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Contro la Pandemia Immateriale, la Resilienza

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Durante quel periodo [di pestilenza], non era facile vedere uomini nelle strade… Tutti coloro che avevano la fortuna di stare in salute rimanevano seduti nelle loro case, assistendo i malati o piangendo i morti. Il lavoro in ogni sua forma cessò, tutte le attività produttive furono abbandonate dagli artigiani… In una città in cui eravamo abituati a viverla ricca di tutte le cose buone, diventava una cosa molto difficile avere pane a sufficienza o qualsiasi altra cosa; così che con tutti quei morti e malati sembrava che la fine della vita avvenisse prima di quanto sarebbe dovuto.

Questa non è una descrizione che riporta l’attuale situazione in una delle città di una delle tante nazioni in emergenza pandemica sottoposte al lockdown, è il racconto dello storico Procopio di Cesarea che descrive la vita dei cittadini di Costantinopoli durante la peste di Giustiniano nel VI secolo d.C..

Nel corso della sua storia più volte l’Umanità si è trovata a fronteggiare epidemie e pandemie dagli effetti nefasti, talvolta quasi sterminando fino ad un terzo della sua popolazione, come ad esempio accadde con la Morte Nera nei cinque anni successivi al 1350, quando scoppiò in Europa la pestilenza proveniente, ancora una volta, dall’Asia, per la quale le stime riportano la morte di circa 20 milioni di cittadini su una popolazione di 75.

Si moriva senza servitore, si veniva sepolti senza prete, il padre non visitava il figlio, né il figlio il padre, la carità era morta, la speranza annientata.
Guy de Chauliac, medico francese alla Corte di Avignone 

Catastrofi naturali, guerre e malattie hanno da sempre contrassegnato la storia dell’Umanità, ma per quante volte si sia creduto fosse sull’orlo della distruzione, l’Uomo ne è uscito sempre più forte.

Questa è la prima volta che ci si trova in un’emergenza sanitaria in un Mondo caratterizzato da una iper-connessione immateriale, globale, degli Uomini: è la prima pandemia nella società dell’informazione.

Fortunatamente non stiamo piangendo decine di milioni di morti come i nostri antenati in altre tragedie narrate dagli storici. Non vediamo i malati e i defunti per la strada come in passato, eppure, riusciamo ad ascoltare le loro sofferenze e a ‘vedere’ la morte come con l’immaginazione, alimentata dall’incessante diffusione di notizie di pazienti e medici nelle corsie di ospedali, dal suono delle ambulanze che corrono in città deserte, dalle immagini che rimbalzano da una rete televisiva ad una piattaforma social media.

In questo nuovo contesto sociale l’effetto amplificatore dell’insistente’‘bombardamento mediatico’ non risparmia nessuno di infondere la stessa ansia e sofferenza, come già successo in precedenza. Sebbene le conseguenze ‘materiali’ dell’epidemia, cioè i decessi, non siano minimamente paragonabili a quelli delle scorse catastrofi, le conseguenze ‘immateriali’ alimentano sentimenti di paura paragonabili, se non a volte superiori, a quelli sofferti dai nostri avi.

Un panico a tratti morboso che prescinde, quindi, dalle effettive cause oggettive dell’innalzamento dell’allarme; mi riferisco al timore dei governi di un collasso dei sistemi sanitari, dovuto alle sconsiderate politiche di tagli ai finanziamenti di questi sistemi, non si spiegherebbe altrimenti l’associazione cognitiva che oramai dilaga nell’opinione pubblica: “siamo in guerra”. In guerra contro chi? Contro la paura?

Secondo il filosofo e sociologo Umberto Galimberti non si tratta di Paura, piuttosto di Angoscia.

Galimberti, nell’intervista, spiega che per combattere l’angoscia dobbiamo mettere in campo ciò che gli antichi greci chiamavano la ‘Phrònesis’, la Saggezza, io aggiungo, rinforzata da una ‘Metìs’, Sagacia, benevola.

Lo Psicologo Trabucchi nel suo saggio ‘Resisto dunque Sono’, introduce la Resilienza affermando:

Quando la vita rovescia la nostra barca, alcuni affogano, altri lottano strenuamente per risalirvi sopra. Gli antichi connotavano il gesto di tentare di risalire sulle imbarcazioni rovesciate con il verbo ‘Resalio’. Forse il nome della qualità di chi non perde mai la speranza e continua a lottare contro le avversità, la Resilienza, deriva da qui…

Dunque cosa è la Resilienza?

