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Le miniere di sale di Wieliczka

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Miniere di sale di Wieliczka


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Agosto 2016

L’abitudine al Sole, se così può essere definita, ha fatto sì che rifuggissimo la sua mancanza. La notte, gli spazi bui, il sottosuolo dove anche il calore dell’Astro va a svanire, incutono in noi paura per l’ignoto da affrontare. A pochi chilometri da Cracovia si ergono, questo credo sia il termine più appropriato, le miniere di sale di Wieliczka.

“Alter mundus” del mondo sopraterraneo sono governate dal buio per tutti i 327 metri di profondità e 287 kilometri di lunghezza. Ellie è particolarmente emozionata. La storia delle miniere dalle pareti di sale, della cattedrale lì custodita e dei laghi che si estendono nel sottosuolo, la storia di una principessa e di un anello ritrovato hanno scatenato la sua fantasia di bambina.

Tante le persone in fila. E anche Ale, di solo un anno di età, ha voluto la propria audioguida. È pronto ad immergersi in un nuovo regno. Ci appare subito non appena si spalancano le porte del pozzo di accesso di Daniłowicz. Il fresco dell’aria ci colpisce. Davanti a noi 800 scalini che si perdono sotto i nostri piedi. Subito un piccolo passaggio conduce in una “camera” dedicata a Niccolò Copernico che visitò le miniere. Qui nel 1973 è stata posta una statua che lo rappresenta.

La stratificazione del salgemma ebbe inizio nel miocene, quando il mare ricopriva parte dell’odierna Polonia. I cambiamenti climatici portarono, con il trascorrere dei millenni, alla sua progressiva evaporazione lasciando sedimentazioni di sale. Ma la storia lascia velocemente il passo alla leggenda. Santa Kinga, o Cunegonda, è legata in modo particolare alle miniere di Wieliczka. Nata nel 1224 e figlia del re d’Ungheria Bela IV, fu obbligata ad andare in sposa al principe di Cracovia, poi granduca di Polonia Bolesław V il Casto.

La leggenda vuole che Kinga chiedesse al padre un blocco di salgemma prima di lasciare il paese natio, bene questo prezioso in Polonia. Re Bela la condusse così alle miniere di sale di Maramures in Romania, allora facente parte del regno d’Ungheria, e qui Kinga lanciò in un pozzo l’anello di fidanzamento regalatole da Bolesław. Arrivata nella sua nuova residenza a Cracovia, chiese ad alcuni minatori di scavare un pozzo profondo finché non avessero trovato una roccia. In quelle profondità questi portarono in superficie un blocco di sale. Divisolo in due parti fu scoperto al suo interno l’anello che Kinga aveva lasciato nelle miniere romene. Fu così che Kinga divenne la scopritrice delle miniere di sale di Wieliczka e la santa protettrice dei minatori.

La miniera di sale di Wieliczka è tra le più antiche al mondo risalendo al XIII secolo, anche se si sono ritrovate tracce di estrazione già dal neolitico, e rimanendo in funzione fino al 2007.

La storia della miniera riprende il proprio corso arrivando agli inizi della seconda guerra mondiale con l’invasione nazista della Polonia. Subito, infatti, il regime nominò Kurt von Velsen come direttore e Henryk Echtermayer responsabile dei lavori. Questi si occuparono della realizzazione di nuovi pozzi estrattivi determinando l’estensione della miniera verso est. Arrivò però l’estate del 1944 e le miniere furono utilizzate per l’installazione di industrie belliche, anche se non entrarono mai in funzione per l’imminenza dell’intervento sovietico. Migliaia di ebrei furono condotti a Wieliczka dai campi di Plaszow e Mielec, per poi essere trasferiti nelle industrie austriache e della Repubblica Ceca.

Nei cunicoli di questo squarcio della terra i minatori trascorrevano gran parte della loro vita, fu per questo motivo che in maniera naturale crearono un proprio mondo soprattutto spirituale. Oggi l’illuminazione elettrica pervade il buio, ma prima di questa tecnologia vi erano solo lampade fioche le cui fiamme si riflettevano sulle pareti di cristallo grigio, o meglio, la luce sprigionata era assorbita dalle sfaccettature del minerale creando un mondo in cui il buio si tramutava in una realtà onirica. In questo mondo i minatori trovarono nella propria una spiritualità diversa e, per certi versi, più alta.

Le giornate procedevano nella solitudine del lavoro, seppur al loro fianco un altro compagno era intento ad un compito simile. Una solitudine corale, condivisa nel buio della realtà spirituale che si concretizzò facendo germogliare, dalla roccia salina, cappelle non solo di preghiera, ma soprattutto di riflessione e conforto. La più antica di queste ancora esistenti risale a poco più di trecento anni fa ed è dedicata a Sant’Antonio. Una piccola chiesa barocca ricca di sculture: l’altare principale è accompagnato dalle figure del Cristo Crocifisso, della Madonna con il Bambino e di Sant’Antonio; l’entrata del coro è fiancheggiata dalle statue di Santa Maria Maddalena, di San Giovanni, della Vergine Maria e di Augusto II di Sassonia.

