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Comunicazione bianca e comunicazione nera

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Comunicazione


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Come la magia, la poesia è nera o bianca, a seconda che serva il subumano o il sovrumano. (…) Il poeta bianco cerca di capire la propria natura di poeta, di liberarsene e di fare che serva. Il poeta nero se ne serve e vi si asservisce. (…)

Il poeta ha una nozione più o meno confusa del proprio dono. Il poeta nero lo sfrutta per soddisfazione personale. Crede di avere il merito di questo dono, crede di essere lui a fare volontariamente delle poesie. Oppure, abbandonandosi al meccanismo dei significati risonanti, si vanta di essere posseduto da uno spirito superiore, che l’avrebbe scelto come interprete. In entrambi il dono poetico è al servizio dell’orgoglio e dell’ingannevole immaginazione.

Manipolatore o ispirato, il poeta nero mente a se stesso e crede di essere qualcuno. (…) La poesia nera è feconda di illusioni come il sogno e come l’oppio. Il poeta nero gusta tutti i piaceri, si orna di tutti gli ornamenti esercita tutti i poteri – nella sua immaginazione. Il poeta bianco alle ricche menzogne preferisce il reale, anche povero.
René Daumal 

Lo spunto e la comparazione, decisamente un po’ azzardata soprattutto perché io non sono un poeta, stavolta me lo offre un vecchio libro di René Daumal, ‘Poesia nera e Poesia bianca’. Chi vi scrive nella vita ordinaria si occupa di comunicazione.

Un grande studioso della Scuola di Palo Alto, Paul Watzlawick nei celebri 5 assiomi, scritti con, J. H. Beavin e D. D. Jackson, contenuti nel famoso testo ‘Pragmatica della comunicazione umana’, scrive che non si può non comunicare.

Infatti il 1° assioma recita:

La non-comunicazione è impossibile, perché qualsiasi comportamento comunica qualcosa di noi ed è impossibile avere un non-comportamento. Il comportamento ha dunque valore di messaggio. Anche una persona passiva e silenziosa trasmette la volontà di non comunicare e sta comunque inviando un messaggio. Comunica di non voler comunicare.

La comunicazione è una cosa seria.

La pubblicità, diceva la famosa copywriter Annamaria Testa, è “informazione + emozione”. La buona comunicazione, quella con un’etica e una spiritualità, dovrebbe soprattutto parlare ai veri bisogni della persona e non ai desideri più inutili, insani e artificiali.

Per funzionare la buona Comunicazione deve rispondere a delle precise leggi di mercato e di “natura”. Tutti gli anelli della catena devono essere perfettamente allineati. Ovviamente a partire dal prodotto giusto e dall’efficienza finanziaria, organizzativa e produttiva dell’impresa. Poi occorre una solida base, un primo solaio, edificato su una brand identity differenziante che auspicabilmente, nel tempo, dovrà coincidere con la brand image.

È bene precisare, visto che prima abbiamo usato il termine pubblicità, che questo, utilizzato nel linguaggio comune, si riferisce ad una delle tante applicazioni di un sistema ben più articolato. Oggi, con l’avvento del web e della comunicazione digitale, si è affermato un modello di comunicazione integrata che accoglie sia la modalità unidirezionale dell’advertising tradizionale sia le “conversazioni” e i feedback tipici dei media digitali.

Le trasformazioni planetarie richiedono non solo di dominare le nuove tecnologie, le nuove regole della comunicazione e le più avanzate strategie di marketing, ma impongono alle Imprese di essere pienamente consapevoli del ruolo strategico giocato dai valore che esprimono, dai modelli organizzativi e dal mondo delle relazioni interne ed esterne.

Una buona comunicazione è, in qualche modo, “esoterica”. Parte dal contenuto per arrivare alla forma (e non viceversa) ed è sistemica e graduale nel suo sviluppo. Ha bisogno di un Metodo, di un percorso personalizzato, che comincia da un profondo brief, in quanto è fondamentale acquisire il più ampio range di dati: tecnici, economici, emozionali. Perché ogni impresa è una globalità di struttura, identità e storia.