Introduco il concetto con un passaggio dello psicologo Carl G. Jung tratto dal suo ‘Libro Rosso’:

Capitano, il mozzo è preoccupato e molto agitato per la quarantena che ci hanno imposto al porto.
Potete parlarci voi?

Cosa vi turba, ragazzo? Non avete abbastanza cibo? Non dormite abbastanza?

Non è questo, Capitano, non sopporto di non poter scendere a terra, di non poter abbracciare i miei cari.

E se vi facessero scendere e foste contagioso, sopportereste la colpa di infettare
qualcuno che non può reggere la malattia?

Non me lo perdonerei mai, anche se per me l’hanno inventata questa peste!

Può darsi, ma se così non fosse?

Ho capito quel che volete dire, ma mi sento privato della libertà, Capitano, mi hanno privato di qualcosa.

E voi privatevi di ancor più cose, ragazzo.

Mi prendete in giro?

Affatto… Se vi fate privare di qualcosa senza rispondere adeguatamente avete perso.

Quindi, secondo voi, se mi tolgono qualcosa, per vincere devo togliermene altre da solo?

Certo. Io lo feci nella quarantena di sette anni fa.

E di cosa vi privaste?

Dovevo attendere più di venti giorni sulla nave. Erano mesi che aspettavo di far porto e di godermi un po’ di primavera a terra. Ci fu un’epidemia. A Port April ci vietarono di scendere. I primi giorni furono duri. Mi sentivo come voi. Poi iniziai a rispondere a quelle imposizioni non usando la logica. Sapevo che dopo ventuno giorni di un comportamento si crea un’abitudine, e invece di lamentarmi e crearne di terribili, iniziai a comportarmi in modo diverso da tutti gli altri. Prima iniziai a riflettere su chi, di privazioni, ne ha molte e per tutti i giorni della sua miserabile vita, per entrare nella giusta ottica, poi mi adoperai per vincere.

Cominciai con il cibo. Mi imposi di mangiare la metà di quanto mangiassi normalmente, poi iniziai a selezionare dei cibi più facilmente digeribili, che non sovraccaricassero il mio corpo. Passai a nutrirmi di cibi che, per tradizione, contribuivano a far stare l’uomo in salute.

Il passo successivo fu di unire a questo una depurazione di malsani pensieri, di averne sempre di più elevati e nobili. Mi imposi di leggere almeno una pagina al giorno di un libro su un argomento che non conoscevo. Mi imposi di fare esercizi fisici sul ponte all’alba.
Un vecchio indiano mi aveva detto, anni prima, che il corpo si potenzia trattenendo il respiro. Mi imposi di fare delle profonde respirazioni ogni mattina. Credo che i miei polmoni non abbiano mai raggiunto una tale forza. La sera era l’ora delle preghiere, l’ora di ringraziare una qualche entità che tutto regola, per non avermi dato il destino di avere privazioni serie per tutta la mia vita.

Sempre l’indiano mi consigliò, anni prima, di prendere l’abitudine di immaginare della luce entrarmi dentro e rendermi più forte. Poteva funzionare anche per quei cari che mi erano lontani, e così, anche questa pratica, fece la comparsa in ogni giorno che passai sulla nave.

Invece di pensare a tutto ciò che non potevo fare, pensai a ciò che avrei fatto una volta sceso. Vedevo le scene ogni giorno, le vivevo intensamente e mi godevo l’attesa. Tutto ciò che si può avere subito non è mai interessante. L’attesa serve a sublimare il desiderio, a renderlo più potente.

Mi ero privato di cibi succulenti, di tante bottiglie di rum, di bestemmie ed imprecazioni da elencare davanti al resto dell’equipaggio. Mi ero privato di giocare a carte, di dormire molto, di oziare,
di pensare solo a ciò di cui mi stavano privando.

Come andò a finire, Capitano?

Acquisii tutte quelle abitudini nuove, ragazzo. Mi fecero scendere dopo molto più tempo del previsto.

Vi privarono anche della primavera, ordunque?

