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Italia Paese democratico: Carta ONU, Trattati NATO, UE o Costituzione?

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Mi considero un uomo della strada, un cittadino qualsiasi che ama la legge e, soprattutto, la rispetta ed anche la storia, ma ha il “pallino” di approfondire gli argomenti di attualità, quando essi riguardano l’intera collettività ed i pericoli cui potrebbe esporsi, in caso di potenziale violazione della legge da parte delle Istituzioni.

Sono un uomo che usa la sua testa e non mi omologo a quanto proviene dall’alto, senza riflettere, e mi piace il confronto dialettico e democratico.

Vorrei prendere a riferimento il recente articolo/intervista dell’illustre ed emerito Presidente della Corte Costituzionale Prof. Dott. Giuliano Amato, nei confronti del quale ho un rispetto enorme, ma di fronte ai contenuti del suo pensiero mi sento, in piena democrazia e libertà di pensiero, secondo i dettami costituzionali, di non essere d’accordo con lo stesso.

Ucraina, Giuliano Amato: per Costituzione Italia può trovarsi in guerra

La Costituzione italiana non esclude che il nostro paese possa trovarsi in guerra. Lo ha chiarito il Presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato.

Secondo il Presidente della Consulta nel dibattito sul “ripudio della guerra” in Costituzione “va ricordato”, oltre agli articoli 11 e 52, “l’articolo 78 che dice che il Parlamento delibera lo stato di guerra e conferisce al governo i poteri necessari. Ciò implica inesorabilmente che l’Italia possa trovarsi in guerra, altrimenti non vi sarebbe ragione che questo articolo si trovi in Costituzione”. Se a essere aggredita non è l’Italia ma è un altro Paese “sottolineo – dice Amato – che se all’Italia non fosse consentito per Costituzione di partecipare alla difesa di Paesi terzi aggrediti sarebbero illegittimi per l’Italia sia l’articolo 5 del trattato Nato sia l’articolo 42 dell’Unione europea che dice che qualora uno Stato membro subisca un’aggressione sul suo territorio gli altri Stati membri sono tenuti a prestare assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità all’articolo 51 della Carta dell’Onu, che configura come diritto naturale di autotutela quello di uno Stato di difendersi da un attacco armato”. Questi trattati internazionali, aggiunge, “implicano un obbligo degli Stati membri che un’interpretazione restrittiva di quei tre articoli” della Costituzione “renderebbe illegittimi””.
https://www.askanews.it/politica/2022/04/07/ucraina-amato-per-costituzione-italia-pu%c3%b2-trovarsi-in-guerra-pn_20220407_00095/

Letto l’articolo sopraindicato, per comprendere i motivi per cui non concordo con il pensiero dell’Emerito Professore, è necessario ed opportuno illustrare ai lettori l’integrale disamina non solo delle norme richiamate, ma anche di altre previste dai trattati internazionali.

L’Emerito ed illustre Presidente afferma che l’Italia potrebbe trovarsi in guerra.

E già su questo punto disattendo il suo pensiero, perché l’Italia non è né in stato di guerra, né i suoi confini sono stati violati, né sono stati messi in pericolo, ai sensi dell’art.11 né ai sensi dell’art.78 della Costituzione, tuttavia, in virtù di quest’ultima richiamata norma, il Parlamento ha deliberato ed autorizzato il Governo ad adottare una decretazione di urgenza per cedere armi alla Ucraina al fine di difendersi, non per difendere l’Italia nei suoi confini.

Molti politici sostengono che le armi cedute all’Ucraina abbiano un impatto difensivo e non offensivo… ma le armi sono armi… a prescindere che siano per difesa od offesa: il loro invio, peraltro illegittimo, ad un Paese straniero, non produce altro che una “escalation” di ostilità, con imprevedibili conseguenze.

Invece, è assolutamente opportuno attuare politiche diplomatiche e sedersi ad un tavolo di negoziato, assumendo, come dovrebbe l’Italia, un ruolo da protagonista, e dirimere la controversia tra il Paese aggredito, l’Ucraina, e quello aggressore, la Russia, come prevede anche la nostra Costituzione all’art.11, che ripudia la guerra.

