori in carne e ossa. Fatto è che in quanto a caratterizzazione dei personaggi il romanziere di Porto Empedocle non è secondo a nessuno, i suoi attori sembrano veri sul serio, “bucano” lo schermo anche nelle serie TV tratte dai suoi libri. Naturalmente la sua tecnica richiede anni di lavoro e spirito di dedizione, oltre che tempo, ma puoi adoperarla anche tu, anche solo per sperimentare.

Veniamo al dunque: quale approccio è meglio utilizzare? Non sta a me dirlo, ma saggezza impone di ricordare come in ogni circostanza la verità stia nel mezzo. Le due tecniche sono ai due estremi della caratterizzazione dei personaggi, e se è vero che per iniziare ricorrere alle schede va più che bene, in un mondo ideale in cui sei diventato un autore di successo dovresti tendere al metodo Camilleri. Io stesso come ti dicevo ho cominciato con le schede e non le adopero più, cercando di avvicinarmi con umiltà e determinazione al modo di lavorare del Maestro.

Il mio suggerimento: prova entrambi gli approcci per un po’ di tempo, capirai da solo con quale dei due ti trovi meglio. Meglio ancora, per i primi tempi abbina le due tecniche. Sarà l’esperienza a suggerirti verso quale estremo sei più portato.

Esercizio

Scegli una persona della tua vita – parente, amico, conoscente – e prova a descriverla nei dettagli. Non limitarti all’aspetto fisico, il lettore vuole sapere tutto: carattere, come parla, modi di dire, tic, idee politiche, tutto ciò che ti viene in mente. Meglio se la descrizione mi arriverà in forma di racconto breve.

Print Friendly, PDF & Email

Autore William Silvestri

Autore, formatore e direttore editoriale di Argento Vivo Edizioni. Prima di entrare nel mondo dell'editoria ha pubblicato i romanzi 'Divina Mente', 2011, 'Serial Kinder', 2015, e 'Ci siete mai stati a quel paese?', 2017, 'Io e la mia scimmia', 2019, oltre al saggio esoterico 'Chi ha paura del Serpente?', 2015.