Sì, quell’anno mi privarono della primavera, e di tante altre cose, ma io ero fiorito ugualmente, mi ero portato la primavera dentro, e nessuno avrebbe potuto rubarmela più.

La psicologia definisce la resilienza come il corretto processo di adattamento di fronte ad avversità, traumi, tragedie, minacce ed emergenze o fonti significative di stress, come problemi familiari e relazionali, gravi problemi di salute o fattori di stress sul lavoro e finanziari.

Sfortunatamente, la mappa che seguiamo nel lungo percorso delle nostre vite non è sempre costellata di mete felici, tutti possono sperimentare piccoli o grandi colpi di scena dovuti alle sfide quotidiane oppure eventi traumatici dall’impatto più duraturo. Ogni cambiamento influenza le persone in modo diverso, innescando flussi unici di pensieri, forti emozioni ed incertezze.

Fortunatamente, la natura ci ha programmato bene e la maggior parte delle persone, generalmente, si adatta, nel tempo, a situazioni che cambiano il proprio stile di vita e a situazioni di particolare stress emotivo; ciò, in parte, è dovuto alla resilienza che, in ogni uno di noi, può essere coltivata.

Ci sono molti aspetti che influenzano le nostre vite, che possiamo controllare, modificare o addirittura contrastare. Questo è il ruolo della resilienza. Diventare più resilienti non solo ci aiuta a superare le circostanze difficili, ma ci consente anche di crescere e persino migliorare il nostro benessere psico-fisico lungo il cammino delle nostre vite.

Ciò che la resilienza non è

Essere resilienti non significa che una persona non sperimenterà difficoltà o angoscia.
Chi soffre gli effetti di gravi avversità o traumi nella propria vita avverte generalmente dolore emotivo e stress. In effetti, la strada per la resilienza può comportare disagi emotivi.

Tutti possiamo imparare ad essere resilienti

Sebbene dei fattori innati, come, ad esempio, il cosiddetto Locus di Controllo, potrebbero rendere alcuni individui più resistenti di altri, la resilienza non è necessariamente un tratto della personalità che solo alcune persone possiedono. Essa implica comportamenti, pensieri e azioni che chiunque può imparare e sviluppare.

La capacità di apprendere la resilienza è uno dei campi di ricerca delle Scienze Cognitive e Comportamentali che hanno dimostrato che essa, nelle donne e negli uomini, è una caratteristica ordinaria, non straordinaria.
Molti sono gli esempi, come le risposte di tanti individui a sciagure o guerre per ricostruire le loro vite dopo un dramma.

Allenarsi alla resilienza è come esercitarsi per sviluppare i muscoli; aumentare la nostra capacità di recupero richiede tempo ed intenzionalità.
Concentrarsi su quattro componenti fondamentali, connessione, benessere, pensiero, significato, ci permette di resistere e di imparare da esperienze difficili e traumatiche, aumentando le nostre capacità di resilienza alle avversità, talvolta riuscendo perfino a convertire una minaccia percepita in occasioni di opportunità.

Diamo priorità alle nostre relazioni

Entrare in contatto con persone empatiche e comprensive, ci aiuta a ricordarci che non siamo soli in mezzo alle difficoltà. È necessario ricercare persone affidabili e compassionevoli che convalidino i nostri sentimenti, che supporteranno le abilità di resilienza.

Il dolore psicologico dovuto ad eventi scioccanti può portare alcune persone ad isolarsi, mentre è importante accettare aiuto e sostegno da coloro che possono aiutarci ad avere cura di noi. È indispensabile provare a stabilire delle motivazioni per connettersi sinceramente con chi può condividere le nostre affinità elettive, allo scopo di fertilizzare reciprocamente energie mentali positive, mettendo all’angolo quelle negative.

Uniamoci ad un gruppo

Insieme alle relazioni individuali, alcuni scoprono che essere attivi in gruppi di comunità di scopo fornisce supporto per recuperare la speranza, sostegno e senso di scopo, quando ne abbiamo bisogno.

Non solo mente, prendiamoci cura del corpo

La cura di Sé sembra un concetto scontato, ma è anche una pratica necessaria per la salute mentale e per la costruzione della resilienza, questo perché lo stress è tanto fisico quanto emotivo. Promuovere l’adozione di stili di vita positivi, come una sana alimentazione, un sonno corretto, idratazione ed esercizio fisico regolare possono rafforzare il nostro corpo per adattarsi allo stress e ridurre il costo di emozioni e sentimenti negativi come l’ansia o la depressione.