Nell’articolo sopracitato dall’Emerito Presidente della Corte Costituzionale si richiama il Trattato NATO siglato il 9 aprile 1949 che sancisce, proprio nel preambolo:

Gli Stati che aderiscono al presente Trattato riaffermano la loro fede negli scopi e nei principi dello Statuto delle Nazioni Unite e il loro desiderio di vivere in pace con tutti i popoli e con tutti i governi. Si dicono determinati a salvaguardare la libertà dei loro popoli, il loro comune retaggio e la loro civiltà, fondati sui principi della democrazia, sulle libertà individuali e sulla preminenza del diritto. Aspirano a promuovere il benessere e la stabilità nella regione dell’Atlantico settentrionale. Sono decisi a unire i loro sforzi in una difesa collettiva e per la salvaguardia della pace e della sicurezza. Pertanto, essi aderiscono al presente Trattato Nord Atlantico:

A mente del preambolo sopraindicato si evidenzia che i principi assolutamente inderogabili di risoluzione di ogni aggressione si devono attuare con mezzi pacifici e tramite l’applicazione del diritto e si prevedono per i Paesi aderenti al Trattato NATO.

L’Ucraina non è un Paese aderente alla Nato.

L’art. 5 Trattato NATO, citato nell’articolo, sancisce:

Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale. Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza. Queste misure termineranno allorché il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali.

Orbene, l’Ucraina e la Russia non appartengono né all’Unione europea né alla NATO e l’aggressore, in questo contesto bellico, non ha minacciato o invaso alcun Paese della NATO, tantomeno l’Italia è stata violata nei suoi confini, mettendone a rischio la sua sicurezza, tanto da attivare meccanismi di difesa collettiva verso Paesi terzi non appartenenti alla NATO quale l’Ucraina.

L’Italia, appoggiata dal suo Parlamento, disattendendo i principi surrichiamati, ha avviato un’iniziativa a favore dell’Ucraina, Paese non aderente al Trattato NATO, né all’Unione europea, di cessione armi, invece di supportarla con aiuti umanitari e favorire in ogni sede gli sforzi diplomatici, come previsto dai Trattati internazionali.

In contraddizione con quanto auspicato dai trattati internazionali sono stati espulsi diplomatici russi dall’Italia in quanto non graditi, “alimentando” un allontanamento di quegli sforzi diplomatici assolutamente necessari in tale contesto bellico per evitare ulteriori morti da entrambe le parti ed il pericolo di una “escalation” della guerra.

Ma vi è molto di più… proprio in merito alla non correttezza del richiamo nell’articolo della norma n. 5 del Trattato NATO, peraltro parziale, da parte dell’illustre Presidente Prof. Amato.

Mi permetto di far rilevare ed emergere dal contesto di tale articolo che vi è una soluzione limitata, che non offre al cittadino la possibilità di farsi un’idea serena in base al quadro normativo nazionale ed internazionale e, per tale motivo, offro una disamina congiunta, obbligatoria, invece, di tutte le norme del medesimo Trattato, non indicate nell’articolo, al fine di poter consentire al lettore di valutare la questione in una visione normativamente completa in tutti i suoi dettagli.

L’art. 1 del medesimo Trattato NATO, non richiamato dall’illustre e rispettato Presidente, sancisce:

Le parti si impegnano, come stabilito nello Statuto delle Nazioni Unite, a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale in cui potrebbero essere coinvolte, in modo che la pace e la sicurezza internazionali e la giustizia non vengano messe in pericolo, e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all’uso della forza assolutamente incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite.

Ed ancora, l’art. 2 del medesimo Trattato NATO, non richiamato dall’illustre e rispettato Presidente, sancisce:

Le parti contribuiranno allo sviluppo di relazioni internazionali pacifiche e amichevoli, rafforzando le loro libere istituzioni, favorendo una migliore comprensione dei principi su cui queste istituzioni sono fondate, e promuovendo condizioni di stabilità e di benessere. Esse si sforzeranno di eliminare ogni contrasto nelle loro politiche economiche internazionali e incoraggeranno la cooperazione economica tra ciascuna di loro o tra tutte.

