In un racconto di fantascienza di Arthur C. Clarke, ‘I nove miliardi di nomi di Dio’, alcuni monaci tibetani affidano a un computer il compito di enumerare tutti i nomi di Dio, la cui lunghezza non deve superare le nove lettere.
Appena il computer avrà completato tutte le possibilità, il mondo finirà e le stelle si spegneranno, perché l’umanità avrà esaurito il suo compito. In quanto segue cercheremo di mostrare che ogni nome o epiteto attribuito a Dioniso racconta una storia e che guardare un dio attraverso i nomi che gli sono stati dati ne offre una prospettiva inedita. Ma, si rassicuri il lettore, non termineremo qui tutti i nomi di Dioniso/Bacco.
Almeno per il momento, il mondo è salvo.
La scienza etimologica degli antichi presupponeva che una stessa parola potesse combinare due o più significati, a volte basati sull’omofonia e sull’assonanza, e l’esegeta più abile era quello capace di decifrarne il senso più sottile, ben nascosto sotto la superficie del nome.
Nelle Baccanti Euripide fa dire a Tiresia che il mito di Dioniso cucito nella coscia di Zeus è il frutto di un fraintendimento linguistico: in realtà il capo degli Dei lacerò un pezzo dell’etere e fabbricò un idolo di Dioniso, dandolo in ostaggio ad Hera per placarla, dopo il suo tradimento con Semele, con cui aveva concepito Dioniso per poter così nascondere l’autentico fanciullo.
Lo stesso mito, basato su un malinteso etimologico, viene adottato anche da Platone nel Cratilo ed è il frutto di uno scambio tra meròs, etere, meròs, coscia, e omeròs, ostaggio…
Si ritrova la medesima interpretazione anche nel papiro Derveni, redatto da un iniziato alle arti mantiche che commenta un poema teogonico attribuito ad Orfeo.
Nelle Baccanti il nome di Dioniso viene anche, con un gioco di parole, fatto derivare da Dionuse come o’ diòs pai, il figlio di Zeus. Una ulteriore etimologia fantastica vuole che il nome del dio provenga da diòs nisos, il dio zoppo, o saltellante.
Qui di seguito offriamo un panorama dei nomi di Dioniso e un cenno di come ognuno di essi sia legato a un attributo del dio o a un mito che lo riguarda.
Nomi che alludono alla nascita del dio, alle sue origini e ai suoi miti:
1. Trigonos, nato tre volte: da Semele, dalla coscia di Zeus, infine reintegrato da Apollo – o da Athena, dopo essere stato smembrato dai Titani rinasce dal proprio cuore.
2. Diòs Nysos, il giovane figlio di Zeus, o il Dio zoppo, oppure originario del monte Nisa.
3. O’ Dis turaze bebekòs: colui che ha attraversato due volte la porta della nascita, il dio dalla doppia porta, etimologia “popolare” del ditirambo.
4. Pyrigenos, nato dal fuoco.
5. Dimètor, colui che ha due madri.
6. Eraphiòtes, cucito nella coscia.
7. Dythirambos, e bachéus, durante le Anthesterie della primavera.
8. Xenos, il dio straniero, il dio venuto da lontano.
9. Diòs nùsso, da “dio” e da “ferire”, allusione alla sua nascita dalla coscia di Zeus o allo smembramento, cfr. anche la ferita del “puer aeternus”, che non si rimargina.
In realtà il termine διθύραμβος ha origini sconosciute, probabilmente non greche; compare per la prima volta in Archiloco, che lo indica come quel “canto a Dioniso” che viene eseguito sotto l’ispirazione del vino. Inizialmente era intonato da un gruppo di persone dirette da un corifeo, o exarchōn.
Si trattava di una composizione poetica corale, dove poesia, musica e danza erano fuse insieme e tutte e tre indispensabili in ugual misura. La danza collettiva, drammatica e rapida, era eseguita in circolo da ballerini incoronati da ghirlande; l’exarchōn rappresentava lo stesso Dioniso, mentre i coreuti lo accompagnavano con lamentazioni e canti di giubilo.
Il Ditirambo accompagnava anche i cortei, pompè, di cittadini mascherati che, in stato d’ebbrezza, inneggiavano a Dioniso, accompagnati dal suono di flauti e tamburi; un suono cupo, poco melodico, ma di profonda potenza, furente, che accompagnava alla perfezione il corteo barcollante di uomini mascherati.
