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Diario di un’archeologa, parte prima

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È passato circa un mese da quando sono arrivata sul cantiere del Passo Cento Croci, qui, proprio sul crinale di confine tra la regione Emilia Romagna e Liguria.

La ragione del mio arrivo è legata alla sorveglianza archeologica durante i lavori di realizzazione di un parco eolico composto da sei torri e una sottostazione di trasformazione dell’energia elettrica, prodotta dalle pale sfruttanti la forza cinetica del vento.

Non è per niente un’opera da poco, soprattutto se si pensa alla complessa orografia del sito, alle abbondantissime venute idriche che nascono e dirompono con forza per unirsi in rii e torrenti verso le arterie fluviali principali, il Taro, in questo caso.

Le aree destinate alla costruzione di piazzole e plinti, costituenti questi ultimi le basi di fondazione per l’alloggiamento delle torri eoliche, sorgono, seguendo la conformazione delle rocce, su pianori e pendii con altezze che oscillano più o meno dai novecento ai milleduecentocinquanta metri sul livello del mare.

Siamo circondati dal bosco, fitto e ospitante una ricca fauna. La vegetazione è straordinariamente lussureggiante. È possibile scorgere ad ogni momento daini, scoiattoli neri, lepri, cinghiali, rane e rospi, vipere. Il cantiere è frequentato anche da un gruppo di ricerca che si occupa di ornitologia. Ho visto i falchi, alti e veloci, e stormi dai colori brillanti che non so neanche riconoscere. L’ignoranza ammutolisce. Qui, le mie radici urbane e di periferia non mi consentono di riconoscere tantissime cose.

Ci sono aree destinate al pascolo, le mucche e i vitelli qui crescono liberamente, mi è capitato di trovarmi bloccata per strada in mezzo alla mandria. Ovviamente ho reagito nel modo più patetico che si possa pensare. La città non parla il linguaggio naturale.

Sul cantiere sono a casa. Lavoro con una squadra tutta irpina, siamo campani tranne gli ingegneri e i responsabili dell’azienda committente.

Il mio compito è quello di seguire gli escavatori durante le operazioni di scavo e di approfondimento nelle diverse aree. Capire e contestualizzare i segni e le tracce che ci rimanda il territorio, raccoglierle e trasformarle in rapporti dettagliati, attraverso analisi adeguate e scientifiche, fondate su un metodo altrettanto rigoroso, quello stratigrafico.

La successione degli eventi, sia naturali che antropici, è registrata dalla terra attraverso delle sequenze stratigrafiche che conservano e rimandano informazioni che non riusciamo a carpire se non attraverso l’impiego di un adeguato approccio analitico.

È il classico esempio della fetta di torta a strati sottoposto a chiunque si sia interessato un po’ di archeologia. Mano a mano che affondiamo la forchetta intercettiamo per primi gli strati superficiali, quindi i più recenti, poi quelli più antichi.

Ovviamente riportando il tutto al contesto geoarcheologico non è così semplice e immediato. Difficilmente le sequenze di un sito archeologico si mostrano così lineari.
Ma è proprio questo articolarsi, spesso intricato, degli strati, e quindi delle diverse fasi temporali, a rendere il lavoro di ricostruzione arduo e affascinante allo stesso tempo.

Potrebbe capitarci di trovare, per esempio, in uno strato certamente antico un tappo di coca cola, come mi è successo, oppure un oggetto di epoca remota appena sotto lo strato superficiale. In questi casi si possono sicuramente ipotizzare delle azioni di interferenza, antropiche o naturali, causa di rimescolamenti.

Sta all’occhio e all’esperienza di chi scava interpretare nel migliore dei modi ogni contesto stratigrafico, ricordandosi di cercare non ciò che si vuole trovare, bensì di raccogliere ciò che c’è, e che appartiene intrinsecamente alla storia e alla vita di quel sito.

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Autore Marilena Scuotto

Marilena Scuotto nasce a Torre del Greco in provincia di Napoli il 30 luglio del 1985. Giornalista pubblicista, archeologa e scrittrice, vive dal 2004 al 2014 sui cantieri archeologici di diversi paesi: Yemen, Oman, Isole Cicladi e Italia. Nel 2009, durante gli studi universitari pisani, entra a far parte della redazione della rivista letteraria Aeolo, scrivendo contemporaneamente per giornali, uffici stampa e testate on-line. L’attivismo politico ha rappresentato per l’autore una imprescindibile costante, che lo porterà alla frattura con il mondo accademico a sei mesi dal conseguimento del titolo di dottore di ricerca. Da novembre 2015 a marzo 2016 ha lavorato presso l’agenzia di stampa Omninapoli e attualmente scrive e collabora per il quotidiano nazionale online ExPartibus.