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Ho visto cose che voi umani…

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disseppellire pepite


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L’argomento del giorno ha come sottotitolo disseppellire le pepite d’oro perché, da oggi, ribalteremo le nostre prospettive e impareremo a guardarci dentro per recuperare idee e stimoli utili ad arricchire la nostra scrittura.

Finora abbiamo rivolto l’attenzione all’esterno, anche se è vero che in alcuni esercizi hai imparato a effettuare il percorso inverso – ad esempio quando l’ascolto di un brano ha riportato a galla alcuni dei tuoi ricordi. Da questo momento torneremo su quell’altra parolina magica che abbiamo conosciuto a inizio corso: concentrazione.

Se è vero che il mondo esterno ci offre una gamma pressoché illimitata di input che possiamo cogliere onde trarre ispirazione per la scrittura, è altrettanto pacifico che il mondo sia di tutti. Questo implica che qualcun altro potrebbe essere in teoria ispirato dal medesimo elemento che ha catturato la tua attenzione. E non parlo di elementi macroscopici come un tramonto o la caduta delle foglie, che sono sotto gli occhi di ciascuno. Mettiamo che mentre esci di casa tu veda qualcosa di buffo e pensi di scriverci un racconto. Qualcuno potrebbe aver visto la stessa cosa e avere la tua stessa idea, che non sarebbe più originale.

Viceversa, scavando nella tua memoria puoi riportare alla luce persone, fatti e idee che nessuno potrà copiarti per il semplice motivo che gli altri non vivono la tua vita. Quando parlo di disseppellire le pepite intendo proprio questo. Ciascuno di noi possiede un bagaglio di ricordi ed esperienze unico e non riproducibile. Certo, magari alcuni ricordi possono essere condivisi – ad esempio se li hai vissuti con un fratello, una sorella, un amico, ecc. – ma sono tuoi ricordi nel senso che eventuali altre persone avranno una loro versione di quel determinato evento.

Questo succede perché la memoria è emozionale: lo stesso episodio raccontato da due persone diverse risulterà differente, perché i due soggetti in questione hanno provato ciascuno le proprie emozioni. Piccolo esempio per rendere meglio il concetto. Questa è una storia vera, e domando scusa se tiro in mezzo ancora una volta due temi a me molto cari: il pallone e mio padre.

La domenica che il Napoli vinse il primo scudetto, nel 1987, mio padre fece 12 al Totocalcio. Nonostante papà sia milanista, l’euforia per la duplice vittoria lo fece uscire di testa e così ci portò a comprare il gelato durante i festeggiamenti per il Tricolore. Quella domenica per le strade di Napoli c’era il mondo, inclusi molti amici miei o di mio fratello, così papà offrì il gelato anche a loro. Arrivarono altri bambini, e anche genitori, nonni, zii e cugini, e mio padre continuò a offrire gelati a ritmo di Ho visto Maradona. Ben presto in tutto il quartiere – ma forse tutta Napoli – si sparse la voce che c’era un tizio che offriva il gelato a tutti. Morale della storia, quel giorno papà vinse 600.000 lire e ne spese quasi altrettante offrendo gelati a tutta la città!

All’epoca dei fatti avevo dieci anni e conservo un magnifico ricordo di quel pomeriggio. Innanzitutto mio papà mi sembrava fighissimo, ero diventato il bambino più famoso del quartiere. C’erano la musica, le bandiere, le trombette, i caroselli di auto, la gente che dipingeva d’azzurro i leoni della scalinata della chiesa, tutto bellissimo. Quello che cerco di dirti è che la mia memoria emotiva mi permette di associare quella situazione alle bandiere e ai leoni, e questo nessuno me lo potrà togliere; invece mio padre, poveretto, ancora pensa a come sia stato possibile dilapidare in poche ore l’unica vincita della sua vita. Come vedi il nucleo del ricordo è banale – un uomo offre gelati a tutti – ma il modo di raccontarlo, entusiastico o pieno di rammarico, dipende dalle emozioni a esso associate. Per dirla con Pirandello:

Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere mettiti le mie scarpe, percorri il cammino che ho percorso io. Vivi il mio dolore, i miei dubbi, le mie risate. Vivi gli anni che ho vissuto io e cadi là dove sono caduto io e rialzati come ho fatto io.

Ecco perché sostengo che ognuno di noi sia un essere unico e irripetibile. Non ci sarà mai un altro te stesso, perché tu sei il frutto delle tue esperienze, delle tue conoscenze e delle tue emozioni.