Alcune feste a Dioniso, infatti, presupponevano il totale mascheramento, con pelli di animali e grandi falli; le Menadi, seguaci dirette del Dio, portavano il Tirso, un bastone con in cima o un ricciolo di vite o una pesante pigna.
10. Dendrites, Spirito dell’albero.
11. Amphelos, Tralcio di vite.
12. Kissos, Oinoros, Kissokòmes, edera, che simula la forma della vite, adorno di edera.
13. Perikonos, che si avvinghia alla colonna, come l’edera.
14. Da didomi oinos, da “dare vino”, dio del vino.
Dioniso era anche dio della linfa, del vino, della fecondità; venivano appese agli alberi maschere di Dioniso per renderli più fertili. Gli era sacra anche la velenosa edera, a causa della sua somiglianza con la vite, che veniva anche utilizzata per preparare sostanze psicotrope, mescolandola al vino.
15. Melanaigis, “quello con la pelle di capra”, nome legato alla Tragedia e al sacrificio del capro.
16. Eriphòs, il capretto.
17. Tragòs, il capro.
18. Trigòs, quello delle fecce del vino.
19. Bougenès, Axie taure, nobile toro, sacro toro.
20. Sòter, il Salvatore, il dio dell’Oltretomba, legato alle korae e ai Misteri eleusini.
21. Orthòs, dritto, come il fallo eretto.
22. Melikios, dolce, mielato; il miele veniva offerto ai morti e serviva anche per la loro imbalsamazione, anche Persefone veniva detta Melitòdes.
Ma Dioniso è soprattutto il dio alle origini della Tragedia, il “canto in onore del capro”, vera e propria rappresentazione sacra, il cui culmine veniva raggiunto con la catarsi, cioè le vicende rappresentate nel teatro, riguardanti trapassati, dei ed eroi, “costellavano” l’universo simbolico e il vissuto degli spettatori attraverso un distacco e un’identificazione: distacco dalle vicende passionali interpretate dagli attori sulla scena, identificazione nell’applicare un simile allontanamento alla propria vita personale.
Il dio era anche legato al Toro e al complesso mitico cretese del Minotauro e della trasformazione di Arianna da donna mortale a donna immortale: abbandonata da Teseo su uno scoglio, veniva scelta da Dioniso come sua sposa per l’eternità.
Per ricordare il mito del Minotauro a Creta si celebrava la danza delle gru o del Labirinto, culto solare di un sole notturno, in cui i danzatori percorrevano dapprima una spirale avvolgente, reggendo una corda che rappresentava un raggio di sole, al centro della spirale uno di essi doveva combattere con un uomo travestito da toro, poi la spirale si svolgeva e i danzatori si trasformavano in gru alate e raggiungevano il giardino delle Esperidi, per cibarsi delle mele dell’immortalità. Questo complesso mitologico era rappresentato su innumerevoli vasi funerari perché riassumeva il destino dell’anima dopo la morte.
23. Gymnis, dalla natura femminea, il Dio delle donne.
24. Arrenothelys, ermafrodito.
25. Enorches, che ha i testicoli.
26. Iakos, Dioniso fanciullo, legato ai Misteri Eleusini.
27. Diòs nisos, il dio zoppo.
A proposito della zoppia, ricordiamo che essa simboleggiava un avvenuto passaggio dal mondo dei morti e un “sorreggersi” all’axis mundi per via della sapienza così acquisita e che nella Villa dei Misteri di Pompei Dioniso è raffigurato con un solo sandalo.
A proposito della sua ambiguità sessuale, secondo il mito, Dioniso scende agli Inferi per riscattare la madre Semele incenerita dalla folgore di Zeus. Per avere accesso ai luoghi sotterranei deve concedersi come una donna a Polymnos, un pastore che, in cambio del suo aiuto, lo penetra con un fallo di legno di fico.
Eros-Dioniso-Ade (scrive Eraclito che “Ade e Dioniso sono lo stesso dio”) rapisce le donne alla vita per unirsi a loro in nozze sotterranee. Sostiene Kerenyi che le donne e gli uomini destinati alle dimore di Ade, in particolare le fanciulle e i fanciulli, attratti fuori dal Bios, dalla loro esistenza individuale, dovevano ricongiungersi nell’aldilà con la Zoì, con la corrente cosmica della vita.