Poi passa alla definizione dell’identità, la brand-essence, che è il centro, la fonte da cui discendono, secondo piani di declinazione coordinata, tutte le azioni e le strategie lungo la filiera della comunicazione integrata. Questo è il cuore del vantaggio competitivo.

Infine, si approda alla definizione del cosiddetto concept creativo e alla stesura di una Strategia a cui farà seguito, in collaborazione con i vari attori in campo, alla realizzazione delle parole/immagini della comunicazione. Un piano strategico esclusivo e personalizzato è in grado di fornire a tutti gli specialisti multidisciplinari in campo un’unica bussola di comunicazione.

La forza e l’efficacia del processo di comunicazione non è merito del singolo ma è frutto di un attento ed organizzato lavoro sistemico multidisciplinare. Perché, come recita il famoso enunciato della Gestalt, la forza e l’efficacia del processo di comunicazione non è merito del singolo ma è il risultato di un attento ed organizzato lavoro sistemico multidisciplinare: “il Tutto è più della somma delle singole parti”.

Scusami se ti ho scritto una lettera lunga. Non ho avuto il tempo per scriverla più corta.
Blaise Pascal

Per parlare di una delle mie specialità, quella con cui sono nato, il copywriting, aggiungo solo che secondo una classica definizione

il copywriter elabora la strategia di comunicazione, inventa nomi per nuovi prodotti o aziende, redige comunicati stampa, scrive i testi di pubblicazioni varie come pieghevoli, monografie istituzionali o di prodotto, scrive i dialoghi degli spot pubblicitari, scrive in generale qualsiasi tipo di testo, inclusi i manuali di istruzioni.

Ma dietro questa figura c’è molto di più. Oggi più che mai la parola è “potere”. Il potere della parola.

Gli algoritmi di Google indicizzano e premiano i contenuti originali, le parole chiave efficaci. Il copywriter quando scrive le parole giuste per parlare al mercato ha una delicatissima funzione e una responsabilità nel processo di comunicazione.

Le parole sono al servizio dell’identità dell’impresa. Un copywriter ben formato sa capire i prodotti e le persone. Poi entra nella loro anima per cogliere il baricentro dell’identità.

Colpisce senza preamboli con frasi catching, che “catturano”. Padroneggia ogni linguaggio. Si muove con sicurezza tra spot, video, articoli, SEO, social, brochure e storytelling. Condensa un mondo in un titolo, in una frase. “Collega” brand e prodotti ai bisogni espressi ed inespressi del target.

E pensare che ancora oggi qualcuno fa scrivere i testi al cugino, “perché tutti siamo in grado di scrivere”, o alla zia professoressa di lettere che “è tanto bravina”!

La comunicazione vincente quindi è “conseguenza” di una strategia coordinata. Dallo spillo all’elefante non deve essere trascurato neanche il più piccolo elemento. Dal biglietto da visita, alla SEO, dal web marketing ai social, dalla qualità e unicità di linguaggio e contenuti, alla creatività degli strumenti della comunicazione off line. Fino alla capacità di pianificare sagacemente campagne e spot.

Ma non basta.

La buona comunicazione è espressione e frutto intellettuale e creativo di persone reali che si aggiornano, studiano ed esperimentano di continuo.

Per costruire e far funzionare questo tipo di squadra – l’unica che può produrre buoni frutti – dall’altra parte occorre un management psicologicamente solido, credibile, motivante, rispettoso, non ego-centrico e non narcisistico. Autenticamente allineato ai valori di brand propugnati e sbandierati.

Se qualcosa non risponde a questi requisiti prima o poi le squadre si sfasciano e il mercato se ne accorge. Con conseguenze facilmente immaginabili.

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Autore Hermes

Sono un iniziato qualsiasi. Orgogliosamente collocato alla base della Piramide. Ogni tanto mi alzo verso il vertice per sgranchirmi le gambe. E mi vengono in mente delle riflessioni, delle meditazioni, dei pensieri che poi fermo sul foglio.