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Il campionato dei sospetti e delle accuse, quello che rimane della SERIE A

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Quello che una volta veniva all’unanimità definito “il campionato più bello del mondo” negli anni si è trasformato in una specie di faida fra “contrade” nella quale ciascuna fazione è più o meno attrezzata per conquistare l’obiettivo finale.


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Quello che una volta veniva all’unanimità definito “il campionato più bello del mondo”negli anni si è trasformato in una specie di faida fra “contrade” nella quale ciascuna fazione è più o meno attrezzata per conquistare l’obiettivo finale.


C‘era una volta un campionato fatto di grandi squadre con tradizione, carisma e soldi opposte a compagini meno abituate alla vittoria ma sempre fiere e colme di orgoglio, nelle quali la passione dei propri tifosi ha più volte rappresentato il dodicesimo uomo, l’unico modo per contrastare chi dotato di mezzi tecnici superiori calpestava il campo di casa.

Così, da quando esiste il campionato in girone unico, a dominare la scena sono state Inter, Juventus e Milan (in rigoroso ordine alfabetico), con l’intromissione temporanea del Bologna degli anni trenta, del Torino (la Grande Squadra perita sulla collina di Superga in uno schianto aereo nel dopoguerra) e del Napoli di Maradona, mentre vanno ricordati i titoli di Pro Vercelli e Genoa conquistati soprattutto durante il periodo “pionieristico” con una netta superiorità delle squadre nord-occidentali rispetto alle altre compagini.

C’era un campionato che ha sempre attratto i più grandi campioni del pallone, stimolati da ingaggi miliardari, fama e amore incondizionato da parte dei tifosi italiani, dovuto anche al fatto che nel nostro paese il calcio non rappresenta solo uno sport, ma una vera e propria “cultura”, per alcuni un modo di intendere la vita, occasione talvolta di riscatto sociale.

Durante gli anni, il gioco l’ha fatta da padrone, vivendo degli assoli di grandi campioni, rivalità fra squadre della stessa città (basta pensare ai derby romani) che spesso “valgono” da sole la stagione, e non sono mai mancate le polemiche per gli errori arbitrali. Rigori non dati e fuorigioco non fischiati sono sempre stati al centro del dibattito fra tifosi e addetti ai lavori, dibattito fomentato col passare degli anni dalle trasmissioni televisive che se da un lato hanno avuto il merito di portare il calcio “dentro” le case, dall’altra hanno via via aumentato i toni delle contese, tant’è vero che oggi si richiamano episodi accaduti anche a differenza di tante partite con una frequenza sin troppo elevata.

Poi c’è stata “Calciopoli” e da allora nulla è stato più lo stesso. La Juventus, finita in serie B per la prima volta nella storia, è la squadra che ha pagato più di tutte, scontando per le colpe del suo DG Moggi, colpevole di aver condizionato diversi campionati grazie alle sue ingerenze nei confronti della classe arbitrale, ma anche il Milan ha risentito della penalità di punti subita nel torneo successivo alla sentenza.

Da lì i toni si sono fatti sempre più aspri, e quella che era semplice rivalità sportiva si è ben presto trasformata in odio che ha finito per valicare i confini del campo da gioco. Si è arrivati così all’apoteosi degli ultimi campionati nei quali si è completamente perso il senso della misura e a ogni errore arbitrale che abbia visto coinvolta una “grande”, si è scatenato un putiferio di polemiche e aggressioni ai giudici di gara da parte dei giocatori; polemiche confinate nelle ultime settimane nei “sospetti” di malafede verso un arbitro troppo “di parte” per essere obiettivo nel giudizio (indovinate di chi si tratta?).

Dov’è finito lo sport? Dove sono finiti i valori che dovrebbero fare del calcio, in assoluto lo sport più popolare e amato al mondo, un mezzo per l’aggregazione popolare e non per la fomentazione di odio e violenza?

La cosa che rende tutto più triste è che se si guarda al di la dei confini nazionali si trova una situazione drammaticamente differente. Diversa la gestione, diversa la realizzazione e diversa è la promozione del prodotto calcistico, che ha portato altre leghe (su tutte Premier League, Liga Spagnola e Bundesliga) ad ottenere risultati mirabili sia sul profilo commerciale (non è un caso che oggi i grandi campioni scappino dalla Serie A), sia qualitativo (basti pensare ai risultati delle nostre squadre in campo internazionale negli ultimi anni).

Di chi sono le colpe? Si riuscirà ad arginare tutto questo? E’ possibile riportare la Serie A ai fasti di un tempo? Domande cui nessuno sa dare una risposta secca. Si accusa la crisi finanziaria (ma ditemi voi se la spagna se la passa meglio), i responsabili di Lega, Società e Politica fanno a scaricabarile, l’interrogativo finale resta uno solo: dove andremo a finire??

Nunzio Iervolino

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Autore Nunzio Iervolino

Classe '84 da San Giuseppe Vesuviano...innamorato della vita e di tutto ciò che abbia un motore e delle ruote... Le quattro ruote sono sempre state un affare di famiglia e sembra che le mie prime "sgommate" risalgano ai tempi del pancione materno ma di queste non si hanno prova se non la testimonianza della "vittima" (mamma, se non ci fosse bisognerebbe inventarla), mentre la scintilla che ha fatto entrare le due ruote nel mio cuore è stata il vedere una Kawasaki Ninja buttarsi in piega in uno spazio strettissimo sulla Costiera Amalfitana. Da li è stato un continuo inseguimento alle mia passioni, culminato con l'acquisto di un Kart e qualche anno dopo della mia prima moto (dopo aver tirato il collo a quelle di amici). Evidentemente la cosa non deve essere andata giù a qualche automobilista che una sera dello scorso Aprile ha fatto strike mandandomi K.O. senza neanche fermarsi per soccorrermi, Adesso, col cuore infranto e senza motori sfogo la mia rabbia e la mia passione scrivendo qui...abbiate pietà di un povero ex centauro!!!