Pratichiamo la Consapevolezza

Recenti ricerche in Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia, una nuova branca della medicina, dimostrano che alcune pratiche spirituali come la meditazione, (per chi ha fede) la preghiera, lo yoga o altre attività mentali come il ‘journaling consapevole’ possono aiutare a costruire connessioni psico-fisiche per affrontare situazioni che richiedono resilienza. Coltivare la Conoscenza per dare un proprio significato agli eventi, scrivere un diario, meditare o pregare, senza rimuginare, ma concentrandosi su aspetti positivi incrementa il wellness psico-fisico.

Coltiviamo la proattività

Più sopra, ho introdotto il concetto psicologico di Locus di Controllo che si riferisce alla “idea che si costruiscono le persone riguardo i fattori di controllo delle situazioni e delle esperienze che influenzano la loro vita”, cioè riguarda la credenza che le persone hanno circa le modalità di controllo sugli eventi in cui sono coinvolti. In seguito agli studi eseguiti in ‘psicologia della personalità’ sul Locus di Controllo, avviati dallo scienziato Julian Rotter, questo viene classificato in interno, quando prevale in un individuo la convinzione che è lui, con il suo impegno e le sue azioni, che può controllare la propria vita, oppure in esterno, quando prevale in lui la convinzione che la sua esistenza è controllata da fattori esterni che Egli non può influenzare o che sia il ‘destino’ che controlla gli esiti della propria vita.

Gli individui con un forte locus interno di controllo, i cosiddetti ‘Interni’, credono che gli eventi nella loro vita derivino principalmente dalle proprie azioni: ad esempio, quando ricevono risultati di esame, le persone con un locus interno di controllo tendono a lodare o incolpare se stesse e le proprie capacità. Invece, le persone con un forte locus esterno di controllo, gli ‘Esterni’ appunto, tendono a lodare o incolpare fattori esterni come l’insegnante o l’esame.

I primi, quindi, tendono ad attribuire i risultati degli eventi in cui si trovano coinvolti al proprio controllo; spesso essi si caratterizzano per avere una forte personalità proattiva, in alcuni casi definita con il concetto coniato dall’antropologo Jared Diamond: “Paranoia Costruttiva”.

È utile riconoscere ed accettare le nostre emozioni durante i momenti difficili, ma è anche importante aiutarci a favorire la scoperta di noi stessi chiedendoci: “Cosa posso fare per risolvere un problema che improvvisamente mi potrà occorrere, come potrei quindi evitarlo o ridurne i rischi?”

Questa è la differenza tra una predisposizione mentale Proattiva con una Reattiva. Che ci consentirà di incrementare le nostre capacità resilienti.

Coltiviamo l’Empatia

L’empatia è la capacità di comprendere o sentire ciò che un’altra persona sta vivendo all’interno del proprio quadro di riferimento, cioè di mettersi nella posizione di un altro, e fa parte dell’esperienza sia umana che animale. La sua stessa definizione comprende una vasta gamma di stati emotivi: empatia cognitiva, empatia emotiva ed empatia somatica.
Lo studio dell’empatia include la comprensione dei molti fattori che influenzano i processi decisionali e cognitivi. È stato dimostrato, ad esempio, che le esperienze passate condizionano le scelte di oggi.

La comprensione dei meccanismi empatici consente di spiegare perché una persona che prova empatia per altri individui a volte assume comportamenti che potrebbero sembrare illogici per chi è meno empatico. Catastrofi, traumi infantili, infanzia orfana di genitori e molti altri fattori possono influire sui processi connettivi nel cervello che una persona impiega per prendere decisioni.

In campo medico il concetto è sempre stato ritenuto di carattere esclusivamente psicologico fino a quando un’équipe dell’Università di Parma ha scoperto l’esistenza dei neuroni specchio presenti nel cervello dell’uomo e di altri animali, che agiscono come l’organo biologico delle funzioni empatiche. Dunque, le capacità empatiche sono innate nell’Uomo. Secondo Martin Hoffman, psicologo che studia lo sviluppo dell’empatia, tutti sono nati con la capacità di provare empatia.

