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Napoli, il complesso termale di via Terracina

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Complesso termale via Terracina, Napoli


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Aprile 2016

Sono le quattro del pomeriggio di un 25 aprile e a Fuorigrotta le nuvole sono basse, dense e scure. Piove e fa freddo. Un nuovo inverno si è affacciato, valicando i confini della Primavera ormai inoltrata. Percorro via Terracina soffermandomi su ciò che resta delle antiche terme romane. Escono fuori dalla terra con forza, facendosi largo tra gli edifici nati a ridosso.

Stremate dall’enorme sforzo di non soccombere alla mancata intelligenza dell’uomo di questo strascico di Novecento, cercano di mostrarsi tra gli arbusti e le parietarie che irrompono tra le pietre e i mosaici. Inferriate circondano ciò che resta di loro visibile in un vano tentativo di protezione.

Gli edifici della facoltà di ingegneria avvolgono su due lati il complesso termale, un primo con i laboratori di ingegneria aerospaziale e il secondo più lungo con la vasca di galleggiamento di ingegneria navale. Questo luogo mi ha da sempre incuriosito.

Un territorio, quello flegreo, così antico da essere dimenticato, deturpato, imbruttito, cancellato che difficilmente riesce a portare alla memoria il proprio passato. Sono elementi di discontinuità come queste terme a ricordare al passante che c’è stato un tempo in cui questa terra ha avuto uno splendore arcano. Le Terme vennero alla luce nel 1939 durante i lavori per la realizzazione della Mostra d’Oltremare. Gli scavi furono intrapresi dall’archeologo Amedeo Maiuri con l’idea di realizzare un parco archeologico integrato alla nascente Mostra. Purtroppo il suo lavoro dovette interrompersi con l’avvento della guerra.

Il complesso, risalente al II secolo dopo Cristo, sorge in un’area probabilmente identificabile con l’antico villaggio di Marcianum – si pensa che il nome derivi dalla gens puteolana Marcia che qui doveva possedere un podere. Tracce di questa famiglia le si ritrovano anche nel limitrofo quartiere di Pianura, dove nel palazzo appartenuto ai conti Grassi sono presenti due cenotafi con iscrizioni che fanno riferimento ad un certo Tito Marcio – lungo la strada che collegava Napoli a Pozzuoli.

Durante la sua storia ha subito varie modifiche finché non cadde nell’oblio. Orientate verso sud-ovest, così da sfruttare al meglio il calore e la luce del sole nelle ore pomeridiane, custodiscono dei mosaici pavimentali in tasselli bianchi e neri raffiguranti delfini, tritoni e un animale marino fantastico, offriva ai viandanti un momento di ricarica delle proprie energie.

Purtroppo sono visitabili solo su prenotazione e versano in pessimo stato. La cosa che intristisce è che io la reputi una condizione normale. È la rassegnazione dell’animo all’abbandono della storia, come se fosse predestinata alla cancellazione dalla memoria.
I Campi Flegrei ne hanno e ne hanno avuti di esempi del genere, esempi a volte mai venuti alla luce soprattutto durante il germoglìo abusivo di edifici privati seguito al bradisismo e al terremoto dei primi anni Ottanta.

L’area flegrea tutta sorge su antiche strutture per la maggior parte andate perdute non per mano del Tempo, ma per il badile del denaro e della delinquenza. La storia non ricordata, o meglio non conosciuta, “storia” non potrà mai esserlo. Un giorno, forse, questa non-storia diverrà storia quando tutto il cemento di cui è ricoperta inizierà a sgretolarsi, comincerà a tornare polvere da cui risorgerà un passato non ricordato, ma appartenente alla memoria con esso seppellita.

Il pomeriggio torna ad avere un cielo scarno di nuvole. Il sole si appropria nuovamente del proprio spazio così come la Primavera.

Ho ripreso le note fin qui scritte in questo finire di agosto del 2018. A giugno di quest’anno l’Università “L’Orientale” di Napoli con l’Università del Molise ha avviato un progetto per lo studio e il recupero del complesso termale continuando, così, il lavoro di scavo e analisi intrapreso dal Maiuri. L’idea del parco archeologico da questi immaginato probabilmente è lontana nella visione dei nostri amministratori, e non nella loro scaletta di priorità, piuttosto nel loro intelletto.

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Autore Fabio Picolli

Fabio Picolli, nato a Napoli nel 1980, da sempre appassionato cultore della conoscenza, dall’araldica alle arti marziali, dalle scienze all’arte, dall’esoterismo alla storia. Laureato in ingegneria aerospaziale all'Università Federico II è impiegato in "Leonardo", ex Finmeccanica. Giornalista pubblicista. Il Viaggio? Beh, è un modo di essere, un modo di vivere!