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Galeotta la notte e la principessa

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Adamo


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E gli dèi della Musica dissero: «Facciamo l’Adamo a nostra immagine, a nostra somiglianza»

Cari amici di ExPartibus, lunedì 3 febbraio ho ricevuto la prima tranche del mio onorario – naturalmente sotto forma di cena presso la rinomata Pizzeria Trattoria San Carlo 17 di Napoli – per cui non ho più scuse e questa nuova rubrica Alta Fedeltà la devo proprio cominciare.

E siccome mi trovo in Belgio per presentare il libro del mio amico Antonio Masullo al Parlamento Europeo (mica stiamo a pettinare le bambole, noi di Argento Vivo Edizioni!) ho pensato di inaugurarla con un omaggio al Paese che gentilmente ci ospita in questi giorni.

Prima però una breve analessi (se non sapete cosa sia, rileggetevi la mia vecchia rubrica Digito, ergo sum). Dovete sapere che da ragazzo mi dilettavo a suonare e spesso mi esibivo nei locali facendo pianobar, ma io suonavo e basta: la punta di diamante del nostro duo era uno chansonnier d’eccezione che risponde al nome di Ennio Silvestri, cioè mio padre.

Ora, voi capirete che il salto generazionale era notevole, per cui avevo allestito un repertorio dinanzi al quale i miei compagni di scuola inorridivano: Bobby Solo, Tony Dallara, Dario Baldan Bembo, tutta gente agée di cui vi parlerò in questa rubrica – non temete.

Anch’io non temevo nessuno. Suonavamo in locali la cui età media si attestava attorno alla dignitosa soglia dei sessantaquattro anni, ma ero davvero preparatissimo e non deludevo mai i miei fan: volevano ascoltare ‘Mi sei entrata nel cuore’ degli Showmen?
E io gliela facevo ascoltare. Mi chiedevano se per caso conoscessi ‘Viso d’angelo’ dei Camaleonti? E certo che la conoscevo!

Poi, una maledetta sera, durante un venticinquesimo anniversario di matrimonio, arriva il festeggiato che vuol dedicare una canzone alla moglie. La canzone è ‘La notte di Adamo’… e lì mi accorgo di essere null’altro che un pivello. Mio padre risponde pronto: la conosce, e gliela canterebbe pure, agli sposi, se solo quel buono a nulla di pianista – che sarei io – avesse studiato meglio la storia della discografia Anni Sessanta.

E così quella volta tornai a casa, mesto per aver rovinato le nozze d’argento a quella coppia e per essere tanto ignorante. Ma chi era questo cantante di cui non avevo mai sentito parlare?

Purtroppo in quel tempo non esistevano smartphone né Google, o meglio: il Google musicale era mio padre, che non so come ma recuperò – credo da un suo collega – una di quelle musicassette pezzottate (traduzione: pirata) con tutti i migliori successi dell’artista a me ignoto. Ed ecco chi è il primo cantante di cui vi parlerò, ma che dico cantante, il primo uomo: Adamo.

Noi tutti sappiamo fin dai tempi del catechismo una cosa errata riguardo ad Adamo: no, non la mela, non è importante quale fosse il frutto della passione. L’informazione sbagliata è un’altra: Adamo era il cognome. Di nome faceva Salvatore, e se è per questo il paradiso terrestre che dovette lasciare era Comiso, in Sicilia. Perché, volete dire che l’antica Trinacria, con il suo mare, i suoi paesaggi, l’ospitalità della sua gente e il cibo favoloso, non è un angolo di paradiso?

Comunque sia, Adamo abbandonò la terra natia e si stabilì in un cantone uggioso del Belgio, dove molti altri Adami erano già finiti a estrarre carbone nelle miniere. Siccome lui era ancora bambino e non gli andava di scavare sottoterra, dove non si vede mai la luce del sole, decise che sarebbe diventato un artista e così rimase in superficie. Il sole non l’avrebbe visto lo stesso, perché ora viveva in Belgio e non più in Sicilia, ma vabbè.

Dunque, pare che uno zio ricco, venuto in visita, rimase impressionato dal fatto che il piccolo Salvatore imitasse Elvis a perfezione: cantava e suonava la chitarra. Solo che la chitarra, nella fattispecie, era in verità una scopa – erano pur sempre emigranti – e allora lo zio, commosso dall’intraprendenza del ragazzo, gli comprò una chitarra vera e lo mandò da un maestro di musica. Purtroppo con i fondi lasciati dallo zio, Salvatore poté seguire solo quattro lezioni, e poi dovette arrangiarsi da solo e, da autodidatta, divenne Adamo.

Pochi anni più tardi, infatti, vince un concorso musicale organizzato da Radio Lussemburgo e vola a Parigi per la finale. È diventato una stella, e suo padre Antonio lascia la miniera per fargli da manager.