Le parti contribuiranno allo sviluppo di relazioni internazionali pacifiche e amichevoli, rafforzando le loro libere istituzioni, favorendo una migliore comprensione dei principi su cui queste istituzioni sono fondate, e promuovendo condizioni di stabilità e di benessere. Esse si sforzeranno di eliminare ogni contrasto nelle loro politiche economiche internazionali e incoraggeranno la cooperazione economica tra ciascuna di loro o tra tutte.

Ed ancora…

L’art. 4 del medesimo Trattato NATO non richiamato dall’illustre e rispettato Presidente, riporta:

Le parti si consulteranno ogni volta che, nell’opinione di una di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata.

L’articolo 6 del medesimo Trattato NATO non richiamato dall’illustre e rispettato Presidente, sancisce:

Agli effetti dell’art. 5, per attacco armato contro una o più delle parti si intende un attacco armato: a) contro il territorio di una di esse in Europa o nell’America settentrionale, contro i Dipartimenti francesi d’Algeria 2 -, b)contro il territorio della Turchia o contro le isole poste sotto la giurisdizione di una delle parti nella regione dell’Atlantico settentrionale a nord del Tropico del Cancro; c) contro le forze, le navi o gli aeromobili di una delle parti, che si trovino su questi territori o in qualsiasi altra regione d’Europa nella quale, alla data di entrata in vigore del presente Trattato, siano stazionale forze di occupazione di una delle parti, o che si trovino nel Mare Mediterraneo o nella regione dell’Atlantico settentrionale a |nord del Tropico del Cancro, o al di sopra di essi.

L’articolo 11, prima parte, del medesimo Trattato NATO non richiamato dall’illustre e rispettato Presidente, dulcis in fundo, sancisce:

Questo Trattato sarà ratificato e le sue disposizioni saranno applicate dalle parti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali….

Orbene dalla lettura di queste norme surrichiamate del Trattato NATO emerge:

A) L’applicazione del medesimo si ha nei confronti dei Paesi aderenti alla NATO e l’Ucraina NON è Paese aderente alla NATO né all’Unione europea.

B) Vi deve essere una minaccia alla sicurezza del Paese aderente alla NATO ed ai suoi territori sovrani e, in questo momento, alcun confine dei Paesi del patto nord atlantico è stato violato da parte dell’aggressore né vi è alcuna minaccia in tal senso.

C) I rimedi previsti dal trattato NATO, in caso di violazione dei territori di un Paese aderente (e l’Ucraina non lo è) sono sempre pacifici in merito alla risoluzione delle controversie e solo in casi eccezionali si utilizza l’uso della forza ma se ad essere attaccato è un Paese del patto nord atlantico (NATO), art. 1 Trattato parte finale, si specifica:

… Le parti si impegnano, come stabilito nello Statuto delle Nazioni Unite… ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all’uso della forza assolutamente incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite.

D) Le disposizioni del Trattato ai sensi dell’art 11 devono essere applicate dai Paesi aderenti in conformità alle proprie costituzioni, vd art. 11:

Questo Trattato sarà ratificato e le sue disposizioni saranno applicate dalle parti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali…

L’Italia, Paese aderente alla NATO, cedendo armi all’Ucraina, invece di agevolare strumenti di risoluzione pacifica, come previsti dallo stesso Trattato NATO e dalla Costituzione, ha deliberato ed adottato, in concorso con il Parlamento, un provvedimento di urgenza (ndr… legislazione che si attua solo in “stato di guerra”) pubblicato in Gazzetta Ufficiale, con il quale autorizza la cessione di armi ad un Paese, non aderente alla NATO, quale l’Ucraina, in violazione delle norme del trattato NATO e della Costituzione, perché l’Italia non è in guerra e non sono stati violati i suoi confini né è stata invasa, né si è mai trovata in “stato di pericolo”… divenendo, in tal senso, con la cessione delle armi, cobelligerante nei confronti della Russia e consumando un atto di ostilità verso l’aggressore, che deve essere fermato assolutamente con la diplomazia.