Torniamo alle pepite d’oro. A volte mi capita di pensare a quanta gente strana conosca, e magari io sembrerò strano a loro. Ciascuno di loro ha fatto o detto qualcosa di insolito, gustoso, o ha una caratteristica che lo rende letterario, cioè degno di essere immortalato su carta. Mi è capitato di vedere con questi occhi scene esilaranti o commoventi, siparietti da farti piegare in due dalle risate oppure apprendere particolari su persone o situazioni che avevano del grottesco. Sai quando si dice la realtà supera la fantasia? Ecco. E allora, perché non sfruttare questo patrimonio di conoscenze solo mio nella scrittura?

Sono convinto che, se ti fermi a pensare cinque minuti, anche tu conosci personaggi pittoreschi, anche tu avrai visto situazioni divertenti o assistito a piccoli drammi; anche tu sarai a conoscenza di un episodio, visto o raccontato da qualcuno, sul quale “ci si potrebbe scrivere un libro”. La vita è una colossale rappresentazione teatrale, nella quale noi siamo al tempo stesso sia attori che spettatori. Se ricordi un episodio, se ricordi proprio quello, è perché ti ha colpito e allora, se ti ha colpito, non credi che sarebbe interessante raccontarlo a quante più persone possibili?

Come sua antica abitudine Alfonso Riccio, in arte Red Fonzi per via del ciuffo rosso sfoggiato in gioventù, si era presentato al Circolo con largo anticipo rispetto all’ora in cui veniva purtroppo richiesta la sua presenza; solo così poteva infatti dedicarsi alle tre cose che in assoluto gli riuscivano meglio. In ordine d’importanza: leccare il deretano ai soci fondatori, in ispecie quello del Cavaliere; spettegolare, sublime arte in cui egli era maestro indiscusso e campione europeo imbattuto per il quinto anno consecutivo; giocare alle macchinette, cioè le slot machine del club, aggeggi nei quali scialacquava le sue misere finanze per la gioia della consorte.

Red Fonzi è un personaggio minore di un mio romanzo, anzi potrei dire che vi recita un piccolo cammeo. Ma le poche scene in cui opera sono state giudicate fra le più divertenti dell’intero libro. Red Fonzi, con un altro nome, esiste davvero. L’ho conosciuto da ragazzo, ancora rido se ripenso ad alcuni episodi che l’hanno visto protagonista.

Così mi sono detto:

Dai William, regaliamogli un po’ di notorietà!

e quei due – tre aneddoti li ho riportati nella storia. Non c’entrano niente con la trama, non cambiano il senso del libro, ma lo arricchiscono.

Precisazione: non sto dicendo che sia possibile costruire un racconto o addirittura un romanzo basandosi soltanto sui fatti ripescati nei meandri del nostro cervello. Sono altri gli elementi fondamentali: l’idea, la trama, il soggetto, i protagonisti, lo stile narrativo, eccetera. Ma alla fine della fiera lo scrittore deve raccontare, cioè intrattenere chi legge, e uno dei modi migliori secondo me è partire per la tangente regalando piccoli frammenti di sé, quantunque mascherati.

Tra l’altro forse non lo sai ma sto infrangendo un tabù millenario dicendoti queste cose. In passato gli scrittori si guardavano bene dal raccontare come gli fossero venute certe idee. Non c’è modo di sapere se Manzoni abbia davvero conosciuto un Don Abbondio al quale ispirarsi, o se Mario Puzo abbia descritto il padrino mentre sceglieva la frutta indicandola con un dito perché osservò un vero gangster comportarsi in quel modo. Oggi comunque la nuova generazione di narratori è meno gelosa di questi aspetti e spesso, nelle interviste, di fronte a specifiche domande regala al lettore tutta una serie di curiosità.

La verità è che non si può inventare tutto. Alcuni elementi di un testo, a volte periferici, altre volte l’asse portante della storia, sono estrapolati dal proprio vissuto. Sta poi alla bravura di chi scrive. Lo scheletro del ricordo è vero, ma deve essere camuffato – in primis per non essere troppo riconoscibile, la denuncia è sempre in agguato! – e soprattutto impreziosito mediante lo stile e la perizia dell’autore.

Esercizio.

Pesca nella tua memoria il ricordo di un episodio bizzarro o divertente e raccontalo. Cambia pure i nomi se vuoi, arricchisci la narrazione secondo i tuoi gusti ma non distaccarti troppo da come sono andate davvero le cose.

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Autore William Silvestri

Autore, formatore e direttore editoriale di Argento Vivo Edizioni. Prima di entrare nel mondo dell'editoria ha pubblicato i romanzi 'Divina Mente', 2011, 'Serial Kinder', 2015, e 'Ci siete mai stati a quel paese?', 2017, 'Io e la mia scimmia', 2019, oltre al saggio esoterico 'Chi ha paura del Serpente?', 2015.