Adamo è un emigrante sui generis, anzi possiamo definirlo un curioso esperimento di ibridazione siculo-francese. Fin da ragazzo, infatti, si integrò con la cultura non solo della sua nuova patria, ma soprattutto con la tradizione letteraria e musicale francese che, da sempre, influenza tutto ciò che in Belgio non ha a che vedere con le miniere e le banche.

Per esempio, Adamo – che venne prontamente ribattezzato “Adamò”, con l’accento sulla “o” – ha più volte indicato fra le sue principali fonti d’ispirazione gente come Victor Hugo, Prèvert, Brassens. A questa francofilia tuttavia Adamo mescolava le sue radici, e non solo: la passione per la musica napoletana, e addirittura per il tango argentino.

Certo, la prima volta che ascoltai la sua canzone rimasi un attimo basito: tu metti la cassetta e ascolti questo tizio mai ascoltato prima, che canta con la voce da cinegiornale del Film LUCE e perciò ti aspetti che qualcuno voglia spezzare le reni a qualcun altro… e invece Adamo ti tira fuori poesie che ti accendono le emozioni:

Vous permettez, monsieur,
ballo un po’ con vostra figlia,
la sua bocca vermiglia
i ragazzi meraviglia.

E così pian piano, ritornello dopo ritornello le chanson di Adamò ti entrano nella testa che mannaggia a Re Baldovino non se ne vogliono andare mai più.

A proposito dei reali di Belgio. Pare – pare – e sottolineo di nuovo, pare, che Adamò avesse una fan un po’ particolare: Paola Ruffo di Calabria. Sì, la regina del Belgio fino al 2013. All’epoca però era una principessa e se è per questo anche giovane e bella. Per farvi entrare nel personaggio, vi dico solo che nel 1969 la principessina tutto pepe, in visita al Vaticano, fu respinta dal papa perché la sua minigonna era considerata troppo osé.

Com’è e come non è, Adamò si sente talmente integrato con il Belgio che pensa di dedicarle una canzone, intitolata ‘Dolce Paola’. È il finimondo: i giornalisti si scatenano, si parla di un presunto flirt fra la sovrana e l’ex minatore siciliano e la coppia reale vive momenti difficili. Comunque sia, la tresca fra Paola e Adamò non fu mai confermata.

Interrogato in merito molti anni dopo, il cantante ebbe a dichiarare:

Dico solo che era molto bella. Proprio bellissima. Ma dovevo stare al mio posto.

Ma non parliamo solo di corna, vere o immaginarie, e torniamo al motivo per cui Adamò è ancor oggi famosissimo: la musica. Tutti i suoi maggiori successi in genere seguivano un rituale ben preciso: per prima cosa li faceva uscire in francese; poi, se i brani avessero riscosso un buon riscontro, sarebbe arrivata anche la versione italiana. Di solito andava proprio così.

E arriviamo alla canzone più celebre, quella che mi fece prendere il cazziatone da mio padre perché non la conoscevo: ‘La notte’, in originale ‘La nuit’. Oh, ragazzi: è bellissima! Dolce, orecchiabile, con un arrangiamento che oggi gli Sferabbasti se lo sognano.
Tutte terzine, accordi ascendenti e discendenti in una sequenza che farà la fortuna dei grandi pezzi in ¾ di quel periodo ma che non sfigurerebbero nemmeno ai giorni nostri: la minore, fa, sol, mi settima.

E un testo che andrebbe studiato al quinto anno del liceo insieme a Saba, Ungaretti e a quell’altro tombeur de femmes di D’Annunzio.

Eccola qua:

Adamò ad oggi ha venduto oltre 100 milioni di dischi, si è esibito dappertutto e dal 1993 è pure ambasciatore UNICEF per il Belgio. Soprattutto, nella classifica degli artisti che hanno venduto di più in tutto il mondo, sono presenti soltanto cinque cantanti francofoni e uno di questi è Adamo – gli altri sono Tino Rossi, Aznavour, Dalida e Johnny Hallyday. E siccome già vi vedo che vi state preoccupando, niente paura: prima o poi parleremo anche di loro, è una minaccia!

Ah, vi devo dire che secondo me la sua canzone più bella in assoluto è un’altra poesia.
Ho riflettuto a lungo per determinare se preferissi quella o ‘La notte’, e dopo lunghe dissertazioni con me stesso ho scelto l’altra, che s’intitola ‘Affida una lacrima al vento’. Perché? Perché, con quei controcanti, è la più beatlesiana di tutte! Ve la regalo, e vi do appuntamento al prossimo numero di Alta Fedeltà!

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Autore William Silvestri

Autore, formatore e direttore editoriale di Argento Vivo Edizioni. Prima di entrare nel mondo dell'editoria ha pubblicato i romanzi 'Divina Mente', 2011, 'Serial Kinder', 2015, e 'Ci siete mai stati a quel paese?', 2017, 'Io e la mia scimmia', 2019, oltre al saggio esoterico 'Chi ha paura del Serpente?', 2015.