Quanto all’art. 42 del Trattato Unione Europea, TUE, sempre richiamato nel suo articolo dall’Emerito Presidente, anche in questo caso non si condivide il suo illustre pensiero.
Anche in questo caso cita la norma nell’articolo ma non ne spiega la sua portata.

Partiamo dal presupposto fondamentale che l’Ucraina non fa parte della Unione europea e, solo contestualmente all’invasione da parte della Russia, ha richiesto di farne parte, per cui non sarebbe nemmeno applicabile.

Tuttavia, la norma richiamata ha ben altro tenore e comunque ben si vuole riportarne l’integrale testo per farlo comprendere ai lettori.

“Disposizioni sulla politica di sicurezza e di difesa comune”

Articolo 42 (ex articolo 17 del TUE):

1. La politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune. Essa assicura che l’Unione disponga di una capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari. L’Unione può avvalersi di tali mezzi in missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. L’esecuzione di tali compiti si basa sulle capacità fornite dagli Stati membri.

2. La politica di sicurezza e di difesa comune comprende la graduale definizione di una politica di difesa comune dell’Unione. Questa condurrà a una difesa comune quando il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, avrà così deciso. In questo caso, il Consiglio europeo raccomanda agli Stati membri di adottare una decisione in tal senso conformemente alle rispettive norme costituzionali.

La politica dell’Unione a norma della presente sezione non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli obblighi di alcuni Stati membri, i quali ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite l’Organizzazione del trattato del Nord- Atlantico (NATO), nell’ambito del trattato dell’Atlantico del Nord, ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in tale contesto.

3. Gli Stati membri mettono a disposizione dell’Unione, per l’attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune, capacità civili e militari per contribuire al conseguimento degli obiettivi definiti dal Consiglio. Gli Stati membri che costituiscono tra loro forze multinazionali possono mettere anche tali forze a disposizione della politica di sicurezza e di difesa comune.

Gli Stati membri s’impegnano a migliorare progressivamente le loro capacità militari. L’Agenzia nel settore dello sviluppo delle capacità di difesa, della ricerca, dell’acquisizione e degli armamenti (in appresso denominata «Agenzia europea per la difesa») individua le esigenze operative, promuove misure per rispondere a queste, contribuisce a individuare e, se del caso, mettere in atto qualsiasi misura utile a rafforzare la base industriale e tecnologica del settore della difesa, partecipa alla definizione di una politica europea delle capacità e degli armamenti, e assiste il Consiglio nella valutazione del miglioramento delle capacità militari

4. Le decisioni relative alla politica di sicurezza e di difesa comune, comprese quelle inerenti all’avvio di una missione di cui al presente articolo, sono adottate dal Consiglio che delibera all’unanimità su proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza o su iniziativa di uno Stato membro. L’alto rappresentante può proporre il ricorso sia ai mezzi nazionali sia agli strumenti dell’Unione, se del caso congiuntamente alla Commissione.

5. Il Consiglio può affidare lo svolgimento di una missione, nell’ambito dell’Unione, a un gruppo di Stati membri allo scopo di preservare i valori dell’Unione e di servirne gli interessi. Lo svolgimento di detta missione è disciplinato dall’articolo 44.

6.Gli Stati membri che rispondono a criteri più elevati in termini di capacità militari e che hanno sottoscritto impegni più vincolanti in materia ai fini delle missioni più impegnative instaurano una cooperazione strutturata permanente nell’ambito dell’Unione. Detta cooperazione è disciplinata dall’articolo 46. Essa lascia impregiudicato l’articolo 43.

7. Qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ciò non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri.

Gli impegni e la cooperazione in questo settore rimangono conformi agli impegni assunti nell’ambito dell’Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico che resta, per gli Stati che ne sono membri, il fondamento della loro difesa collettiva e l’istanza di attuazione della stessa.

Dalla lettura di tale norma si desume:

Interventi anche militari si possono svolgere se vi è un pericolo dell’Unione europea e quindi ai territori degli Stati membri europei… ma le decisioni devono essere sempre adottate sempre in conformità alle rispettive Costituzioni dei singoli Paesi membri, comma 1 e 2 art. 42.

