Home Territorio ‘L’immoralista’ di Gide in scena al TRAM

‘L’immoralista’ di Gide in scena al TRAM

1452
'L'immoralista'


Download PDF

L’opera del premio Nobel francese adattata e rivisitata da Luisa Guarro e Antonio Mocciola

Il 27 aprile presso il TRAM Teatro Ricerca Arte Musica, via Port’Alba 30, Napoli, è andato in scena lo spettacolo ‘L’immoralista – ti guarirò con la violenza del mio amore’ dal romanzo di André Gide, di Luisa Guarro e Antonio Mocciola, regia Luisa Guarro, con Giovanni Esposito e Marilia Marciello, disegno luci Paco Summonte, realizzazione scenografia Laura Simonet, direzione allestimento Marco Perrella, allestimento a cura degli allievi della Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Napoli Chiara Carnevale e Giulia Suriano.

L’adattamento teatrale di un romanzo non è mai un’operazione facile, soprattutto quando l’autore originario è un premio Nobel che tratta argomenti scottanti, dirompenti e scomodi rispetto alle tematiche in voga al suo tempo, la cui forza visionaria e di rottura appare attuale anche adesso, in un contesto differente dall’Europa borghese di inizio ventesimo secolo. I tagli appaiono necessari a condensare gli innumerevoli messaggi di un testo che si sofferma sulle pulsioni fisiche in un percorso interiore nei più profondi abissi della sensualità alla scoperta del proprio vero io.

Il lavoro di Guarro e Mocciola è teso ad individuare i momenti centrali del romanzo, quelli catartici per il protagonista, quelli in cui vengono offerti al lettore, in questo caso allo spettatore, delle Epifanie. Momenti collegati tra di loro da passaggi musicali, in cui gli attori offrono a passo di danza il senso del tempo che passa, del viaggio, della routine che scorre fino all’esplosione della successiva rivelazione, anche con un sapiente uso delle luci fino a creare spunti di piacevole poesia.

Il protagonista Michel, perennemente in bilico tra le contraddizioni dell’intellettuale borghese che si barcamena tra i doveri e le apparenze da salvare, durante il suo viaggio di nozze con Marceline si sveglierà da quel torpore che lo ha accompagnato nell’arco di tutta la sua esistenza per dar sfogo ai suoi istinti, liberando finalmente se stesso.

La scena si apre con un matrimonio privo di sentimento, avvertito più come un’imposizione per assecondare l’ultimo desiderio di un padre morente che come naturale conclusione di un idillio di cuori. A sottolineare la contraddizione il rintocco di campane a morto, che fanno da contrappunto alla celebrazione dell’unione.

Stridente la contrapposizione tra l’assoluta religiosità di lei, a tratti esasperante ed esasperata, e le frasi nichiliste che lui le scaglia contro, salvo poi scusarsi con finta dolcezza, più per farla smettere che per ammettere il proprio errore. Una coppia mal assortita di due semisconosciuti che niente hanno in comune, che non impedisce però a Marceline di calarsi subito nella parte dell’amorevole compagna di vita pronta a prendersi cura del suo uomo e badare a dovere al ménage secondo i dettami dell’economia domestica.

L’Africa, meta scelta per la luna di miele, si rivela fonte di delusione per lo studioso di storia antica, che in questo modo avverte una prima scollatura tra l’esistenza in cui è ingabbiato e quello che può essere definita come autenticità dell’essere. Per cui è incapace di apprezzare l’essenza di luoghi e simboli che incarnano i capisaldi della sua quotidianità. Questo lo porta ad ammalarsi di tubercolosi, la sofferenza interiore finisce per sfociare in quella fisica, a ben vedere metafora di un tormento esistenziale, ormai maturo per un’evoluzione, per una rinascita.

Michel trova la strada della ribellione innanzitutto attraverso la riscoperta del corpo, intorpidito dai legami dell’ipocrita perbenismo borghese e religioso. Ne ritorna in possesso lentamente, cominciando a prendersene cura, con l’esercizio fisico, con il contatto con la natura e con un’Africa che non è più quella della storia e dei monumenti, ma quella primordiale dei sensi, del rapporto carnale con gli adolescenti dai grandi occhi, dai denti bianchi, dalla pelle brillante e dalla muscolatura definita.

È il rigetto di una morale che però non si sostanzia in un’amoralità, in un’assenza di morale, per cui diventa fondamentale la stessa interpretazione del titolo, ‘L’immoralista’, sinonimo di una visione fortemente permeata dalla filosofia di Nietzsche.

Il Michel che rinasce attraverso diversi passaggi esistenziali assomiglia molto all’oltre uomo nichilista, laddove la morte di Dio corrisponde allo spezzare i legami con l’etica cristiana perfettamente identificabile con Marceline. La drammaturgia ha il pregio di sottolineare proprio questi passaggi, in momenti di grande intensità in cui la dissonanza tra due modelli si riflette nelle discussioni tra i due protagonisti.

Tornato in Francia Michel conduce una vita completamente diversa, frequenta compagnie popolari, immergendosi nel vizio, ma come conseguenza di un’estetica ricerca del piacere, in una concezione del bello che rifiuta i canoni convenzionali.

Michel e Marceline, le due facce della stessa medaglia; la liberazione del primo coincide con il declino dell’altra, che si ammala a sua volta di tubercolosi.

Il ritorno in Africa che per l’uomo ha significato la guarigione, la rinascita, la liberazione, per la donna significa la fine; Marceline muore mentre il marito è in compagnia di un giovane africano con la sua giovane ragazza.

Ma l’emancipazione di Michel è amara, non solo per la perdita della moglie, per la perdita precedente del figlio concepito nell’unica unione carnale con la donna.

Una frase del romanzo di Gide riassume il senso profondo di quello che comunque risulta essere un fallimento:

Saper liberarsi non è niente, il difficile è saper essere liberto.

Emblematica, in questo senso, è la scena finale in cui gli autori riescono a condensare in modo efficace il messaggio principale del testo originale; la morte di Marceline è sfumata dall’abbassarsi delle luci, con la donna ancora sul palco, la ricerca edonistica del protagonista si conclude con una risata sarcastica fuori campo, con l’espressione che incarna perfettamente il fallimento di un percorso.

Perfettamente in parte i due attori, Giovanni Esposito e Marilia Marciello, assolutamente a loro agio anche nei frangenti in cui una buona presenza scenica prende il posto della parola.

In definitiva, la rischiosa operazione dell’adattamento di un’opera controversa e scomoda come quella di Gide può considerarsi assolutamente positiva, equilibrata e fedele allo spirito originario.

La pièce sarà ancora in scena stasera 28 aprile, ore 21:00, e domani 29 aprile, ore 18:00, presso il TRAM di Napoli.

'L'immoralista'

Print Friendly, PDF & Email

Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.