Il Genius dei latini, inteso come demone personale, che Plutarco nel De Iside e Osiride descrive come “metà spirituale e metà corporeo”, era precisamente la connessione tra la scintilla della vita individuale, destinata alle dimore di Ade, e la corrente immortale, impersonale e divina della vita sacra a Dioniso, da cui scaturisce ogni essere generato e di cui ogni “pater familias” è portatore.
Nel cammino che collega Bios a Zoì, allora, ogni essere ritrova il suo ruolo nel mondo, cioè fa risplendere, attraverso la sua effimera esistenza personale, la luce della corrente divina che attraversa, ha attraversato, attraverserà, una data famiglia, stirpe, città, civiltà e l’intera umanità. Questi differenti gradi di universalità distinguono le diverse estrinsecazioni dell’idea di Genio, da espressione del mero destino personale, a ispiratore delle sorti di un ghenos o, addirittura, dell’intera umanità.
Paula Philippson scrive:
Il primo progenitore, continua a sopravvivere in tutti i suoi discendenti. L’originario essere proprio del progenitore è, in sé stesso, atemporale; esso non si estingue con la morte del progenitore, bensì si esplica nei discendenti di questo, in successione temporale e in sempre nuove modificazioni.
Untersuchungen über den griechischen Mytos, Leipzig, 1944
Esiodo, nelle Opere e i giorni, crede che i tratti essenziali che caratterizzano il progenitore di ogni ghenos, umano o divino, continuino poi a perpetuarsi in tutti i suoi discendenti. Compito del daimon è di guidare l’anima che gli è stata affidata lungo il solco tracciato per il ghenos a cui appartiene.
Il demone del raccolto annuale era detto Agathodaimon (Bonus Eventus) e onorato soprattutto nella svinatura.
L’idea di un Genio della stirpe è anche all’origine dell’idea di nobiltà del sangue e della divisa, del motto, di una data famiglia, a volte accompagnato dal mito della nascita del progenitore da un dio o da un semidio: ciò che viene tramandato attraverso il sangue, nel bene o nel male, è il rapporto tra l’uomo e la Dike, la Giustizia, l’Ordine. Dike nasceva dal matrimonio di Zeus con Themis “l’irremovibile”, dea dell’Ordine universale, che era anche la madre delle Moire.
Prima dell’inizio dei Misteri di Eleusi, sacri a Demetra e Persefone, durante i quali, al tempo della vendemmia, nasceva nel mondo ctonio un bambino divino, Iacco veniva portato in processione e si diceva:
Iacco, oh Iacco, tu dei misteri notturni astro portatore di luce.
Kerenyi sostiene che veniva assimilato alla stella Sirio.
28. Omàdios, Omestès, colui che si ciba di carne cruda.
29. Anthroponaistès, colui che si ciba di carne umana, nome ispirato dal mito di Penteo.
30. Isodaites, spartitore esatto di carne sacrificale.
Nel complesso mitologico legato a Dioniso troviamo sia un tipo di sacrificio in cui gli iniziati divorano carne cruda, di capro: essere scambiato per un capro e divorato dalla sua stessa madre è infatti il terribile destino di Penteo nelle Baccanti; sia carne cotta, bollita e poi arrostita, come avviene quando i Titani smembrano e poi divorano Dioniso-capro fanciullo.
Nel primo caso si sfugge dalla civiltà con il dilaniamento, l’omofagia e il desiderio di carne cruda, evadendo verso il basso, dalla parte degli animali.
Nel secondo si verifica un’inversione del sacrificio Prometeico in onore degli dèi: le bestie immolate dovevano essere prima arrostite e poi bollite.
Invertire l’ordine delle operazioni significava, sostiene Marcel Detienne, rifiutare la civiltà instaurata dal Sacrificio Prometeico. Quindi, in ogni caso, il complesso mitologico legato a Dioniso prevede una evasione dalla civiltà e un ritorno all’ordine “naturale”.
31. Zagreus, il Grande cacciatore, il Signore degli animali, il corrispettivo maschile di Artemide.
32. Delfis, il delfino.
Numerosi sono i rapporti di Dioniso con gli animali: delfini, serpenti, pantere profumate… Il Dio si accompagnava spesso a una pantera, animale che, secondo il mito, era caratterizzato da un profumo sensuale che sprigionava sia dal corpo che dall’alito.