L’UE può adottare iniziative di svolgimento di missioni Umanitarie e di Pace sotto l’egida della medesima solo se uno degli Stati membri (ndr…e l’Ucraina non lo è) viene aggredito, in quel caso scatta l’applicazione dell’art.5 Trattato NATO e 51 Carta ONU (vd comma 4 e 5 art. 42 Trattato Unione europea).

Missioni a sostegno di Paesi Terzi si possono svolgere solo se trattasi di combattere o contrastare azioni di terrorismo come previsto dall’art. 43 del TUE – come è successo in Irak, Afghanistan, Libia ed altri Paesi, anche se qui vi sarebbero da fare altre valutazioni politico storiche ma non è la sede opportuna – ma nel caso di specie non si tratta di atti di terrorismo ma di una vera e propria guerra tra due Stati, l’Ucraina e la Russia, che non appartengono né alla NATO né all’Unione Europea.

Anche l’art. 51 della Carta ONU richiamata nell’articolo dall’illustre ed emerito Presidente della Corte Costituzionale, non è condivisibile nel contenuto della sua intervista, perché esso deve essere letto in tutta la sua integrale versione e con riferimento anche alle altre norme previste dalla Carta ONU che ne integrano i principi generali.

Infatti l’art. 51 Carta ONU sancisce:

Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell’esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell’azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale.

Il successivo articolo 52 sancisce:

1. Nessuna disposizione del presente Statuto preclude l’esistenza di accordi od organizzazioni regionali per la trattazione di quelle questioni concernenti il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale che si prestino ad un’azione regionale, purché tali accordi od organizzazioni e le loro attività siano conformi ai fini ed ai principi delle Nazioni Unite.

2. I Membri delle Nazioni Unite che partecipino a tali accordi od organizzazioni devono fare ogni sforzo per giungere ad una soluzione pacifica delle controversie di carattere locale medianti tali accordi od organizzazioni regionali prima di deferirle al Consiglio di Sicurezza.

3. Il Consiglio di Sicurezza incoraggia lo sviluppo della soluzione pacifica delle controversie di carattere locale mediante gli accordi o le organizzazioni regionali, sia su iniziativa degli Stati interessati, sia per deferimento da parte del Consiglio di Sicurezza.

Articolo 53

Il Consiglio di Sicurezza utilizza, se del caso, gli accordi o le organizzazioni regionali per azioni coercitive sotto la sua direzione. Tuttavia, nessuna azione coercitiva potrà venire intrapresa in base ad accordi regionali o da parte di organizzazioni regionali senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza […].

Articolo 54

Il Consiglio di Sicurezza deve essere tenuto, in ogni momento, pienamente informato dell’azione intrapresa o progettata in base ad accordi regionali o da parte di organizzazioni regionali per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.

Dalla lettura di tali norme si desume:

Il principio di difesa legittima preventiva non preclude il diritto naturale di autotutela individuale e collettiva, in caso di aggressione armata, da parte di un Paese terzo, fino a che il Consiglio di sicurezza dell’ONU non abbia intrapreso le misure necessarie per mantenere e ristabilire la pace e la sicurezza internazionale”.

Tuttavia, nel caso di specie, non si esclude certamente la difesa armata del Paese aggredito, l’Ucraina, sotto il profilo del diritto naturale, ma non si autorizzano, né è scritto in alcuna norma della Carta ONU, che Paesi appartenenti all’ONU, ossia Paesi terzi, possano cedere armi al Paese aggredito, in quanto tale operazione sarebbe in contrasto con i principi superiori della Carta ONU che perseguono la pace come unico mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali e con le Carte Costituzionali dei singoli Paesi, che hanno previsto, come l’Italia,  il ripudio della guerra come mezzo per la risoluzione delle controversie (art. 11 Cost. italiana).

