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‘Le voci di… Eduardo’ a Classico Contemporaneo

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Le voci di... Eduardo


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In scena il 23

Riceviamo e pubblichiamo dall’Ufficio Stampa di Hermes Comunicazione.

Nell’ambito di Estate a Napoli 2016 dal 17 al 30 agosto si terrà la rassegna teatrale ‘Classico Contemporaneo’ III edizione, direzione artistica Gianmarco Cesario e Mirko Di Martino, organizzazione Teatro dell’Osso in collaborazione con Aries Teatro ed Eventi.

Il settimo appuntamento è nel Chiostro del Convento di San Domenico Maggiore, Napoli, martedì 23 agosto, ore 21:30, con ‘Le voci di… Eduardo’ di Salvatore Mincione Guarino
spirato ad Eduardo De Filippo, con Giovanni Gazzanni, Salvatore Mincione Guarino,
Elio Musacchio, Gaia Rossi, Asia Franceschelli, Mattia Rodi, Augusto Di Primio, regia Salvatore Mincione Guarino.

Una commedia umana, in cui ciascuno di noi può identificarsi e riconoscersi, una rappresentazione delle coscienze che brulicano sotterranee nel buio delle nostre vite. Nell’apparente tranquillità quotidiana serpeggiano sospetti e dubbi il cui unico testimone è rappresentato da Alberto Saporito, spettatore del degrado umano e della diffidenza che non risparmiano neppure il nucleo familiare.

“Io mi vergogno di appartenere al genere umano” è l’espressione che sintetizza il percorso dell’uomo, tra sogno e realtà il cui confine è talmente labile da impedirne il discernimento. Rispetto alla commedia originale, in cui si dà ampio spazio agli eventi quotidiani che precedono lo sviluppo della vicenda, ho voluto, al contrario, aprire lo spettacolo con l’inizio del secondo atto. Gli attori vestono i panni dei diversi personaggi e lo fanno a vista, spogliando i manichini e vestendo di volta in volta i panni di questo o quel personaggio.
Il ricorso a figure inanimate serve a sottolineare l’impossibilità dell’uomo a comunicare.
Gli uomini diventano manichini in questo “gioco delle parti” dove non c’è più un confine definito tra il sogno e la realtà.

La scelta registica è legata alla volontà di dare rilevanza scenica al personaggio di Zi’ Nicola, denuncia e incarnazione dell’incomunicabilità umana, simbolo del disagio relazionale e dell’incapacità di intendersi di pirandelliana memoria.
L’uomo si muove su un altro livello rispetto agli altri personaggi (la sua collocazione fisica sulla scena sottolinea il suo distacco dalla realtà). Come spettatore privilegiato, osserva dall’alto le vicende umane e, a differenza della versione eduardiana, si rende visibile al pubblico, lume per la vita di Alberto e personaggio dal destino crudele: quello di “veder giusto”.
Il non detto di Zì Nicola diventa parola attraverso i versi de “La mia preghiera” di Eduardo: “quanti t’hanno pregato con fervore: – Dio mio fammi morire! – Io non ti chiedo questo grande onore, ma…fammi incretinire!”

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