Secondo Detienne la pantera, nell’immaginario dei greci, rappresentava l’aspetto del desiderio che viene suscitato dal corpo femminile e dai suoi aromi. Il profumo attribuito al felino ci fa credere che raffigurasse gli aspetti più “sottili” della seduzione.
33. Mainomenos, il furibondo. Nome senza dubbio ispirato dall’estasi da vino e dalla possessione dionisiaca, l’enthousiasmòs.
Nell’introduzione all’antologia La Sapienza greca Giorgio Colli scrive:
L’iniziato ai Misteri di Dioniso vede ciò che gli altri non vedono.
34. Bromiòs, il rumoroso, il frastuono durante le sue celebrazioni e il tuono che accompagnò la sua nascita. Bromios, Baubo e i Misteri di Eleusi.
35. Thriambos, il trionfatore, quando torna dalla sua spedizione in India.
36. Melpòmenos, dedito a canto e musica, Dioniso era ritenuto l’ispiratore della poesia, del canto e della musica. Ricordiamo la mania, possessione, dionisiaca, che ha forse gli ultimi epigoni nei vattienti e nei tarantolati del sud Italia.
Dioniso è anche il dio del piacere mentale e fisico, inteso come strumento per trascendere i sensi; si pensi allo shivaismo tantrico estremo. Sostengono Bachofen nel Matriarcato e Kerenyi in Dioniso che il “dio delle donne” incarna i due aspetti dell’Eros che l’evoluzione psichica femminile deve integrare tra loro: quello inferiore del “tellurismo eterico”, l’eros impuro delle profondità fangose, il dio legato alla morte delle energie giovani, all’Afrodite terrena e all’erotismo indiscriminato e l’Eros uranico, l’amante di Psiche, legato all’Afrodite celeste, al matrimonio sacro e all’unione eterna con l’essere amato.
Dice ancora Bachofen:
Una superiore esistenza spirituale deve necessariamente fondersi sull’armonia con l’esistenza fisica.
La follia orgiastica e l’irruenza copulatoria delle Menadi, secondo la mentalità greca, non erano immorali, ma degne di venerazione e sante, perché si manifestavano sotto l’egida del dio che rappresentava simultaneamente anche l’amore sacro della coniuge per il marito, l’amore per il maschile ideale e alato e per il puro princìpio spirituale.
Infine, alcuni nomi legati al culto e alla toponomastica del culto:
37. Trieterikòs, il dio dei due anni alterni, ogni tre anni c’erano le celebrazioni in onore del Dio.
38. Nuktèlios, notturno, legato alle ore in cui si celebrano le orge dionisiache, diremmo oggi: legato all’interiorità e all’inconscio.
39. Lachos, il portatore di fiaccola dei Misteri notturni.
40. Mithreforòs, portatore di Mitra, il turbante indossato dagli iniziati ai Misteri.
41. Archibakòs, colui che conduce i bàchoi.
42. Limonoeiòs, venerato vicino alla palude di Limna, a sud di Atene.
43. Nysaios, Cresios, venerato a Nyso, a Creta.
44. Kàdmios, il palazzo di Cadmo, dove si trovava la tomba di Semele.
Il mondo moderno dovrebbe ricordare che è molto pericoloso coltivare il culto di Apollo ignorando Dioniso: significa idolatrare una inutile bellezza esteriore, effimera e superficiale, ignorando del tutto gli abissi dell’interiorità, del sole notturno, il percorso del Labirinto, il mistero della vita.
Così come Apollo nel mito salva Dioniso, rigenerandolo dal cuore, solo organo del dio risparmiato dai Titani, anche Dioniso ha il potere di salvare Apollo, conferendo all’armonia delle sue opere senso e profondità.
Il prezzo che chi riconosce Apollo, ma non Dioniso, è destinato a pagare è preannunciato dal mito dello smembramento da parte delle Menadi di Orfeo, colpevole di sacrificare ad Apollo ma non a Dioniso e incapace di riscattare dagli inferi la sua Euridice.
Autore Alessandro Orlandi
Alessandro Orlandi (1953) matematico, museologo, curatore per 20 anni dell'ex museo kircheriano, musicista, saggista ed editore della Lepre edizioni, è autore di numerosi articoli e libri riguardanti la matematica, la museologia scientifica, la storia delle religioni, la tradizione ermetica, l’alchimia, le origini del Cristianesimo e i Misteri del mondo antico.