D’altra parte se non fosse quanto detto sopra non si comprenderebbe art. 52 comma 2 e 3 Carta ONU in cui si sancisce quanto segue:

art. 52-2. I Membri delle Nazioni Unite che partecipino a tali accordi od organizzazioni devono fare ogni sforzo per giungere ad una soluzione pacifica delle controversie di carattere locale medianti tali accordi od organizzazioni regionali prima di deferirle al Consiglio di Sicurezza. Art. -52-3. Il Consiglio di Sicurezza incoraggia lo sviluppo della soluzione pacifica delle controversie di carattere locale mediante gli accordi o le organizzazioni regionali, sia su iniziativa degli Stati interessati, sia per deferimento da parte del Consiglio di Sicurezza.

È assolutamente palese che ogni sforzo degli Stati membri sia sempre rivolto alla risoluzione delle controversie internazionali, in virtù proprio dell’art. 51 Carta ONU e norme successive soprarichiamate, tramite l’utilizzo di mezzi di pace e, conseguentemente, per tutte le vie diplomatiche assolutamente perseguibili e coltivabili.

Purtroppo, è assai doloroso affermare che questi trattati internazionali e le Carte Costituzionali dei singoli Paesi, e nel caso di specie la nostra, molto spesso siano utilizzate ad uso e consumo di fini che non sono comprensibili ai cittadini comuni, ma la “ratio” di questo articolo è quella di poter dare ai lettori un contributo assolutamente distaccato dalla visione politica o da un suo condizionamento, con una prospettiva integrale delle norme in questione e più attinente al valore giuridico delle norme richiamate e le conseguenze che ne derivano o potrebbero derivare per la patente violazione dei principi fondamentali che le ispirano.

In ogni norma richiamata, che sia il Trattato NATO, il Trattato Unione europea o la Carta ONU si evidenzia, sempre, che la pace deve essere l’obiettivo ultimo da conseguire con mezzi di risoluzioni alternativi alla guerra e sempre nel rispetto delle Costituzioni di ogni singolo Paese.

Cedere armi viola tutti i principi di questi Ordinamenti giuridici nazionali e sovranazionali.

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Autore Maurizio Colangelo

Maurizio Colangelo, nato il 28.09.1963 a Gemona del Friuli (UD), residente a Roma, coniugato e padre, tramite procedura adozione internazionale con la Comunità di Sant’Egidio, di un ragazzo del Burkinafaso. Diplomato al Liceo classico di Belluno, Laurea in Giurisprudenza Università di Trieste, militare assolto nelle forze speciali italiane nell’ambito manovre NATO degli Alpini Paracadutisti - Rangers, Delegato nazionale per il Lazio dall’Associazione Nazionale Paracadutisti Rangers. Avvocato Internazionale. Master presso la Scuola Superiore degli Affari Esteri. È stato Sostituto Procuratore onorario della Procura di Roma, Vicepretore della Pretura di Roma, attualmente ricopre anche incarico di Giudice onorario di Tribunale e già assegnatario alla sezione specializzate in materia familiare e diritto civile. Docente e collaboratore esterno a contratto nel Master Violenza Interpersonale: Bullismo - Mobbing – Stalking: Strategie efficaci e modelli psicosociali integrati per l’identificazione e la gestione dei conflitti e dei comportamenti aggressivi in soggetti vittime di vessazioni e atti persecutori nella Università telematica Pegaso Anno accademico 2020/2021. Autore di differenti articoli, monografie nelle tematiche di Diritto Familiare, Penale e Comunitario, Costituzionale e Diritto internazionale e Diritto Unione Europea. Relatore in convegni ed artefice di casi giudiziari di rilevanza nazionale: Affittopoli, Compagnie petrolifere, abusivismo medico. Componente del Comitato scientifico Collana Editoriale Le Monadi Aracne Editrice. Autore di ‘Legal Thriller Illegalità Sommersa’ distribuito dalla Mursia Editore, presente nelle Fiere di NewYork, Francoforte, Londra, Roma e Torino. Autore di libro sul Bullismo e Cyberbullismo, vincitore di due premi internazionali. In data 15 dicembre 2017 gli è stata consegnata Onorificenza dall’Ordine Avvocati di Roma per i 25 anni di professione e lustro attribuito all’Ordine in conseguenza della attività forense svolta.