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Effimere adolescenze

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Sull’educazione dei giovani

Necessità di punti fermi e, paradossalmente, di libertà.
Irrompono i bisogni e le pulsioni, i sogni che gli adulti non sono riusciti a realizzare, e forse è per questo che gli adolescenti vengono tanto condannati.

I capelli bianchi sono memori di tutte le occasioni lasciate sulla porta, di quanto la vita sia stata ingurgitata dalla noia dell’abitudine; per soddisfare la praticità e la sicurezza, in nome dell’intoccabile stabilità.

L’entusiasmo del disordine e delle utopie è stato rintuzzato, affossato nei labirinti dell’ordine e dello schematico, e l’allegria, divenuta impegno del fine settimana, non è altro che una maschera opaca dalla quale si intravvede solo contegno e moderato festeggiamento.

La maturità è affidabile, l’immaturità è trasgressiva, ma chi lo può dire che non sia più costosa la prima, dal momento che si attornia continuamente di mura invalicabili attraverso le quali le emozioni non riescono più ad entrare?

Viali di rassegnazione.

Viaggi senza trasformazione, come le obbligate vacanze estive sotto un ombrellone.
Gli adolescenti sono cascate inarrestabili e sarà forse la loro vitalità che li rende così invidiati e, perciò, perennemente giudicati?

Chi li vuole educare lo può fare solo accompagnandoli stando di lato, non certo cercando di bloccarli frontalmente.

Per capirli l’adulto ha bisogno di rimodellarsi dentro, non come gli stupidi ‘matusalemme’ che si ridicolizzano provando ad imitarne le gesta e il linguaggio esteriore.

Poiché tutto ciò è ridicolo tanto quanto sentenziare di esserci già passati dalle loro parti, di avere già vissuto ciò che gli adolescenti stanno vivendo, e quindi dichiarare con saccenza di saperne di più.

In verità, non ci sono mai passati perché il mondo, un giorno attraversato dai capelli bianchi, era altro da quello che i giovani stanno attraversando ora.

Che ne vuole sapere l’adulto, con i suoi sogni ormai spezzati, i suoi caffè da pausa azienda, le sue minestrine della sera e il suo telecomando sul divano?

Giorni e notti senza entusiasmo, senza passioni, in compagnia di incubi automatizzati e di un biglietto d’ingresso giornaliero per la routine.

Senza trasformazione, senza rinnovamento di ciò che è vecchio dentro, la comunicazione diviene impossibile.

Si rammenta, l’adulto, di tutte le volte che si è rifiutato di vivere, adducendo come causa la necessità della certezza, della concretezza, della stabilità, dell’efficienza e della praticità?

E vorrebbe, allo stesso modo, che i giovani siano già svogliatamente inquadrati come lui?

È una partita persa.

Gli adolescenti sono lo specchio degli adulti; buttano loro in faccia tutto ciò che credevano realizzabile e che è invece diventato illusione.

La persona cosiddetta matura vorrebbe ricacciarli già ora in uno squallido ordine schematico:

Se non la capisci adesso un giorno capirai!

E tutto questo solo perché l’adulto crede già di aver capito tutto, senza più essere disponibile alla mobilitazione interiore.

Si può davvero capire, comprendere, stando fermi, arroccati nel proprio finto sapere?

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Autore natyan

natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.