Coltivarla permette di infondere un senso dello scopo, favorire l’autostima, facilitare l’entrata in contatto con altre persone e anche aiutare concretamente gli altri, tutto ciò che può consentire di crescere in Resilienza.

Agiamo verso obiettivi concreti

Come imparato più sopra ci si può allenare alla resilienza. Invece di concentrarci su compiti che sembrano irrealizzabili, chiediamoci: “Qual è una cosa che so che posso realizzare oggi che mi aiuta a muovermi nella direzione in cui voglio andare domani?”
La definizione e il regolare perseguimento di obiettivi realistici, anche se possono sembrare di piccola rilevanza, ci consente di allenare la perseveranza verso qualcosa che vorremmo essere in grado di raggiungere.

Trasformiamo le minacce in opportunità

Molte persone spesso scoprono di essere in qualche modo cresciute in seguito ad una sfida. Ad esempio, superata una tragedia personale o un periodo di difficoltà, non sono pochi quelli che riportano di essere in grado di avere relazioni migliori e un maggiore senso di forza, anche quando si sentono vulnerabili.

Guardiamo la realtà in prospettiva

Il modo in cui pensiamo di avere un ruolo significativo nel guidare come ci sentiamo psico-fisicamente, corrisponde a quanto resilienti siamo di fronte agli ostacoli della vita. Cerchiamo di identificare le aree del pensiero irrazionale, come la tendenza a catastrofizzare le difficoltà o supporre che il mondo che ci circonda sia pronto a sconfiggerci e adottiamo un modello di pensiero più equilibrato e realistico.

Ad esempio, se ci sentiamo sopraffatti da una sfida, ricordiamo a noi stessi che ciò che ci è successo non è un indicatore di come sarà inevitabilmente il nostro futuro e che non siamo impotenti. Potremmo non essere in grado di cambiare un evento stressante in cui siamo coinvolti, ma possiamo cambiare il modo in cui lo interpretiamo e rispondiamo all’inevitabile.

Accettiamo il cambiamento

I cambiamenti avvengono ogni giorno perché fanno parte della vita. Capire che sono inevitabili e accoglierli è indispensabile per mantenere un sano equilibrio psichico. Accettare circostanze che non possono essere modificate ci può aiutare a concentrarci su situazioni che possiamo invece modificare.

Manteniamo una prospettiva di speranza

Molti pensano che sia difficile essere positivi con i tempi che corrono. Tuttavia, una prospettiva ottimistica ci consente di aspettare che ci succedano cose buone. Proviamo a visualizzare ciò che desideriamo, piuttosto che preoccuparci di ciò che temiamo.

Impariamo dal passato

Guardare indietro a chi o cosa ci è stato utile in eventuali precedenti periodi di sofferenza, ci può aiutare a scoprire come poter rispondere efficacemente a nuove situazioni difficili. Ricordiamoci come siamo stati in grado di trovare la forza di superarle e chiediamoci cosa abbiamo imparato da quelle esperienze.

In queste settimane di emergenza stiamo prestiamo attenzione a come medici, sanitari, forze dell’ordine, volontari della protezione civile si prodigano per assicurarci una resistenza sicura alla Pandemia nei suoi effetti materiali: la salvaguardia della nostra salute biologica.

Ma chi ci aiuta a contrastare i suoi effetti immateriali, cioè la salvaguardia dei suoi risvolti sul nostro benessere psico-fisico?

In attesa che specifici programmi per l’incremento della resilienza del cittadino vengano attuati finalmente anche nel nostro Paese, come ad esempio dalla FEMA statunitense o dalla Protezione Civile giapponese, aiutiamoci da soli!

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Autore Vittorio Alberto Dublino

Vittorio Alberto Dublino, giornalista pubblicista, educatore socio-pedagogico lavora nel Marketing e nel Cinema come produttore effetti visivi digitali. Con il programma Umanesimo & Tecnologia inizia a fare ricerca sui fenomeni connessi alla Cultura digitale applicata all’Entertainment e sugli effetti del Digital Divide Culturale negli Immigrati Digitali. Con Rebel Alliance Empowering viene candidato più volte ai David di Donatello vincendo nel 2011 il premio per i Migliori Effetti Visivi Digitali. Introducendo il concetto di "Mediatore della Cultura Digitale" è stato incaricato docente in master-post laurea.