Altre statue percorrono la cappella come quelle di San Casimiro, San Pietro d’Alcantara, San Francesco, San Domenico, San Pietro e San Paolo. Questi ultimi sono a guardia del battistero. La targa posta sulla parete appena dietro porta la data 1698. Il pensiero si sofferma su San Francesco e San Domenico e sull’altra coppia San Pietro e San Paolo. Carismi diversi, quasi opposti, se si riflette sui due primi santi e sul loro pensiero. Diversa cappella, questa volta con elementi lignei dipinti, è quella semicircolare dedicata a San Giovanni. L’impressione che si ha sedendosi su una delle panche è di osservare, dall’esterno, una diversa realtà che si sta compiendo subito dopo le colonne poste di fianco all’altare. Una porta spalancata sul divenire.

Ma la cappella che più rende viva la realtà spirituale di questo luogo è quella dedicata a Santa Kinga. È la più grande chiesa sotterranea del mondo: alta 12 metri, lunga 54 e larga 18, risale al finire del XIX secolo e vi hanno lavorato diversi artisti come gli scultori Jozef e Tomasz Markowski, Antoni Wyrodek, Mieczyslaw Kluzek e Stanislaw Aniol, che realizzò la statua di Giovanni Paolo II qui installata nel 1999. Al secondo si deve il grande altare in cui sono custodite le reliquie di Santa Kinga traslate nel 1994. Tomasz Markowski, invece, realizzò anche il pulpito e gli altari laterali.

Si accede da una porta al ballatoio. Inizialmente non si ha la percezione della maestosità, ma non appena la si attraversa ci si ritrova in un regno di cristallo. Si estende tutta al di sotto dei nostri piedi. Un’unica navata con in fondo l’altare. I lampadari sono anch’essi realizzati con il salgemma. La luce al loro interno e tutt’intorno crea un’atmosfera unica di sospensione. Alzando lo sguardo il peso della roccia e della terra svaniscono disperdendosi nel calore della luce. Immagini sacre percorrono le pareti. Le statue di sale sembrano muoversi lentamente sotto lo sguardo di chi le osserva cercando di carpine i misteri.

La profonda religiosità ispirata da questi luoghi ha portato all’elezione di due donne a protettrici dei minatori di sale: oltre la già citata Santa Kinga, l’altra donna è Santa Barbara. In suo onore il 4 dicembre si celebra una importante festa all’interno delle cave, la Baborka.

Si continua a scendere attraversando cunicoli e camere di sale. In alcune di queste negli anni sono state costruite delle impalcature particolari in legno per sostenere soffitti che hanno avuto dei cedimenti. L’effetto che si crea è davvero unico: dal sottosuolo si innalzano verso il cielo grandi strutture che somigliano a scale intrecciate e lì, in alto, un cielo pietrificato si accende di cristalli. La simbologia della creazione e della tensione verso l’alto è qui rappresentata. Una simbologia forse non ricercata, ma probabilmente per questo più potente, perché nata direttamente dai dettami della natura.

In quelle pareti di sale lucente sono incastonati alcuni laghi. In uno di questi lo spettacolo è incredibilmente suggestivo: un gioco di luci è accompagnato dalla musica di Chopin. Altro lago, invece, insieme ad altre “camere”, è utilizzato per una particolare forma terapeutica di riabilitazione del sistema respiratorio, la subterraneoterapia. Questa è resa possibile grazie al microclima lì presente in cui l’aria, ricca di microelementi, è priva di allergeni e di inquinamento, nonché al tasso di umidità molto alto congiunto ad una temperatura costante tutto l’anno.

Ricca, quindi, la realtà creata nel corso dai minatori di salgemma. Una corporazione antica quella di Wieliczka i cui segreti sono stati tramandati attraverso le generazioni, da padre in figlio. Insegnamenti arricchitisi via via di una simbologia propria attraverso cui gli apprendisti carpivano insegnamenti anche di carattere spirituale.

Negli antri oscuri della terra, nel suo cuore più profondo, quegli uomini, al buio di luci fioche, lavoravano con rettitudine seguendo precise operazioni; solo così ognuno di loro riusciva a trovare la pietra lì nascosta.

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Autore Fabio Picolli

Fabio Picolli, nato a Napoli nel 1980, da sempre appassionato cultore della conoscenza, dall’araldica alle arti marziali, dalle scienze all’arte, dall’esoterismo alla storia. Laureato in ingegneria aerospaziale all'Università Federico II è impiegato in "Leonardo", ex Finmeccanica. Giornalista pubblicista. Il Viaggio? Beh, è un modo di essere, un modo di vivere!